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Oggi 23 marzo la chiesa celebra, san Turibio Alfonso de Mogrovejo, nacque a Mayorga (Spagna) il 16 novembre 1538, da una nobile famiglia. Studiò diritto canonico a Valladolid e presso l’Università di Salamanca, dove rimase come docente anche dopo la laurea. Re Filippo II, nonostante fosse ancora un laico, nel febbraio del 1571 lo mise a capo, a 40 anni, del tribunale dell’Inquisizione di Granada. Nel maggio del 1579 il sovrano lo designò arcivescovo di Lima, chiamata allora Ciudad de Los Reyes, la città fondata dal condottiero spagnolo Francisco Pizarro nel 1535 nella colonia spagnola del Perù, e papa Gregorio XIII confermò la nomina
eleggendolo successore di Jerónimo de Loayza. Essendo ancora laico al momento della nomina a vescovo, gli hanno dovuto conferire tutti gli ordini insieme, in quattro domeniche consecutive, Turibio ricevette gli ordini minori; poche settimane dopo fu ordinato presbitero e, infine, consacrato vescovo. Ricevuta a Siviglia la consacrazione episcopale, il 12 maggio del 1581 Turibio prese possesso della sua sede vescovile. All’inizio dovette affrontare la decadenza spirituale degli spagnoli colonizzatori, i cui abusi i sacerdoti non osavano correggere. Naturalmente si proclamano cristiani, e propagatori della fede, e infatti ci sono moltissimi indios e meticci già battezzati, e anche i primi schiavi neri portati dall’Africa. Ma sono stati cristianizzati con la violenza, usando pure i precetti religiosi per tenerli sottomessi e poveri. La scoperta di questa situazione dà a Turibio la passione per una battaglia che durerà fino alla morte. I suoi venticinque anni di episcopato sono occupati da visite pastorali, da concili locali e sinodi diocesani per migliorare la qualità del clero. È severissimo con i preti succubi dei conquistadores, e dando l’esempio va formando un clero nuovo. Con il suo esempio personale, mise un freno agli abusi, moralizzò i costumi e promosse la riforma del clero. In poco tempo, l’ex-giurista si trasformò in un esimio catechista che evangelizzava gli indigeni con parole semplici ma ardenti. Curò la pubblicazione del catechismo in spagnolo, quechua e aymara e fondò, nel 1591, a Lima il primo seminario di tutta l’America Latina. Ebbe l’inestimabile soddisfazione di convertire migliaia di indigeni e di cresimare tre santi: san Martino di Porres, san Francesco Solano e santa Rosa di Lima. Nel 1605 durante la sua ultima visita pastorale, a Pacasmayo, contrasse la febbre che l’anno successivo lo portò alla morte, presso la sua residenza di Saña, presso Lima. Sentendo approssimarsi l’ora estrema, recitò il Salmo 122: «Quale gioia, quando mi dissero: Andremo alla casa del Signore!». Morì a Saña il 23 marzo 1606.
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