Oggi 21 gennaio la chiesa celebra sant’Agnese, nacque a Roma nel 290-293, da genitori cristiani, di una illustre famiglia patrizia, la gens Clodia, nel III secolo. Quando era ancora dodicenne, scoppiò una persecuzione e molti furono i fedeli che s’abbandonavano alla rinuncia. Agnese, che aveva deciso di offrire al Signore la sua verginità, fu denunciata come cristiana dal figlio del Prefetto di Roma che si era invaghito senza essere ricambiato, avendo la giovane fatto voto di castità a Gesù. Dopo il rifiuto della ragazzina, il padre del giovane, saputo del voto di castità, le impose la clausura fra le vestali, con le quali avrebbe dovuto rendere culto alla dea che
proteggeva la città di Roma. Al rifiuto di Agnese, il prefetto l’avrebbe fatta rinchiudere in un postribolo. Qui però nessun cliente aveva osato toccarla, tranne un uomo che la tradizione religiosa vuole accecato da un angelo bianco, cui però successivamente, per intercessione della stessa Agnese, Dio rese la vista. La tradizione agiografica racconta anche che Agnese, accusata di magia, fu a quel punto condannata al rogo, ma le fiamme si divisero sotto il suo corpo senza neppur lambirlo ed i suoi capelli crebbero tanto da coprire la sua nudità. Dopo questo “miracolo” Agnese fu allora trafitta con colpo di spada alla gola, nel modo con cui si uccidevano gli agnelli. Per questo nell’iconografia è raffigurata spesso con una pecorella o un agnello, simboli del candore e del sacrificio. La data della morte non è certa, qualcuno la colloca il 21 gennaio 305, all’età di 12 anni.
21 gennaio: sant’Epifanio di Pavia, nacque a Pavia intorno al 439 da Mauro e Focaria, indicati da Ennodio come appartenenti alla più illustre aristocrazia pavese, ma i cui nomi suggeriscono un’origine più modesta. Sin da bambino fu destinato alla carriera ecclesiastica e studiò in una scuola istituita dalla curia pavese. A soli 8 anni il ragazzo entrò a far parte dei lettori della chiesa pavese, suddiacono a 18 anni. Quando era suddiacono, dette prova di controllo di sé e di capacità di perdono in occasione di un attentato compiuto contro di lui da un certo Burco, un laico che aveva una vertenza col clero di Pavia. Ordinato diacono a 20 anni, dimostrò senso di giustizia e capacità amministrative quando fu incaricato della gestione dei benefici vescovili e della distribuzione delle elemosine. Crispino, fattosi anziano, raccomandò Epifanio come suo possibile successore a un’assemblea di nobili riunita in Milano: alla morte di quel presule Epifanio fu consacrato, a neppure 30 anni, in Milano dal suo metropolita, vescovo di Pavia, malgrado non tutto il clero pavese ne approvasse la nomina. Il suo magistero si caratterizzò nel senso di una certa vicinanza agli strati popolari e a un forte ascetismo, ispirato, forse, alle pratiche del monachesimo gallico. È plausibile un influsso da parte del cenobio monastico di Lérins, in Gallia, dove Epifanio si recò in visita nel 474. Epifanio, in sintonia con gli orientamenti di Lérins, mostrò inoltre un’apertura e una disponibilità al dialogo nei confronti delle popolazioni germaniche. Ciò spiega il suo importante ruolo di mediatore durante il tramonto dell’Impero Romano d’Occidente e l’inizio del regno degli Ostrogoti. Nel 472, Epifanio si recò a Roma per appianare il contrasto fra il generale di origine sveva Ricimero e l’Imperatore d’Occidente Antemio, ma non poté evitare lo scontro militare fra i due e la conseguente morte di Antemio. Più fortunata fu la missione diplomatica che Epifanio condusse in Gallia per conto del nuovo Imperatore, Giulio Nepote: incontrò infatti il Re dei Visigoti Eurico e ottenne una regolarizzazione delle relazioni fra i Visigoti e Roma. Negli anni successivi Giulio Nepote dovette lasciare l’Italia, costretto alla fuga da Oreste, che fece nominare Imperatore il proprio figlio Romolo Augustolo. Seguì la rivolta delle truppe fedeli a Odoacre, che uccisero Oreste e deposero Romolo Augustolo, ponendo fine all’Impero d’Occidente. In tali circostanze, Epifanio riuscì a imporre il mantenimento della calma a Pavia, coinvolta negli scontri, e, successivamente, ottenne benefici per la comunità pavese da Odoacre. Durante la guerra fra Odoacre e Teodorico Epifanio riuscì a mantenersi equidistante. Dopo la vittoria di Teodorico, si recò a incontrarlo a Ravenna e guadagnò la sua stima e fiducia. Teodorico, anzi, lo inviò, a Lione, come ambasciatore presso Gundebado, re dei Burgundi, già alleato di Odoacre, per ottenere il rilascio dei prigionieri fatti da quel sovrano nella Liguria durante l’incursione compiuta nel 590-591. Il vescovo accettò l’incarico e, con l’aiuto del vescovo di Torino Vittore, riuscì a ottenere il rilascio di 6.000 prigionieri senza dover pagare riscatto. Fu questa la missione più brillante di Epifanio, che mediò un accordo fra Gundebado e Teodorico e fece liberare migliaia di italici trattenuti come schiavi dai Burgundi. Nel 497 Epifanio si recò di nuovo presso Teodorico per negoziare alcuni sgravi fiscali per la comunità pavese. Durante il viaggio di ritorno si ammalò di polmonite, fu trasportato nella sua Pavia dove, morì il 21 gennaio 498, all’età di 58 anni e dopo 30.
21 gennaio: sant’Albano Bartolomeo Roe, nacque a Bury Saint Edmunds (Inghilterra) 20 luglio 1583, fu allevato nella fede protestante e, insieme al fratello James, si convertì al cattolicesimo ed entrambi entrarono nell’Ordine di san Benedetto. Fu convertito al cattolicesimo dalle risposte di un carcerato cattolico che egli voleva convertire al protestantesimo. Lasciò allora il suolo patrio e si laureò in teologia nel Collegio Inglese di Douai in Francia, che il futuro cardinale Guglielmo Allen aveva fondato nel 1568 appunto per la formazione dei giovani sacerdoti da inviare poi nella loro patria per tentare di convertire nuovamente coloro che avevano abbracciato l’anglicanesimo; per la stessa ragione era stato trasformato in seminario nel 1578 l’antico Collegio Inglese di Roma, auspice sempre l’Allen, e che si meritò il titolo di Seminarium martyrum: tutti sapevano che il ritorno di quei giovani preti in Inghilterra equivaleva a una sentenza di morte. Egli aveva un’interessante atteggiamento: non era solo contento di strappare la gente alla strada sbagliata, ma voleva anche assicurarsi che essi fossero osservanti. Egli fu espulso nel 1610 a causa del suo carattere «Noi consideriamo che il detto Bartolomeo Roe non sia adatto del tutto agli scopi di questo collegio a causa del suo disprezzo per la disciplina e verso i suoi superiori e per il suo fuorviare alcuni giovani che vivono nel collegio ed anche un gran pericolo nel condurre fuori strada gli altri e quindi decidiamo che lui sia estromesso dal collegio». Roe non se ne andò senza far storie, ma utilizzò la sua considerevole intelligenza per organizzare una campagna contro le autorità. Pare che un significativo numero di monaci lo abbia visto come una specie di eroe e abbia riportato le sue richieste al presidente. Ciò gli permise successivamente nel 1613 di entrare nella comunità benedettina di San Lorenzo a Dieulouard in Lorena e fu vi ordinato sacerdote nel 1615. Non vi sono notizie che egli abbia combinato guai a Dieulouard. Fu uno dei membri fondatori della nuova comunità benedettina inglese a San Edmund, vicino a Parigi, quindi il suo nome divenne fra Albano di San Edmund. Dopo l’ordinazione raggiunse la missione e iniziò l’attività a Londra, ma vi fu presto arrestato ed espulso dall’Inghilterra. Egli ritornò in Inghilterra nel 1618 e fu incarcerato fino al 1623, quando il suo rilascio e la sua nuova cacciata in esilio furono organizzati dall’ambasciatore di Spagna, Gondomar. Non si diede per vinto, e dopo appena pochi mesi tornò in Inghilterra. Tradito, fu nuovamente chiuso in carcere, per 17 anni, dove esercitò il ministero sacerdotale tra i compagni di sventura. Dopo qualche tempo gli fu concesso il permesso di uscire liberamente dalla prigione, ed egli se ne valse per darsi all’apostolato. Nel 1641 fu trasferito nella prigione più severa di Newgate, qui aveva una continuo afflusso di visitatori, uno dei quali introdusse clandestinamente il necessario per consentirgli di celebrare la Messa in cella. Fu scoperto e condannato a morte. Salì sul patibolo il 21 gennaio 1642.