Oggi 10 giugno la chiesa celebra san Massimo d’Aveia, nacque ad Aveia (odierna conca aquilana) intorno all’anno 228, da una famiglia cristiana che lo fece studiare e lo avvicinò al cristianesimo. Nell’autunno del 249, l’imperatore Decio avviò una violenta e feroce persecuzione, che colpì duramente il cristianesimo e ne mise a rischio la stessa esistenza. Massimo, fu denunciato da alcuni concittadini, venne trascinato di fronte al magistrato romano, che lo interrogò ripetutamente. Di fronte alle lusinghe del magistrato, Massimo si mantenne fermo e ribadì varie volte la sua fede in Gesù Cristo, rifiutandosi di rinnegarla. Il magistrato, impietosito dalla sua giovane età, cercò in tutti i modi di convincerlo ad abiurare per salvarlo, proponendogli di offrire un semplice sacrificio agli idoli pagani per essere mandato nuovamente presso la sua famiglia. Di fronte alla grande resistenza di Massimo, il magistrato ordinò di sottoporlo a tortura, interrompendola solamente per chiedergli se fosse ancora convinto di voler mantenere la sua fede. In un ultimo disperato tentativo di salvargli la vita, il magistrato romano gli offrì in sposa sua figlia e una ricca dote, che gli avrebbe consentito di vivere agiatamente il resto della sua vita, ma non abiurò. Vista l’impossibilità di piegare Massimo con le lusinghe, con le minacce, con le promesse di denaro e potere, con la tortura, il magistrato romano diede ordine di uccidere il giovane, facendolo gettare da una torre posta sulla rupe più alta della città, detta Torre del Tempio; patrono dell’Aquila.
10 giugno: beato Giovanni Dominici (al secolo Giovanni Banchini o Baccini), nacque a Firenze nel 1356 o 1357, da una famiglia benestante. Entrò nell’Ordine Domenicano nel convento di Santa Maria Novella nel 1372, dopo essere guarito, secondo la tradizione, grazie all’intercessione di santa Caterina da Siena, dalla balbuzie che gli aveva impedito di accedere all’ordine due anni prima. Completati gli studi teologici a Parigi, svolse attività di docente e di predicatore per 12 anni a Venezia. Verso il 1380 fu ordinato prete, e da allora iniziò la sua ascesa nell’Ordine. Nel 1388 Giovanni lasciò Firenze per trasferirsi a Venezia, dove san Raimondo da Capua lo aveva nominato lettore nella scuola teologica di San Zanipolo. Con l’approvazione del direttore generale, san Raimondo da Capua, fondò conventi di stretta osservanza del suo ordine a Venezia, nel 1391, e a Fiesole, nel 1406, e il convento del Corpus Domini a Venezia dove più di settanta nobildonne entrarono. Per quanto assorbito da molti compiti, nel 1393, fu nominato vicario generale dei conventi riformati d’Italia, predicava di continuo nelle chiese di Venezia, insistendo sui temi nuziali e sapienziali dell’Antico e del Nuovo Testamento, illustrando esempi tratti dalle Vitae dei santi, specie di santa Caterina da Siena. Ampliava poi il frutto delle sue predicazioni nei contatti privati, nella direzione spirituale, nelle confessioni. Nell’ottobre 1406 fu scelto per predicare in Santa Maria del Fiore, durante le cerimonie indette per festeggiare la vittoria su Pisa. Ma già in questo anno i suoi interessi stavano aprendosi ai grandi problemi religiosi e politici della Chiesa. Desiderava diventare cappellano pontificio. L’occasione di influire concretamente nelle vicende dello scisma d’Occidente si presentò alla fine del 1406, alla morte di Innocenzo VII. Inviato a Roma come ambasciatore di Firenze per esortare i cardinali a ricomporre i dissidi, giunse a conclave iniziato, ma riuscì ugualmente a farsi ascoltare attraverso una fenestella eccezionalmente aperta. Qui ebbe gran parte nell’elezione del veneziano Gregorio XII, che lo scelse come suo confessore e consigliere, lo elesse vescovo di Ragusa, 1407, lo creò cardinale di San Sisto nel 1408. Ai primi del 1409, andò legato papale presso Sigismondo d’Ungheria e Ladislao di Polonia per convincerli a restare nell’obbedienza di Roma, contro l’antipapa Benedetto XIII, poi tornò in Italia, alla fine dello stesso anno, per assistere a Cividale del Friuli al concilio indetto da Gregorio XII. Per mettere fine allo scisma, Giovanni consigliò a Gregorio XII di ritirarsi e annunciò al Concilio di Costanza le dimissioni volontarie del Papa. Il successore di Gregorio, Martino V lo nominò legato in Boemia il 19 luglio del 1418 per reprimere l’eresia hussita, ma ottenne scarsi risultati a causa dell’inerzia di Venceslao IV; si ritirò a Buda(Ungheria), lasciando anche cadere, se pure gli fu proposto, l’incarico di una legazione in Grecia per favorire un ritorno degli scismatici nell’unità romana. Consumò nella solitudine e nella carità per i poveri gli ultimi mesi di vita. Morì il 10 giugno 1419.
10 giugno: beata Diana degli Andalò, nacque a Bologna nel 1201, da una famiglia nobile e potente. Nella sua prima giovinezza Diana, che mostrava alte doti morali ed intellettuali, ascoltò le prediche del beato Reginaldo d’Orléans, già professore di diritto canonico all’Università di Parigi, inviato da san Domenico di Guzmán a Bologna nel 1218. Nell’agosto 1219 si unì ai domenicani, accolta da san Domenico in persona, ma la famiglia era contraria e la costrinse a restare a casa. Diana allora cercò di porre i parenti di fronte al fatto compiuto. Il 22 luglio 1221 organizzò con le sue amiche un pellegrinaggio all’Eremo di Ronzano, dove si erano stabilite le canonichesse agostiniane. Durante la visita al convento, Diana improvvisamente entrò nel dormitorio e domandò l’abito sacro con tale appassionata eloquenza, che fu esaudita all’istante, anche stavolta i familiari cercarono di impedirglielo, arrivando perfino a trascinarla via a viva forza e brutalmente malmenandola. Dopo la morte di san Domenico ella fuggì di nuovo a Ronzano, e questa volta i parenti non osarono disturbarla, dove rimase fino al giugno 1223. Il beato Giordano di Sassonia incontrò dunque la famiglia di Diana, e li convinse che l’unico modo per averla vicino era quello di fondare un convento di suore domenicane a Bologna. Il nuovo convento, costruito nel 1222 fu dedicato a Sant’Agnese Vergine e Martire, su un appezzamento di terra di proprietà del padre. A reggere la nuova comunità femminile furono chiamate dal monastero di San Sisto a Roma quattro suore, tra queste le beate Cecilia e Amata di Bologna, già esperte nell’esercizio della Regola. Diana passò il resto della sua vita nel monastero, di cui divenne superiora. Morì il 9 gennaio 1236, a 35 anni.