a cura di don Riccardo Pecchia
Oggi 23 settembre si celebra san Lino I, primo successore di san Pietro e quindi il 2° vescovo di Roma e papa della Chiesa cattolica; sulla vita di papa Lino, soprannome di Fabio Quintilio, si hanno poche notizie certe. Il Liber Pontificalis afferma che Lino era originario di Volterra, e che il nome di suo padre era Herculanus. Trasferitosi a Roma per ragioni di studio, si convertì presto al cristianesimo. Nell’Urbe conobbe anche Paolo di Tarso che sembra accennasse a lui nella seconda lettera a Timoteo: «Ti salutano Tubulo, Pudente, Lino, Claudia e tutti i fratelli». A Roma avrebbe sostituito Pietro apostolo nei periodi della sua assenza dalla città, pur essendo il vescovo e predicatore ufficiale nella città di Besanzone, in Gallia. Sempre secondo il Liber Pontificalis, sembra che, in conformità con quanto disposto da San Pietro, Lino abbia prescritto alle donne di entrare in chiesa con il capo coperto e senza dubbio questa prescrizione è dovuta a chiari insegnamenti Biblici come nella Prima lettera ai Corinzi. Di fatto, la prescrizione è rimasta in vigore fino al XX secolo. Lino introdusse nel canone della messa la parte detta Communicantes e aggiunse alla veste, come simbolo dell’autorità papale, il pallio, una striscia di lana bianca a croci nere, tuttora in uso. Durante il suo pontificato, sotto il quale si successero cinque imperatori (Nerone, Servio Sulpicio Galba, Otone, Vitellio e Tito Flavio Vespasiano), Lino ebbe a che fare, contrastandola, con la scuola di Simon Mago, portata avanti dal discepolo Menandro, e con gli Ebioniti, giudeo-cristiani che praticavano l’osservanza della legge mosaica. Il Liber Pontificalis sostiene che Lino sarebbe stato martirizzato, mediante decapitazione, per decreto del console Saturnino. Morì il 23 settembre 79 d.C.
23 settembre: san Pio da Pietralcina (al secolo Francesco Forgione), nacque a Pietrelcina (Benevento) il 25 maggio 1887, da una famiglia di poveri contadini, devoti a Dio e alla Madonna. Fu battezzato il giorno successivo con il nome di Francesco. A 12 anni ricevette il sacramento della Cresima e la prima Comunione. Sin da piccolo ha avuto apparizioni di Gesù e della Madonna; ma convinto si trattasse di manifestazioni comuni a tutti i fedeli, non ne fece parola con nessuno per tanti anni. A 16 anni, il 6 gennaio 1903, entrò nel noviziato dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini a Morcone, dove il 22 dello stesso mese vestì l’abito francescano e si chiamò fra Pio da Pietralcina. Terminato l’anno di noviziato, emise la professione dei voti semplici e, il 27 gennaio 1907, quella dei voti solenni. Dopo l’ordinazione sacerdotale, ricevuta il 10 agosto 1910 a Benevento, restò in famiglia fino al 1916 per motivi di salute. Nel settembre dello stesso anno fu mandato al convento di San Giovanni Rotondo e vi rimase fino alla morte. Qui ha inizio per padre Pio la sua missione di taumaturgo e apostolo del confessionale. Un numero incalcolabile di uomini e donne, dal Gargano e da altre parti dell’Italia, cominciano ad accorrere al suo confessionale, anche grazie alla fama crescente del frate ed i suoi miracoli. Il momento più alto della sua attività apostolica era quello in cui celebrava la Santa Messa. Sul piano della carità sociale si impegnò per alleviare dolori e miserie di tante famiglie, principalmente con la fondazione della “Casa Sollievo della Sofferenza”, inaugurata il 5 maggio 1956. Per padre Pio la fede era la vita: tutto voleva e tutto faceva alla luce della fede. Fu assiduamente impegnato nella preghiera. Passava la giornata e gran parte della notte in colloquio con Dio. La fede lo portò sempre all’accettazione della volontà misteriosa di Dio. Ricevette due volte le stimmate: la prima volta nel 1910, poco dopo l’inizio del suo sacerdozio; la seconda nel settembre 1918, che rimasero aperte per più di 50 anni, per anni sopportò i dolori delle sue piaghe con ammirabile serenità. Per anni subì pesanti accuse da medici e dallo stesso Vaticano sulla veridicità delle stimmate e dei miracoli da lui compiute, accettò tutto con profonda umiltà e rassegnazione. Di fronte ad accuse ingiustificate e calunnie tacque sempre, confidando nel giudizio di Dio, dei suoi diretti superiori e della propria coscienza. Il Vaticano, dopo varie indagini, decise anche di sospenderlo dal sacerdozio il 31 maggio del 1923, invitando i fedeli a non recarsi più a San Giovanni Rotondo. Papa Pio XI sospese le restrizioni nel luglio 1933, avviando nuove indagini e riflessioni sulla figura del frate cappuccino. Il 30 luglio 1964, il nuovo papa Paolo VI comunicò ufficialmente tramite il cardinale Alfredo Ottaviani che a padre Pio da Pietrelcina veniva restituita ogni libertà nel suo ministero. Concesse anche l’Indulto per continuare a celebrare, anche pubblicamente, la Santa Messa secondo il rito di san Pio V, sebbene dalla Quaresima del 1965 fosse in attuazione la riforma liturgica. La sua salute, fin dalla giovinezza, non fu molto florida e, soprattutto negli ultimi anni della sua vita, declinò rapidamente. Morì il 23 settembre 1968, a 81 anni.
23 settembre: santa Tecla di Iconio, era figlia di una ricca famiglia pagana. A 18 anni fu promessa sposa al giovane Tamiri che l’amava appassionatamente. In quel tempo, san Paolo, che proveniva da Antiochia, fu accolto nella casa di Onesiforo perché insegnasse il Vangelo del Signore. L’abitazione di Onesiforo confinava con quella di Tecla; un giorno, essa ebbe ad ascoltare un discorso dell’apostolo circa le beatitudini del cristiano. Ne fu completamente rapita, tanto da restare in ascolto, immobile, presso la finestra della casa di Onesiforo, per tre lunghi giorni. La madre di Tecla e il fidanzato Tamiri, temendo che le parole di Paolo potessero distogliere l’attenzione della giovane per le cose terrene, cercarono di separare i due santi, finché, proprio a causa della sua predicazione, l’apostolo fu arrestato e condotto davanti al governatore, che giudicò l’istigazione alla castità, una predicazione molto pericolosa perché in pratica concedeva alla donna la possibilità di gestire la propria sessualità e questo contraddiceva tutte le regole del tempo. Per quanto fosse in catene, Tecla era riuscita a corrompere i carcerieri e si introduceva nella sua cella per poter ascoltare il Verbo divino, seduta ai piedi dell’apostolo, mentre, tra le lacrime, baciava le sue catene. Ma, un giorno, fu scoperta, arrestata e condotta anch’essa al cospetto del governatore. Interrogata, oppose un silenzio che fu rotto solo dalle grida della madre Teoclia che chiedeva, per sua figlia, una punizione esemplare: il martirio nell’anfiteatro, affinché potesse essere pubblicamente condannata la sua contrarietà al matrimonio. Il governatore irritato decise di condannare san Paolo alla fustigazione e alla cacciata dalla città e di condannare Tecla ad essere arsa viva. Era già stata preparata per l’esecuzione quando un temporale rese impossibile accendere il fuoco e un terremoto scosse la città. Paolo e Tecla riuscirono a fuggire e giunsero ad Antiochia, dove il nobile Alessandro notò la bellezza della ragazza e se ne invaghì, lei rifiutò le sue attenzioni, gettando a terra la sua corona ed umiliandolo pubblicamente. Immediatamente arrestata, fu condannata ad essere sbranata dai leoni, ma nell’arena mentre le belve si avvicinavano una leonessa, si frappose fra lei e gli altri leoni e la salvò. Non appagata, vide poco distante, una vasca, dove c’erano degli squali, vi si tuffò dentro e pronunciando la formula battesimale si battezzò. Naturalmente gli squali non le fecero nulla, ma il fatto eccezionale che colpì tutti, fu che per la prima volta una donna officiava un battesimo, prerogativa assolutamente maschile. Il governatore constatando che ogni genere di supplizio risultava impotente contro la santa decretò la sua libertà. Si ritirò a Seleucia (l’odierna Selefkie in Asia Minore) in una grotta, dove accoglieva chi voleva seguire i suoi insegnamenti, viveva di preghiera, fu venerata come una santa e visse fino a 72 età.
23 settembre: beata Bernardina Maria Jabłonska, nacque a Pizuny (Polonia) il 5 agosto 1878. Al battesimo, il giorno dopo, le fu imposto il nome di Maria. In famiglia ricevette una solida educazione cristiana e tutto l’amore dei genitori, piccoli possidenti terrieri, rispettati e stimati dai loro vicini. A 15 anni la felice infanzia di Maria fu bruscamente interrotta dalla morte della madre, profondamente religiosa, ebbe molta influenza sulla figlia, trasmettendole in modo particolare la venerazione del Santissimo Sacra¬mento e l’attaccamento alla Madre di Dio. Sorgeva così in lei il desiderio di una vita dedicata completamente a Dio nel silenzio del convento, così a 18 anni decise di farsi suora. Il 13 giugno 1896, a Horyniec, Maria incontrò per la prima volta san Alberto Chmielowski, chiedendo di venire ammessa nella comunità delle «Al¬bertine» da lui fondata nel 1891. Il 13 agosto dello stesso anno Maria si recò a Brusno, dove si trovava l’eremo delle «Suore Serve dei Poveri» (albertine). Dopo dieci mesi di postulato Maria, il 3 giugno 1897, indossò assieme ad altre sei postulanti l’abito religioso, prendendo il nome di suor Bernardina e facendo la professione di terziaria. Per la prima prova della sua vocazione la giovane suora venne mandata nell’ospizio dei senzatetto a Cracovia, incontran¬dovi un ambiente a lei completamente sconosciuto. Fino a quel momento povero era per lei un vecchietto vagabondo al quale si offriva un piatto caldo e una buona parola in cambio dei suoi racconti su un mondo lontano. Fra Alberto, spiegava e insegnava con il suo esempio, che queste persone abbisognavano non soltanto di essere servite, ma soprattutto di essere amate come Cristo sofferente e disprezzato. Fra Alberto, apprezzando le sue grandi doti, nel gennaio 1899 la nominò Superiora della casa di Cracovia e il 7 aprile del 1902, a soli 24 anni, prima Superiora Generale della nascente comunità religiosa, prendendo il governo di sei case per i poveri in cui lavoravano più di 30 suore. Suor Bernardina guidò la Comunità a fianco di fra Alberto, seguendo il suo esempio e imparando a servire Cristo nei poveri. Dopo la morte del frate, il 25 dicembre 1916, essa si ritrovò sulle spalle tutto il peso della nascente comunità religiosa e dei bisognosi, che affollavano i ricoveri albertini. Suor Bernardi¬na, rieletta Superiora Generale nel I Capitolo della comunità, il 9 febbraio 1922, con voto unanime delle consorelle, ufficio che coprirà fino alla morte, si mise a lavorare con impegno e con senso di responsabilità alla stesura delle Costituzioni. Lavorava durante la notte, pregava molto e scriveva in ginocchio, di giorno si occupava delle suore e dei poveri. Il 19 giugno 1926 la Congregazione delle Suore del Terz’Ordine di S. Francesco, Serve dei Poveri (albertine), ottenne la prima approvazione diocesana. Il 25 dicembre 1927, suor Bernardina, assieme ad altre 33 consorelle, emise i voti religiosi semplici e tre anni dopo, il 25 dicembre 1930, quelli perpetui. Alla fine della sua vita ebbe il corpo tutto coperto di ulcere purulenti, così profonde che si intravedevano le ossa. Prima di morire, nel suo testamento, lasciò scritto alle suore: «Fate del bene a tutti». Morì il 23 settembre 1940