a cura di don Riccardo Pecchia
Oggi 26 novembre: san Leonardo da Porto Maurizio, (al secolo Paolo Girolamo Casanova), nacque a Porto Maurizio (ora Imperia) il 20 dicembre 1676, ad appena 12 anni fu avviato alla vita religiosa inviandolo a Roma presso lo zio Agostino Casanova, perché potesse studiare nel Collegio romano dei gesuiti. Qui Leonardo frequentò l’oratorio del Caravita e quello dei filippini alla Chiesa Nuova, ma trovò più congeniale alla sua vocazione l’austerità francescana della cosiddetta Riformella, un ramo dei frati minori riformati fondato nel 1662 da Bonaventura da Barcellona. Entrato nel noviziato di questi frati nel convento di Ponticelli Sabino il 2 ottobre 1697 ed emessi i voti solenni un anno dopo, compì gli studi teologici in quello romano di San Bonaventura al Palatino, casa principale della Riformella. Ordinato sacerdote il 23 settembre 1702, avrebbe voluto essere destinato alle missioni in Cina, ma alcuni gravi disturbi gastrici indussero i suoi superiori a trattenerlo in Italia e a rimandarlo, nel 1704, a Porto Maurizio, nel convento dei francescani osservanti, nella speranza che il clima nativo potesse giovargli. Ristabilitosi dopo quattro anni, dal 1708 fino alla morte divenne uno dei più noti predicatori italiani. Nel 1709 viene inviato dai superiori a fondare a Firenze il convento di San Francesco all’Incontro. Da quest’ultimo inizia la sua vita di predicatore. Fu chiamato a Roma da Clemente XII, nel 1730, e da allora iniziò i viaggi per le missioni popolari in varie parti dello Stato pontificio, del Granducato di Toscana, della Repubblica di Genova e del Regno di Napoli. Per lui una missione popolare necessitava di un’attenta e lunga preparazione di preghiera e studio, doveva durare almeno 15 giorni nelle campagne e 18 nelle città. Egli sapeva conquistare l’uditorio con toni drammatici e coinvolgenti, ammonendo i fedeli sul loro destino dopo la morte, sui danni del peccato e degli scandali per poi illustrare paternamente i benefici della confessione, del comportamento onesto e della buona educazione dei figli. Alle esortazioni e alle confessioni Leonardo aggiungeva la diffusione di alcune popolari devozioni per consolidare tra la gente il risultato delle sue missioni: la recita quotidiana di semplici preghiere e del rosario, la devozione al Nome di Gesù, la pietà eucaristica, la comunione frequente, l’iscrizione alle confraternite, ma soprattutto, il pio esercizio della Via Crucis, che trasformò la devozione alla Passione di Cristo praticata solo nelle chiese francescane in preghiera comune a tutto il mondo cattolico, specie nel tempo quaresimale. In effetti, egli ottenne il permesso di erigere la Via Crucis anche nelle chiese non francescane solo dopo ventidue anni di insistenze sui benefici effetti di questa devozione. Nell’anno giubilare 1750, proclamato da papa Benedetto XIV fece epoca la Via Crucis predicata da Leonardo il 27 dicembre, nel Colosseo. Era la prima volta che si celebrava un rito religioso nell’anfiteatro Flavio. Da quell’anno la pia tradizione si mantenne fino ai nostri giorni e ogni Venerdì Santo il papa compie personalmente il rito penitenziale. Non riuscì invece ad assistere alla proclamazione del dogma dell’Immacolata Concezione di Maria, di cui fu sempre convinto assertore, e che avvenne nel 1854. Terminato il giubileo, Leonardo, sebbene ormai indebolito, volle riprendere le missioni popolari, e ne compì ancora quattro a Lucca e tre a Bologna. Qui, dopo l’erezione dell’ultima Via Crucis nella chiesa di Pianoro, le sue condizioni di salute peggiorarono. Alla notizia, papa Benedetto XIV lo richiamò a Roma, dove Leonardo giunse a fatica, per morire il 25 novembre 1751, all’età di 75 anni, nel convento di San Bonaventura al Palatino; patrono delle Missioni al popolo e della città di Imperia.
26 novembre: san Corrado di Costanza, nacque verso il 900, dalla nobile famiglia dei Welfen (Guelfi), figlio del conte Enrico di Altdorf. Fin dalla sua infanzia diede a far comprendere che sarebbe stato un santo, fu educato, allo stato clericale, della scuola della cattedrale di Costanza, sotto la disciplina del vescovo di quella città. Pieno di disprezzo per le cose del mondo, si dedicò al servizio di Dio con straordinario fervore. La sua semplicità cristiana dava risalto a tutte le sue azioni; la sua umiltà e la sua pietà provenivano dalla pace interiore che lo pervadeva. Dopo l’ordinazione sacerdotale, fu prevosto della cattedrale di Costanza. Essendo morto il vescovo Notingo, nel 934, in presenza di sant’Ulrico vescovo di Augusta, con cui fu in rapporti di amicizia, venne eletto vescovo di Costanza. Corrado, però, non accettò subito la nomina, ma ci volle molto tempo perché acconsentisse alla sua elezione. Egli desiderava solo possedere nel mondo il suo Dio, per cui fece con suo fratello Rodolfo, quarto conte d’Altdorf, un cambio dei suoi possedimenti, prendendo dei poderi nelle vicinanze di Costanza, che poi donò alla Cattedrale e ai poveri. Egli evitava, per quanto gli era possibile, qualunque corrispondenza con il mondo; che considerava come una perdita di tempo e come nemica del raccoglimento che deve essere propria di un uomo dedito ad esercitare tutti i giorni le più anguste funzioni. I poveri trovavano in lui un padre e un consolatore, era instancabile il suo zelo nell’istruzione del suo gregge e non c’era alcuna parte dei suoi doveri che egli non adempisse con la più perfetta fedeltà. Morì il 26 novembre 975, dopo 42 anni di episcopato