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Oggi 20 aprile la chiesa celebra sant’Aniceto, 11° vescovo di Roma e papa della Chiesa cattolica; nacque ad Emesa (Siria) intorno al 166. La tradizione vuole che suo padre fosse un certo Giovanni di Vico Morcote, in Canton Ticino (Svizzera), emigrato in Siria in qualità di legionario romano. Non si sa per quale motivo Aniceto si fosse ritrovato a Roma; sembra, tuttavia, che fosse stato allontanato dalla Chiesa d’oriente, quale eretico mentre si opponeva al movimento gnostico. In quegli anni a Roma era particolarmente in voga il pensiero di Marcione e nei primi anni del suo episcopato, Aniceto, appoggiato dalla scuola che aveva fondato
san Giustino di Nablus, concentrò i suoi sforzi per opporvisi. Durante il suo episcopato contrastò tali movimenti filosofici ergendosi a difensore della fede apostolica. Secondo il Liber Pontificalis, inoltre, Aniceto decretò che ai sacerdoti non fosse permesso portare i capelli lunghi, in nome di una moralità degli ecclesiastici che doveva anche essere visibile. Fu durante il suo episcopato che san Policarpo di Smirne, l’ultimo dei discepoli degli apostoli, all’età di 80 anni, decise di recarsi a Roma. La visita di Policarpo fu dovuta alla controversia sulla data in cui celebrare la Pasqua. Policarpo e la sua chiesa di Smirne celebravano la Pasqua nel 14° giorno del mese ebraico di Nisan, che era il giorno della pasqua ebraica (Pesach), mentre secondo la Chiesa Romana bisognava celebrare la Pasqua di domenica, in quanto questo era il giorno della resurrezione di Gesù, e la resurrezione di Gesù in una domenica è il motivo per cui tale giorno è santo per la cristianità. Policarpo ed Aniceto non si accordarono su una data comune, ma si lasciarono in buoni rapporti, evitando quindi un doloroso scisma tra la Chiesa Romana e quella Greca, anche se ciascuna adottasse una propria liturgia. La questione, però, si sarebbe protratta nei secoli successivi. Dopo il 161, sotto l’imperatore Marco Aurelio, prese vigore un nuovo movimento cristiano: il Montanismo. Questa eresia, portando ad una ascesi estrema, faceva tenere ai suoi seguaci dei comportamenti antisociali che irritavano la componente non cristiana di Roma che non si preoccupava di distinguere tra cristiani “ortodossi” e cristiani “eretici”. A causa di queste esagerazioni moltissimi vescovi furono condannati a morte e le persecuzioni ripresero a ritmi accelerati. Gli stessi san Policarpo e san Giustino patirono il martirio. Gli storici successivi sostenevano che anche Aniceto avesse patito il martirio. Morì il 20 aprile 166 circa.
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