a cura di don Riccardo Pecchia.
Oggi 16 settembre si festeggiano i santi Cornelio e Cipriano, sono ricordati dalla Chiesa in questo stesso giorno, la commemorazione di questi due martiri è antica, Cornelio, 21º papa della Chiesa cattolica, fu eletto papa nel 251 e governò la Chiesa solo per due anni; fu difeso da san Cipriano nello scisma rigorista di Novaziano, prete romano che lo accusava di cedimenti nella questione dei lapsi, cioè degli apostati caduti che ritornavano alla Chiesa senza però volersi sottoporre alla penitenza, accontentandosi di “certificati” di riconciliazione loro concessi dai “confessori” della fede. Non si sa nulla delle sue origini, ma forse apparteneva alla grande famiglia dei Cornelii. Dopo la peste che si abbatté sull’impero romano nel 252-254 e di cui furono accusati i cristiani per aver provocato la collera degli dèi, l’imperatore Gallo scatenò una persecuzione, che però fu benigna, perché Cornelio fu esiliato a Civitavecchia (Centumcellae, il porto di Roma) dove morì nel giugno del 253. Fu sepolto nelle catacombe di san Callisto a Roma. Cipriano, nato a Cartagine verso il 210, fino ai 25 anni aveva esercitato la professione di retore e di avvocato, poi si convertì e fu battezzato nella Pasqua del 246. Morto il vescovo Donato, egli fu eletto a succedergli nella sede metropolitana di Cartagine, che aveva il primato su circa 150 vescovi. Fu coinvolto anch’egli nella disputa sui lapsi e dovette lottare contro il prete Novato (sostenitore dell’antipapa Novaziano) e contro il diacono Felicissimo (che aveva eletto come antivescovo Fortunato), i quali avevano consumato lo scisma. Cipriano riunì nel 252 il concilio di Cartagine che condannò i due, e papa Cornelio ne approvò la scomunica. Ci furono invece degli screzi con papa Stefano, durante un altro concilio a Cartagine nel 256, sul ri-battesimo degli eretici e degli scismatici, ma la questione fu poi risolta pacificamente da Sisto II. Cipriano morì durante la persecuzione di Valeriano; prima esiliato a Curubis e, dopo il ritorno a Cartagine, nuovamente processato, fu decapitato il 14 settembre 258.
16 settembre: santa Eufemia, nacque a Calcedonia in Bitinia nel 288, essendo figlia di nobili, secondo la tradizione i genitori erano il senatore Filofrone e Teodosia, ricevette una buona educazione, sempre secondo le regole di vita cristiane a cui la famiglia faceva riferimento. Durante la persecuzione di Diocleziano, a soli 15 anni, fu fatta arrestata, dal proconsole dell’Asia Prisco, assieme ad altri quarantanove cristiani che avevano rifiutato di immolare una vittima alla divinità pagana del dio Marte. Come gli altri fu torturata, ma restò sempre fedele ai suoi ideali spirituali rifiutando di compiere il sacrificio. Subì atroci tormenti: fu percossa con bacchette di ferro, legata alla ruota dove le furono spezzate le ossa, ma liberata guarì prontamente, fu calata in una fornace di pece, vi erano due angeli a proteggerla, uscì dalla fornace illesa i lodando il Signore. Prisco ostinato, più che mai, le fece attaccare ai piedi dei pesi per smembrarla, ma avendo superato, la santa, anche questa tortura; così il 16 settembre del 303 fu gettata nell’arena di Calcedonia tra quattro leoni e tre orsi. Secondo la tradizione, essi la uccisero ma, mangiatone la sola mano destra, rifiutarono di divorare il resto del corpo, intuendo la sua santità. Nel momento che Eufemia spirò ci fu un terremoto, la gente fuggì, così il padre e gli altri fedeli riuscirono a recuperare il corpo e a proteggerlo sino all’Editto di Costantino, con il quale veniva riconosciuta la religione cristiana. Morì a Calcedonia il 16 settembre 303.
16 settembre: san Giovanni Macías, nacque a Ribera del Fresno (Spagna) il 2 marzo 1585, Juan rimase in breve tempo orfano di entrambi i genitori e fu accolto, insieme ad una sorellina, in casa di un parente, facendo il pastore nelle terre degli zii, poi diventa garzone, passando da una fattoria all’altra. Fin da allora ci fu una presenza particolare accanto a lui: san Giovanni Evangelista. Egli si mostrò a lui come un bambino della sua età, lo consolò per la morte dei genitori e gli promise la sua guida costante, lo aiutò anche nella custodia del gregge. Soprattutto inculcò nel giovane l’ispirazione a mettersi alla sequela di Cristo, a dare testimonianza della sua fede, a diventare un missionario andando lontano dalla sua terra, là dove Dio gli avrebbe manifestato il luogo stabilito dalla sua Provvidenza. Per questo, verso i 15 anni, Juan si mise in cammino senza affatto sapere quale sarebbe stata la meta. Lasciò il suo paese e si mise a servizio di qualche padrone di mandrie, girando varie località dell’Estremadura (Guadalcanar, Jerez, Siviglia ecc.) e dell’Andalusia, fin quando giunse a Siviglia. Tornò al paese nativo, nel 1613, per ritirare il certificato di Battesimo per poter emigrare nelle Indie, in quel Nuovo Mondo dove tanti spagnoli cercavano ricchezze, fama, avventure e troppo pochi erano i missionari. Nel 1619 partì per il Perù e dopo quattro mesi e mezzo di estenuante viaggio, giunse alla Città dei Re, Lima. Trova lavoro in un mattatoio con una buona paga, e può mandare qualche aiuto alla sorella, che vive poveramente in Spagna. Giovanni matura la decisione della scelta del suo stato: il 3 gennaio 1622, a 37 anni, entra, come fratello laico, tra i Domenicani del convento di Santa Maria Maddalena, nella Provincia di San Giovanni Battista. Passò l’anno di Noviziato in compagnia di fra Paolo della Carità, portinaio, e col suo esempio cominciò la vita d’orazione per sei o sette ore, di giorno e di notte, e la pratica della penitenza e della carità verso i poveri, emise la sua professione dei voti nel 1623. Si dedicò ai lavori più umili, fu portinaio, e si distinse per la sua opera in favore di poveri e ammalati, chiedeva a quanti bussassero al convento l’elemosina per comprare ai poveri cibo e medicine, ma poiché non aveva sempre il tempo di farlo, addestrò un asino che andasse in giro da solo, così il popolo poteva mettere cibo e vestiti per loro nelle ceste. Ma la compassione dell’umile frate non si fermava ai bisogni materiali; egli mostrava d’essere un uomo evangelico, che insegnava a quanti avvicinava la dottrina della salvezza; che sapeva ascoltare, correggere, esortare e mettere le persone tribolate sulla via della guarigione spirituale. Tutta questa sua opera di bene aveva origine nella sua continua preghiera, nella devozione alla Madonna, nella fede umile ed incrollabile che la vita che conduceva era il modo di essere missionario voluto dalla bontà di Dio per lui. Morì il 16 settembre 1645 a Lima.