a cura di don Riccardo Pecchia
Oggi 4 agosto la chiesa festeggia san Giovanni Maria Vianney(Jean-Marie Baptiste Vianney), nacque a Dardilly (Francia) l’8 maggio 1786, da una famiglia di contadini profondamente religiosi. La sua giovinezza coincise con i tumulti della rivoluzione francese, con le relative persecuzioni dei cristiani. Giovanni frequentò di nascosto il catechismo e ricevette la prima comunione. Decise presto di farsi sacerdote, quando per questo motivo, all’età di 19 anni, cercò di imparare il latino, tentativo che fallì per la sua incapacità di memorizzare i vocaboli; dovette quindi lasciare il seminario, perché non possedeva i requisiti richiesti. Giunse notizia al giovane, ormai ventenne, che don Carlo Balley, parroco di Ecully ospitava nel suo piccolo seminario domestico giovani desiderosi di intraprendere la strada per il sacerdozio e quest’ultimo lo accolse sotto la sua protezione. Il 13 agosto1815 venne ordinato sacerdote a Grenoble, aveva 29 anni e tre mesi, per quanto la sua preparazione culturale fosse scadente. Dopo che era stato per quattro anni vicario parrocchiale a Ecully gli venne affidata la parrocchia di Ars-sur-Formans. Quando giunse ad Ars il 13 febbraio 1818 trovò un paese immerso nell’indifferenza religiosa più completa, utilizzò l’istruzione religiosa per debellare l’ignoranza e cristianizzò, evangelizzò, catechizzò, lanciando una vera e propria crociata contro la bestemmia, il lavoro festivo, le osterie e i balli. Le persone andavano a confessarsi sempre più frequentemente da lui e sovente, l’abbé Giovanni non le assolveva se non vedeva il pentimento, fu un martire del confessionale: arrivò a starvi anche 18 ore al giorno. Al paese di Ars offrì tutto se stesso, sottoponendosi a durissime penitenze, per diverso tempo dormì al piano terra con pavimento e muri umidi e senza materasso poiché lo regalò ai poveri, contrasse nevralgie facciali molto dolorose e di cui soffrì per 15 anni. Non ebbe mai per il suo «cadavere», come chiamava il proprio corpo, alcuna pietà. Per cibarsi usava spesso il pentolone, divenuto leggendario: in esso cuoceva patate per una settimana e le mangiava fredde, a volte ricoperte di muffa, di tanto in tanto si faceva cuocere un uovo nella cenere calda oppure impastava un pugno di farina con acqua e sale, preparando i cosiddetti «matefaims» del Curato d’Ars, mangiava quel poco-niente e beveva un bicchiere d’acqua. Diffuse la devozione a santa Filomena di Roma. Morì il 4 agosto 1859, a 73 anni; patrono dei sacerdoti.
4 agosto: san Rainiero di Spalato, nacque nel 1110 circa. Sono del tutto assenti notizie dell’infanzia e della gioventù di Rainiero. Fu monaco camaldolese di Fonte Avellana, luogo in cui infervorava del fervore religioso introdotto da san Pier Damiani. Qui Rainerio condusse una vita eremitica dedicata alla preghiera, alla contemplazione e alla penitenza, ma anche allo studio; in questo periodo divenne grande e stimato amico del più anziano sant’Ubaldo, vescovo di Gubbio. Il Chiostro di Fonte Avellana tuttavia era soltanto il primo gradino di una preparazione che permetteva ai monaci di intraprendere il cammino verso la perfezione spirituale. Rainerio fu chiamato nel 1156 a ricoprire la cattedra episcopale della diocesi di Cagli dove esercitò il ministero pastorale per quasi 20 anni. Intanto a Cagli, a partire del 1170, le lotte tra Guelfi e Ghibellini erano molto aspre: la città, ghibellina, era fedele all’Imperatore e si trovò in forte contrasto con il vescovo Rainerio. Allo stesso tempo a Spalato (Croazia) era mancato da poco l’arcivescovo Gerardo da Verona e prelati e popolo avevano inviato al pontefice una missione per chiedergli l’elezione diretta di un successore. Il papa Alessandro III pensò di inviare il vescovo Rainerio in Dalmazia a ricoprire la carica vacante di Arcivescovo di Spalato. Questa era la metropolia principale di tutta la costa dalmata e pertanto il suo arcivescovo aveva diritto al conferimento del pallio che egli ricevette direttamente da Alessandro III. Negli anni del suo mandato si adoperò varie volte per risolvere i contrasti interni alla sua diocesi riguardanti questioni di diritti e interessi materiali ecclesiastici, ricorrendo varie volte anche all’intercessione del papa. Il martirio di Rainiero si consumò sul Monte Mosor, quando, incurante delle minacce dei suoi carnefici, venne lapidato da alcuni componenti di una tribù Croata a seguito del suo fermo intervento, in sostituzione della debole autorità imperiale, per imporre la restituzione delle terre appartenenti alla Chiesa di Spalato usurpate da questi. Morì il 4 agosto 1180