a cura di don Riccardo Pecchia
Oggi 24 settembre si festeggia la Beata Vergine Maria della Mercede, è uno dei titoli che vengono attribuiti a Maria, la madre di Gesù. Mercede deriva dallo spagnolo Merced. Il nome spagnolo deriva dal latino merces che significa: prezzo, ricompensa inteso come ricompensa gratuita, grazia. Si può quindi dire che Madonna della Mercede significa: Signora della grazia gratuita, ovvero Signora della misericordia. Innegabile il suo legame con l’Ordine di Santa Maria della Mercede (mercedari) per la redenzione degli schiavi, cioè per la liberazione dei cristiani rapiti e fatti prigionieri, fondato a Barcellona da san Pietro Nolasco. Nei primi venti anni di vita il mercante Pietro aveva osservato nei suoi viaggi la condizione penosa di molti schiavi cristiani, per cui risolse di dedicarsi, con alcuni giovani compagni laici, alla loro liberazione. Trascorsi quindici anni, e costatando che il numero degli schiavi aumentava, nella notte del 1 agosto 1218 Pietro ebbe una visione della Vergine Maria che lo esortava a fondare un Ordine religioso per meglio realizzare quell’opera di misericordia. Giacomo I, re d’Aragona, e il vescovo di Barcellona, Berenguer, ne approvarono il progetto e il 10 agosto dello stesso anno fu costituito ufficialmente il nuovo Ordine. Nella cattedrale di Santa Croce di Barcellona il vescovo consegnò a Pietro e ai suoi compagni l’abito bianco segnato da una croce e la Regola di sant’Agostino. L’Ordine sarà approvato nel 1235 da papa Gregorio IX. Da parte sua Giacomo I affidò all’Ordine l’ospedale di sant’Eulalia in Barcellona, che servì da primo convento, casa di accoglienza degli schiavi liberati e asilo per gli infermi e per i poveri. I mercedari iniziarono a raccogliere i fondi per il riscatto degli schiavi. Dalla fine del XII secolo il metodo più comune per dare la libertà agli schiavi cristiani fu la “redenzione”, che consisteva nel pagare un riscatto al padrone dello schiavo. Se le somme raccolte si rivelavano insufficienti per redimere qualche cristiano, uno dei mercedari si sostituiva eroicamente allo schiavo. Oggi l’Ordine è impegnato nella liberazione dalle nuove forme di schiavitù spirituale, psicologica, economica e sociale. Svolge la sua attività nelle carceri; s’impegna per rifugiati, emarginati, perseguitati.
24 settembre: venerabile Silvio Dissegna, nasce il 1 luglio 1967, a Moncalieri (Torino). Cresce sano, intelligente e vivace nella sua casa di Poirino (Torino), con Carlo, il fratello più giovane di un anno, ricevendo dai suoi genitori, Ottavio e Gabriella, una luminosa educazione cristiana. Prova una grandissima gioia, quando i suoi genitori gli fanno conoscere Gesù e gli insegnano a pregare, mattino e sera. Tra lui e Gesù, nasce presto un rapporto intenso il giorno della Prima Comunione, il 7 settembre 1975. Da quel momento, il più grande desiderio di Silvio è quello di ricevere Gesù, il più spesso possibile, almeno tutte le domeniche, andando alla Messa, preparato dalla confessione e da un continuo impegno a migliorarsi e a essere molto buono con i genitori, con i compagni e le persone che incontra. A scuola, si distingue tra tutti per le doti e per l’impegno, ma gli piace pure tantissimo giocare a pallone, a bocce, a nascondino, a far passeggiate a piedi e nei boschi. Incanta tutti con il suo affetto, con il suo “grazie” sempre pronto e il suo perenne dolcissimo sorriso. All’inizio del 1978, si lamenta per un insistente dolore alla gamba sinistra. Ricoverato all’ospedale di Moncalieri, i medici scoprono che si tratta di cancro alle ossa. Non ha ancora 11 anni, Silvio, ma intuisce che cosa gli sta capitando. Non dispera: desidera guarire, ma si affida alla volontà di Dio, prega. Il 21 maggio 1978, già in carrozzella, riceve la Cresima, nella chiesa parrocchiale di Poirino, lieto di diventare, per il dono dello Spirito Santo, testimone e apostolo di Gesù. Le sue condizioni si aggravano e ha già tanto dolore. Comincia una lunga Via Crucis, in unione con Gesù, dal giugno 1978 al gennaio 1979: per sette volte, va con il papà all’ospedale “G. Roussy” di Parigi, in cerca di cure e di guarigione. I dolori si fanno atroci. Si dimentica dei suoi dolori, quel che importa è riparare il peccato altrui. Gesù Eucaristico gli fa comprendere il valore salvifico della sofferenza: si sente chiamato a soffrire e soffrire, a riparare per i peccati degli uomini. Affronta i dolori che lo consumano, con una fede profonda, un’intimità con Gesù, che stupisce chiunque, anche i sacerdoti che passano a trovarlo. Le sue notti, di dolore, le passa in preghiera, sgranando il Rosario intero, di 15 decine, alla Madonna, meditando i “misteri” con un libricino, alla luce di una piccola lampada. Nel maggio 1979, la gamba sinistra si spezza. Ampie piaghe si aprono nel suo corpo. In giugno, perde anche la vista e, in settembre, in gran parte, l’udito. I dolori lo schiantano. Ma non si lamenta mai. Il 24 settembre 1979, al mattino, riceve per la terza volta, l’Unzione degli infermi, la sera Silvio, 12 anni di età, va incontro a Gesù, perdutamente amato