Oggi 28 aprile la chiesa celebra san Luigi Maria Grignion de Montfort (Louis-Marie Grignion de Montfort), nacque a Montfort-la-Cane (Francia) il 31 gennaio 1673. I primi anni di vita di Luigi Maria furono trascorsi in parte con i genitori a Montfort, in parte presso una nutrice, mère Andrée, in una casa di famiglia nella campagna vici¬na. Nel 1684, all’età di 11 anni, venne mandato alla scuola del collegio gesuita Saint Thomas Becket di Rennes. Lasciò il collegio il 2 novembre 1692, per dirigersi a Parigi, dove frequentò il seminario di Saint Sulpice. Per gli studi frequentava la vicina Università della Sorbona per l’insegnamento della teologia. Nel 1695 fu ammesso al “piccolo seminario”, dove ebbe come direttore spirituale François Leschassier, che accortosi della preparazione di Luigi Maria, gli fece frequentare solamente le lezioni serali. Il 5 giugno 1700 venne ordinato sacerdote. Luigi Maria avrebbe voluto svolgere il suo ministero in Canada come missionario, ma padre Leschassier, diventato superiore generale, glielo impedì, preferendo che rimanesse in seminario per occuparsi della formazione dei candidati al presbiterato. Luigi Maria rifiutò l’incarico, venne allora inviato a Nantes, presso la comunità di Saint Clément, una comunità di sacerdoti che predicava le missioni popolari. Vi si fermò circa un anno e svolse un pò di ministero, ma il ritmo di vita gli sembrò trop¬po fiacco e alla prima occasione abbandonò la comunità. Si recò a Poitiers, dove visitò l’ospizio dei poveri, qui trovò un ambiente che sentiva più adatto al suo zelo di giovane prete. Emersero là le sue doti di organizzatore, sia per mettere ordine esterno, che a favore del bene delle anime. Tornò a Parigi e per qualche mese ritentò l’espe¬rienza tra i poveri del grande ospizio parigino. Nulla da fare, era il 1703 e Luigi Maria non aveva ancora trovato la sua strada. Nella primavera del 1704 egli riprese il cammino verso Poitiers, viaggiando a pie¬di come faceva sempre. In quella città poté rimanere per due anni, dedicandosi alle missioni popolari e ottenendo buoni risultati, ma non mancarono incomprensioni e opposizioni e alla fine il vescovo lo allontanò dalla diocesi. Luigi Maria obbedì, e decise di andare a Roma per chiedere consiglio al papa. Partì da Poitiers nel marzo 1706, fece il viaggio a piedi. Clemente XI lo ricevette il 6 giugno 1706 e lo confermò nella missione di evangelizzare il popolo. Per altri 5 anni, fino verso il 1711, Luigi Maria lavorò in diverse diocesi. Predicò la missione al popolo, di parrocchia in parrocchia. Al suo fianco trovia¬mo Mathurin Rangeard, che lo seguirà sempre e altri “fratelli” si aggiunsero più tardi, questi lo aiuteranno nelle missioni. Rendendosi conto che la sua vita non sarebbe durata ancora a lungo, pensò di dedicarsi al progetto che gli stava più a cuore, la fondazione che chiamerà “Compagnia di Maria”. Si dedicò maggiormente a costituire la sua compagnia di missionari, anche se tra i collaboratori di quel momento erano solo alcuni che pensavano di legarsi a lui. La vita di Luigi Maria si concluse mentre predicava ancora una missione, indebolito dalle fatiche e vinto da una polmoni¬te. Morì a Saint Laurent sur Sevre il 28 aprile 1716, a 43 anni.
28 aprile: santa Gianna Beretta Molla, nacque a Magenta (Milano) il 4 ottobre 1922, da una famiglia di cristiani praticanti e terziari francescani. Già dalla fanciullezza accoglie con piena adesione il dono della fede e l’educazione cristiana, che riceve dai genitori e che la portano a considerare la vita come un dono meraviglioso di Dio, ad avere fiducia nella Provvidenza. Visse a Milano fino ai 18 anni. Lì frequentò la Chiesa dei Padri Cappuccini. Nel 1925, dopo la morte di alcuni fratelli a causa dell’influenza detta spagnola, si trasferì a Bergamo. Nel gennaio 1937, morì la sorella Amalia e la famiglia, andò ad abitare a Genova. Nell’ottobre 1941, la famiglia, a causa dei bombardamenti, ritornò a Bergamo, nella casa dei nonni materni. Fu qui che Gianna, nell’anno della maturità classica, perse entrambi i genitori. Nell’ottobre 1942 Gianna ritornò a Magenta e si iscrisse e frequentò la facoltà di medicina e chirurgia, prima a Milano e poi a Pavia, dove si laureò il 30 novembre 1949. Anche in questi anni dell’università partecipava ogni giorno alla celebrazione eucaristica, faceva la visita al Santissimo Sacramento e recitava il Rosario. Dopo la laurea in medicina, il 30 novembre 1949 Gianna aprì uno studio medico a Mesero. Si specializzò in pediatria all’Università di Milano il 7 luglio 1952. Mentre compie la sua opera di medico, che sente e pratica come una «missione», predilige, tra i suoi assistiti, mamme, bambini, anziani e poveri, accresce il suo impegno nell’Azione Cattolica, prodigandosi per le «giovanissime» e, al tempo stesso, esprime con gli sci e l’alpinismo la sua grande gioia di vivere e di godersi l’incanto del creato. Il 24 settembre 1955 sposò, a Magenta, l’ingegnere Pietro Molla di Mesero, dirigente alla “Saffa”, la fabbrica di fiammiferi di Magenta, conosciuto pochi anni prima. Fu mamma di tre bambini: il 19 novembre 1956 nacque Pierluigi, l’11 dicembre 1957 Maria Rita (detta Mariolina) e il 15 luglio 1959 Laura. Nel settembre 1961, verso il termine del secondo mese di gravidanza, è raggiunta dalla sofferenza e dal mistero del dolore; insorge un fibroma all’utero. Prima del necessario intervento operatorio, pur sapendo il rischio che avrebbe comportato il continuare la gravidanza, supplica il chirurgo di salvare la vita che porta in grembo e si affida alla preghiera e alla Provvidenza. Alcuni giorni prima del parto, pur confidando sempre nella Provvidenza, è pronta a donare la sua vita per salvare quella della sua creatura: «Se dovete decidere fra me e il bimbo, nessuna esitazione: scegliete, e lo esigo, il bimbo. Salvate lui». Il mattino del 21 aprile 1962, presso l’Ospedale di Monza, dà alla luce Gianna Emanuela, e nonostante tutti gli sforzi e le cure per salvare entrambe le vite, tra indicibili dolori, e, nonostante le cure praticate, viene riportata nella sua casa di Pontenuovo di Magenta, le sue condizioni peggiorarono di giorno in giorno. Morì il 28 aprile 1962, a 39 anni; patrona della famiglia.
28 aprile: san Pietro Chanel, (Pierre-Louis-Marie Chanel), nacque a Cuet (Francia) il 12 luglio 1803, da una famiglia di umili origini. Passò la sua infanzia fra gli studi, ai quali dedicava il tempo dell’inverno, e il pascolo del gregge nei mesi estivi. Dopo aver aiutato nel lavoro la sua famiglia, entrò in seminario e fu un allievo esemplare. Il 19 luglio 1819 entra nel seminario minore, dove si distinse sia come alunno che come fervente membro della Associazione della Vergine Maria. Nel 1824 Pietro inizia lo studio della Teologia nel seminario di Belley. Fu ordinato sacerdote il 15 luglio 1827. Subito fu nominato vice parroco di Ambérieu en Bugey. Una delle sue prime iniziative fu quella di introdurre la celebrazione del mese di maggio in onore della Madonna. Il 1 settembre 1827 fu nominato parroco di Crozet, un piccolo paese dove cominciò la sua esperienza missionaria affrontando le difficoltà di un ambiente calvinista, che non favoriva troppo l’opera del parroco. Fin dall’inizio si conquistò l’affetto dei suoi parrocchiani. Ma il suo pensiero era sempre rivolto alle Missioni. Nel suo animo sentiva che doveva spendere la sua vita per coloro che ancora non conoscevano Cristo e il suo Vangelo. In questo tempo conobbe il padre Jean Claude Colin, fondatore della Congregazione della Società di Maria (maristi), e la sua opera in favore delle missioni presso le parrocchie di Francia. Entrò, nel 1831, così a far parte della società dei “maristi”, da poco fondata e, per sua richiesta, fu mandato in una missione della Polinesia, territorio che il papa desiderava affidare a questa famiglia religiosa. Dopo aver preso i tre voti religiosi per mano del fondatore dei maristi, Pietro si imbarcò, nel 1837, per la sua lontana missione e fu mandato sull’isola di Futuna (Isole Fiji), dove trovò un terreno ostile al cristianesimo, perché contrastava con i millenari costumi di quella comunità. La sua attività per ora si limita a percorrere l’isola recitando il Rosario, visitando le famiglie e conoscendo la gente. La comunicazione è un pò difficoltosa, non conoscendo la lingua. Ma Pietro non si perde di animo. L’unico desiderio che ha, è quello di arrivare a tutti, portando, come può, il Vangelo di Cristo. Nella missione, dopo un periodo di accoglienza e di favore, si presentarono periodi molto brutti. Niuliki, re dell’isola, inizialmente ebbe un atteggiamento amichevole verso il missionario, ma quando vide che i suoi sudditi venivano allontanati dai loro idoli verso la religione dell’uomo bianco, emise un editto contro di lui per scongiurare le conversioni al Cristianesimo. Ma la goccia che fece traboccare il vaso e scatenò l’ira del re, fu la conversione alla fede cristiana di suo figlio maggiore, Meitala. Dette l’ordine di uccidere i missionari. Musumusu, genero del re, ideò una congiura insieme a vari capitribù contro i cristiani, che fu portata a termine con grande crudeltà. Un giorno Musumusu con i suoi si presentò da Pietro, che si trovava in casa a causa della febbre e di una piaga al piede, armati di lance e mazze. Uno del gruppo si fece avanti e chiese un medicinale a Pietro, che mentre va a cercarlo, lo aggredisce con violenza; un altro del gruppo lo colpisce con la sua mazza e gli spezza il braccio che aveva alzato per difendersi. Un secondo colpo lo ferisce alla tempia sinistra e sanguina abbondantemente. Con una lancia a punta di ferro lo feriscono in petto. Il missionario fa un passo indietro e cade. Musumusu è furioso, trova un’ascia nascosta sotto il letto, la afferra e si butta sul ferito. Con un colpo feroce gli conficca l’ascia nel cranio. Pietro cade esanime e muore. Ha dato la sua vita per la diffusione del Vangelo. Morì il 28 aprile 1841; patrono dell’Oceania