a cura di don Riccardo Pecchia
Oggi 6 giugno la chiesa celebra san Norberto di Xanten, nacque a Xanten (Germania) nel 1080 circa, in una famiglia benestante imparentata con l’imperatore, Norberto da giovane ama gli agi, le comodità e non disdegna gli elogi e ogni forma di vanità. Malgrado ciò abbraccia la carriera ecclesiastica nell’età dell’adolescenza. Ricevette gli ordini minori e fatto canonico della collegiata della chiesa di San Vittore a Xanten, probabilmente più per dargli una posizione ufficiale durante le cerimonie, che per le sue reali capacità pastorali. Fu ordinato suddiacono ma non mostrò alcun desiderio di diventare prete. A 25 anni Norberto diventa cappellano al servizio dell’arcivescovo della città di Colonia, e quando aveva circa 30 anni declina la promozione a vescovo offertagli dal re Enrico V. Il momento che designa la piena conversione di Norberto risale al 1115. Durante un viaggio a cavallo, Norberto si ritrova ad affrontare una improvvisa tempesta e a causa di un fulmine violento cade dal suo cavallo. Miracolosamente resta illeso e questo lo fa riflettere molto e lo porta a meditare sulla sua vita. Non può non ascoltare il richiamo forte di Dio e prende una decisione definitiva che sconvolge completamente la sua vita. Norberto tornò a Xanten dove prese a trascorrere il tempo in preghiera digiunando e facendo una revisione della vita passata. Consigliato dall’abate Cenone fece un ritiro nell’abbazia di San Benedetto di Seiberg (Colonia), preparandosi all’ordinazione sacerdotale, e nel 1115 l’arcivescovo di Colonia, Federico, lo ordinò nello stesso giorno diacono e prete. Abbandona le vesti nobili ed eleganti di un tempo e, indossando tuniche poverissime, inizia la sua opera di predicatore. Grazie all’aiuto del vescovo della comunità francese di Laon, Norberto può dedicarsi alla sua missione di evangelizzatore nella vicina cittadina di Prémontré (Francia), dove fondò l’Ordine dei Canonici regolari Premostratensi. Qui è subito accettato dalla gente del luogo e molti giovani non solo approvano il suo modo di vivere ma cominciano a seguirne l’esempio. Norberto si batte energicamente per la pace tra i popoli e non si risparmia quando deve spiegare agli scettici che la presenza del corpo di Gesù Cristo nell’ostia servita durante l’Eucarestia è reale. Questo è il motivo per cui il santo viene spesso rappresentato mentre stringe tra le mani “l’ostensorio”. Nel 1126 Norberto viene nominato, da papa Onorio II, arcivescovo della città tedesca di Magdeburgo e, grazie al suo impegno, contribuisce ad un lento e graduale rinnovamento della chiesa. Nel 1133, dopo una vita spesa a favore dei poveri e dei bisognosi, la salute di Norberto comincia ad essere cagionevole. L’anno successivo, dopo aver concluso l’ennesima “missione di pace” in territorio italiano, si ammala e muore a Magdeburgo. Morì il 6 giugno 1134, a 49 anni; patrono delle partorienti.
6 giugno: san Marcellin Champagnat (Marcellin Joseph Benoît Champagnat), nacque a Le Rosey di Marlhes (Francia) il 20 maggio 1789, da una famiglia di agricoltori benestanti. Bambino sano, dal temperamento allegro ed espansivo, assimilò presto la devozione alla Madonna, che la madre fin da subito cercò di trasmettergli. Marcellino frequentò la scuola per pochissimo tempo. Non riuscì a dare prova delle sue capacità scolastiche; il trattamento brutale che gli insegnanti usavano in quel tempo verso gli alunni, fu un ostacolo al suo inserimento nella scuola. A 11 anni aveva deciso che avrebbe preferito il lavoro nella fattoria a quello sui libri. Dopo la morte del padre, però, Marcellino affronta una crisi esistenziale e si avvicina alla Chiesa. A 16 anni fece il suo ingresso nel seminario di Lione dove ebbe come compagni di studi san Jean Baptiste Marie Vianney e il Venerabile Jean Claude Colin, con cui poi collaborò per la fondazione della Società di Maria. Fu ordinato sacerdote il 22 luglio 1816. Incaricato come viceparroco a La Valla-en-Gier, Marcellino conobbe da vicino la triste realtà del disordine morale e l’allontanamento dalle pratiche pietose in cui viveva gran parte del popolo. L’ignoranza religiosa, una delle più infauste conseguenze della Rivoluzione del 1789, era quasi generalizzata, e non c’era sul posto nemmeno un insegnante per alfabetizzare i bambini e trasmettere loro le conoscenze elementari. Il 2 gennaio 1817 decise di fondare l’Istituto dei Fratelli Maristi delle Scuole (maristi), una congregazione di laici dedita all’istruzione della gioventù povera e all’attività catechistica. Marcellino non ha mai dimenticato l’immagine del maestro che lo allontanò dalla scuola e si convince che quello dell’istruzione sia il primo campo in cui un sacerdote debba impegnarsi durante il suo apostolato, ma realizza, anche, che moltissimi giovani in quella Francia travagliata non conoscono Dio e comprende che l’unica evangelizzazione possibile può avvenire tramite l’insegnamento. Aderisce quindi alla Società di Maria di padre Colin, cercando fin da subito di avvicinare ad essa più giovani possibili. Nel 1817 la Società di Maria prende la denominazione di “Piccoli Fratelli di Maria” e apre una scuola presso la parrocchia di Saint Chamond: l’embrione della futura congregazione si compone di sacerdoti, ma anche di fabbri, falegnami, mugnai. L’ambizione di Marcellino è quella di creare una scuola aperta a tutti e per tutti. Non soltanto una scuola “gratuita”, ma anche accogliente e perseverante dove ogni ragazzo possa essere stimolato ed ascoltato. Marcellino motiva i giovani nell’insegnamento del Vangelo: vive insieme ad essi, come se fosse uno di loro. Insegna loro a vivere come fratelli in una sorta di comunità monacale, affinché imparando possano divenire educatori anche loro. La scuola diviene qualcosa di più di una stanza in cui ricevere nozioni ed intimidazioni, per Marcellino è un luogo in cui ogni ragazzo possa avere modo di dimenticare la propria miseria. La gioia di aver fatto qualcosa di grande non può però compensare la fatica accumulata in disgrazie di ogni tipo, che diedero alla sua esistenza la nota distintiva degli uomini graditi a Dio, quella di essere provati «dal crogiuolo del dolore» (Sir 2,5). Fu calunniato dai nemici e osteggiato da alcuni dei suoi stessi discepoli; gli mancarono i mezzi finanziari e, in un certo periodo, anche le vocazioni. Le tribolazioni finirono per minare la sua salute, nel 1837, Marcellino si ammala gravemente. Morì il 6 giugno 1840, a 51 anni.
6 giugno: san Gerardo dei Tintori, nacque a Monza nel 1134, da una famiglia delle più ricche e nobili della città, forse legata all’importante attività della tintura dei panni di lana prodotti nel borgo, da qui probabilmente il cognome “dei Tintori” (de Tinctoribus). Gerardo dopo la morte del padre, desideroso di dedicare la propria vita ai poveri e i malati, con i beni ereditati, fondò, nella sua stessa casa, un ospedale ed iniziò a dare personalmente assistenza ai poveri e ai malati. La porta della casa paterna di Gerardo, ora trasformata con un atto ufficiale in ospedale, era sempre aperta e nessun ammalato veniva respinto, Gerardo stipulò, il 19 febbraio 1174, con il comune di Monza e con il Capitolo del Duomo una convenzione nella quale se ne definiva lo status giuridico e amministrativo, anche per garantirne il funzionamento anche dopo la sua morte. Gerardo operava personalmente all’interno dell’ospedale, in cui prestavano servizio numerosi conversi monzesi (laici che vivevano piamente a fianco dei monaci, senza però aver formalmente preso i voti religiosi). Gerardo manteneva il suo ruolo direttivo tra i conversi dell’ospedale, ricoprendo la carica di “ministro”, cioè direttore dell’ospedale, come risulta da alcuni documenti degli anni successivi, egli mantenne questo incarico fino alla morte. La cura con cui Gerardo accudiva i suoi assistiti è evidenziata dal racconto che vuole che egli stesso cercasse i malati indigenti e li conducesse alle sue case, provvedendo in seguito personalmente alle necessità di ordine pratico. Già mentre era in vita si attribuirono a Gerardo numerosi miracoli. Secondo il racconto dei suoi compagni nell’ospedale, Gerardo durante un’inondazione del fiume Lambro, che lo sorprese al di là della riva del fiume, presso la chiesa di San Giovanni Battista dove si recava spesso a pregare, traversò le acque del fiume camminando sul suo mantello, raggiunse gli edifici dell’ospedale e riuscì, con la preghiera, a evitare che l’acqua raggiungesse le stanze dei malati. In un’altra occasione, quando l’ospedale era rimasto senza viveri a causa dello stato d’assedio di Monza, impegnata nella guerra contro l’imperatore Federico Barbarossa (sconfitto a Legnano nel 1176) Gerardo ne riempì miracolosamente le cantine di cibarie e vino, potendo così nutrire poveri e ammalati che avevano trovato riparo al suo interno. Un altro prodigio attribuito al santo è quello di aver promesso ciliegie ai canonici del Duomo se lo avessero lasciato trattenersi durante la notte in preghiera. Nonostante fosse dicembre inoltrato, i canonici che consentirono a Gerardo di vegliare indisturbato in chiesa ricevettero un paniere colmo di ciliegie non appena si fece giorno. Tutta la sua vita fu di dedizione completa alla causa assistenziale, fino all’ultimo giorno. Morì il 6 giugno 1207.