a cura di don Riccardo Pecchia
Domenica 11 dicembre la chiesa celebra san Damaso I, 37º papa della Chiesa cattolica, nacque a Roma nel 305 circa. Figlio dello spagnolo Antonio e di una certa Laurentia, crebbe a Roma al servizio della chiesa di San Lorenzo martire. Morto papa Liberio il 24 settembre 366, il clero romano si divise in due fazioni: una, favorevole alla politica del defunto antipapa Felice II, del tutto contraria ad ogni accordo con i sostenitori delle teorie ariane, e l’altra, maggioritaria, più conciliante e favorevole ad accordi e compromessi. In due distinte e parallele elezioni, i primi, riuniti nella basilica di Santa Maria in Trastevere, elessero e consacrarono papa il diacono Ursino, che divenne antipapa, mentre i secondi, nella basilica di San Lorenzo in Lucina, scelsero Damaso, che fu consacrato nella basilica di San Giovanni in Laterano il 1 ottobre 366. Iniziò così uno scisma che sarebbe durato anni. Le due parti vissero scontri sanguinosi che avrebbero prodotto oltre cento morti; tramite un ebreo di nome Isacco, nel 370 fece accusare Damaso di gravi delitti. Fu celebrato un processo che nel 372 assolse il vescovo di Roma, e Ursino, per decreto del nuovo imperatore Graziano, fu esiliato a Colonia. Nel 378, alla corte imperiale, fu mossa contro Damaso anche un’accusa di adulterio, dalla quale fu scagionato prima dall’imperatore Graziano e, poco dopo, da un sinodo romano di 44 vescovi, che scomunicò i suoi accusatori. In un periodo piuttosto burrascoso per il cristianesimo e nonostante le accuse personali, grazie alla forte personalità Damaso si batté per il riconoscimento della supremazia della sede episcopale di Roma e difese con vigore l’ortodossia cattolica contro tutte le eresie. Damaso intensificò allora i suoi sforzi, tesi a combattere gli eretici e ad elevare il livello morale del clero. Convocò il Concilio di Costantinopoli, nel 381, dove Damaso inviò i suoi legati e nel quale, oltre alla ferma condanna di tutte le eresie, venne affermata la divinità dello Spirito Santo e ribadito, in una formulazione più precisa, il “Simbolo niceno” già affermato nel concilio di Nicea del 325. Damaso sollecitò san Girolamo, che fu anche suo segretario privato per qualche tempo, ad intraprendere la revisione delle antiche versioni latine della Bibbia, nota come “Vulgata”. Sotto il suo pontificato fu emanato il famoso Editto di Tessalonica di Teodosio I, il 27 febbraio 380, che definiva il Credo niceno come religione di Stato, oltre all’affermazione della formula nicena, che toglieva di mezzo le dottrine ariane, l’editto definiva per la prima volta i Cristiani seguaci del vescovo di Roma “cattolici”, bollando tutti gli altri come eretici e come tali soggetti a pene e punizioni. Damaso fu il primo vescovo di Roma ad invocare il “testo petrino” (Matteo 16,18), secondo il quale il primato della Sede Apostolica, variamente favorito da atti imperiali ed editti dei suoi tempi, non si basa sulle delibere dei concili, ma sulle parole di Gesù Cristo. Damaso può essere considerato il primo papa mecenate della storia, contribuì anche all’arricchimento liturgico ed estetico delle chiese cittadine. Damaso morì l’11 dicembre 384.
11 dicembre: san Daniele Stilita, nacque a Maratha (Siria) nel 409, offerto a Dio prima della nascita dai genitori devoti. Entrò da bambino in monastero, indossando già l’abito monastico a 12 anni nella regione in cui è nato e chiese di essere accolto dall’abate, che tuttavia gli disse che sarebbe stato incapace di sopportare la disciplina della vita monastica. Il ragazzo rispose: «So bene di essere giovane e debole, ma ho fede in Dio e nelle vostre sante preghiere». Durante un pellegrinaggio a Gerusalemme con l’igumeno (equivalente dell’abate) del suo monastero, visita presso Antiochia di Siria il celebre monastero di Telanissos, dove san Simeone Stilita il Vecchio, che vive in cima a un’alta colonna. Quando arrivarono in quel luogo, e videro le condizioni selvagge del sito e l’altezza della colonna, oltre al calore infuocato del sole, e la sopportazione del santo, che dava il benvenuto agli stranieri, e l’amore che mostrava loro, furono stupiti. Daniele chiese il permesso di salire, Simeone lo accolse, lo benedisse e gli disse che avrebbe sofferto molto per la fede. L’abate di Daniele morì dopo poco tempo, e i monaci avrebbero voluto Daniele come successore, Daniele accetta. Ma poi esercita il nuovo incarico solo per poco tempo: preferisce viaggiare in Siria e Palestina, dove incontra altri anacoreti. Tornò a far visita a san Simeone, fermandosi quattordici giorni nel monastero vicino alla colonna. Poi partì per la Terra Santa, ma a causa delle guerre che infuriavano in quella zona, raggiunse invece Costantinopoli, dove si costruì un eremo in un tempio abbandonato a Filempora, in cui visse per nove anni, sotto la protezione del patriarca sant’Anatolio. Quando viene a sapere che lo stilita san Simeone il Vecchio è morto, nel 459, Daniele decide di essere in qualche modo suo “erede”: va a vivere alla sua stessa maniera. E starà così per sempre. A 50 anni Daniele è famoso, autorevole e gode di una stima diffusa e condivisa, a tal punto che la corte imperiale e il Patriarca di Costantinopoli vogliono entrambi offrirgli una colonna. E così ne edifica due, affiancate ad Amplesa (Turchia), vicino alla capitale. In quel momento Daniele non è ancora prete; lo diventa mentre è “lassù”. Da quell’altura scende solo una volta quando, alla morte di Leone I, Basilisco usurpò il trono imperiale e sostenne gli eretici di Eutichiano. Il patriarca di Costantinopoli, Acacio, chiese aiuto a Daniele, e il vecchio eremita scese “con difficoltà, a causa del dolore ai piedi, e fu accolto con gioia ed eccitazione dalla folla che lo portò sulle spalle”. Basilisco si recò dal santo, presentandosi come un “semplice soldato” e promettendo di annullare gli ordini emessi a favore dell’eresia. Daniele lo rimproverò severamente e ritornò al suo “eremo” delle due colonne, sull’altura denominata poi “colle dei miracoli”. A 84 anni, dopo aver celebrato la Messa a mezzanotte sul suo pilastro, si accorse che stava morendo. Fu mandato a chiamare il patriarca Eufemio, e Daniele morì nel 493 e fu sepolto nell’oratorio ai piedi della colonna dove aveva vissuto per 33 anni e 3 mesi.