Oggi 21 marzo si celebra san Nicola di Flüe, nacque a Sachseln (Svizzera) 1417, in una famiglia di contadini di montagna. Dall’età di 23 anni serve come capitano nell’esercito della Confederazione Svizzera, battendosi con la spada in una mano e il rosario nell’altra, contro gli Asburgo dal 1440 al 1444. Pur sentendosi attratto alla vita religiosa, per obbedire ai genitori sposò Dorotea Wiss di Schwendi, da cui ebbe dieci figli. Nominato podestà di Sachseln, consigliere e giudice cantonale e deputato alla Dieta federale, tra il 1433 e il 1460 prese parte a diverse campagne militari, adoperandosi dovunque per un trattamento umano al nemico vinto, per risparmiare chiese e conventi e per proteggere donne e bambini. Istruito alla mistica dal suo amico sacerdote Heimo am Grund, nel 1467, a 50 anni di età, chiese alla moglie il permesso di lasciare la famiglia e di ritirarsi in solitudine. Il figlio più piccolo non aveva ancora 1 anno e il più grande, Hans ne aveva 20. Ottenuto il consenso dalla famiglia il 16 ottobre di quell’anno si ritirò a vita eremitica nella vicina valle del Ranft, un burrone solitario dove nel 1468 i suoi compaesani gli costruirono una cella da eremita con una cappella: da lì Nicola non uscirà se non per recarsi in chiesa a Sachseln e, per tre volte, allo scopo di salvare la Svizzera, minacciata nel 1473 dall’Austria, sconvolta nel 1481 da una guerra civile, ed entrata in conflitto nel 1482 con la città di Costanza. Qui visse 20 anni in meditazione e nelle più aspre penitenze, egli visse nutrendosi della sola Comunione: un digiuno miracoloso, esaminato dalla Chiesa e dalle autorità civili, che è storicamente provato con assoluta certezza. Morì a Sachseln il 21 marzo 1487, a 70 anni; patrono della Svizzera.
21 marzo: beata Benedetta Cambiagio Frassinello, nacque a Langasco (Genova) il 2 ottobre 1791, da una famiglia di contadini che emigrò a Pavia, quando Benedetta aveva 13 anni, per gestire un piccolo negozio di grano e verdure. Riceve dai genitori una profonda educazione cristiana che radica nel suo animo i princìpi della fede. Verso i 20 anni ha una forte esperienza interiore che accresce l’amore alla preghiera e alla penitenza e, in modo speciale, il desiderio di abbandonare tutto per consacrarsi a Dio, ma per compiacere i genitori sposò, il 7 febbraio 1816, Giovanni Battista Frassinello, un operaio di Ronco Scrivia (Genova), fervente cristiano, ma la loro unione non fu allietata da figli e allora, in pieno accordo con il marito, Benedetta visse accanto a lui come una sorella. Infatti il forte desiderio di castità di Benedetta contagiò anche il coniuge. Si occupano entrambi, con singolare amore, della sorella Maria, gravemente ammalata di cancro intestinale, ospitata in casa loro. Benedetta e Giovanni Battista sperimentano, perciò, una maternità e una paternità spirituali, nella fedeltà all’amore coniugale. Nel 1825, alla morte di Maria, Giovanni Battista entrò, come fratello laico, nel 1825, nella comunità dei padri Somaschi e Benedetta nelle suore Orsoline di Capriolo (Brescia), ma a causa delle sue critiche condizioni di salute dovette tornare a Pavia. E qui, dopo una misteriosa apparizione di san Girolamo Emiliani che la guarì dalla malattia, avvertì la sua vocazione definitiva, cominciando a prendersi cura, nella propria casa, di ragazzine abbandonate che vivevano nella strada esposte ad ogni pericolo. Pur essendo incoraggiata dal vescovo di Pavia, Luigi Tosi, la sua attività incontrò una forte opposizione da parte di suo padre; allora il vescovo le consigliò di traslocare in un’abitazione presa in affitto, e dopo aver richiamato accanto a lei Giovanni Battista, fece rinnovare a entrambi il voto di castità, promettendo che li avrebbe aiutati a continuare nell’opera intrapresa. Accanto a Benedetta si formò presto un gruppo di volontarie che collaboravano come maestre a istruire e a educare le giovani ospiti, alle quali la fondatrice raccomandava di agire solo e sempre per amor di Dio, non per interessi umani. Ma a causa delle sopravvenute difficoltà economiche il vescovo cambiò radicalmente atteggiamento nei confronti di Benedetta, anche a causa delle lagnanze di alcune famiglie aristocratiche, le quali esigevano prestazioni di servizi da parte delle ragazze dell’istituto, mentre Benedetta era contraria. Il vescovo a un certo punto le ordinò di dare le dimissioni dal suo ufficio e di allontanarsi da Pavia. Lei obbedì e il 1 aprile 1837 consegnò a Caterina Bonino, tutto quanto aveva acquistato e possedeva e il 16 giugno 1938 cedette al vescovo beni immobili e mobili. Benedetta tornò con il marito a Ronco Scrivia, e poiché in paese le disastrose condizioni della popolazione non consentivano di stipendiare un maestro per l’istruzione elementare, lei vi iniziò una scuola con l’aiuto di alcune volontarie che non avevano voluto abbandonarla. Nasceva così la Congregazione delle Suore della Provvidenza. Nel convento si viveva in grande povertà, lavorando e pregando, ma vi regnava l’amore vicendevole e non mancava l’allegria. Nel 1851 Benedetta tornò a Pavia per inaugurarvi una casa-ricovero nell’ex monastero di San Gregorio, grazie all’aiuto dell conte Giovanni Dossi. Benedetta, dopo aver lasciato il governo della Casa San Gregorio a una suora di sua fiducia, stava per dirigersi a San Quirico in Polcevera (Genova) dove era stata invita dal parroco ad aprirvi una scuola per ragazze povere, durante il viaggio, un attacco cardiaco la costrinse a fermarsi a Ronco dove le sue condizioni si aggravarono. Morì il 21 marzo 1858, all’età di 67 anni.