a cura di don Riccardo Pecchia
Oggi 5 luglio la chiesa celebra sant’Antonio Maria Zaccaria, nacque a Cremona nel 1502, da una famiglia di antica nobiltà cremonese. Rimasto orfano di padre la sua educazione venne curata dalla madre che, pur essendo appena diciottenne, rinunciò a seconde nozze per dedicarsi completamente all’educazione del figlio del quale curò particolarmente la formazione religiosa. Della sua infanzia si hanno pochissime notizie, la prima notizia certa è che nel 1520 si trasferì a Padova per studiare filosofia e medicina. Pochi giorni prima di partire fece testamento rinunciando a tutti i suoi beni in favore della madre. Nel 1524, dopo essersi laureato, tornò a Cremona dove, invece di esercitare la professione medica, su consiglio di un misterioso padre domenicano, intraprese il cammino spirituale. Nei giorni festivi, iniziò a radunare, nella chiesa di San Vitale, dapprima bambini a cui teneva lezioni di catechismo, poi anche adulti, con i quali meditava sulle Scritture. Sempre su indicazione della sua guida, poco dopo iniziò gli studi ecclesiastici. Sotto la guida dei domenicani, iniziò a studiare la Bibbia, i santi padri e i dottori della Chiesa. Il 20 febbraio 1529 ricevette l’ordinazione sacerdotale. Da sacerdote, continuò la sua attività di formazione spirituale in San Vitale. Il gruppo dei suoi ascoltatori si trasformò in uno dei tanti oratori di riforma che si stavano diffondendo in quel periodo. Fra i suoi seguaci va ricordata una sua lontana parente, Valeria degli Alieri, la quale, dietro suo suggerimento, radunò nella sua casa un gruppo di ragazze, che, dopo la morte di lui, chiesero di costituirsi in monastero di Angeliche. Oltre alla formazione e alla direzione spirituale, si dedicò a un’intensa azione caritativa verso i poveri e gli ammalati, specialmente in occasione della peste del 1528. Poco tempo dopo lasciò Cremona per trasferirsi a Guastalla dove diventò il cappellano della contessa Ludovica Torelli. Nel 1530, insieme alla nobildonna, si trasferì a Milano, dove entrò in contatto con la confraternita dell’Eterna Sapienza. Qui Antonio Maria conobbe i due nobili milanesi Giacomo Antonio Morigia e Bartolomeo Ferrari, insieme ai quali, alla fine del 1532, decise di abbracciare una vita religiosa più perfetta formando una nuova congregazione di sacerdoti basata sulla vita in comune e sui tradizionali voti di castità, povertà e obbedienza, ma non vincolata dalle impaccianti strutture degli antichi Ordini per una maggior aderenza ai bisogni del tempo. La comunità prese il nome di Congregazione dei Chierici Regolari di San Paolo (barnabiti). Nel suo appassionato impegno di rinnovamento, Antonio Maria prende come modello l’apostolo Paolo, si appropria della sua dottrina cristologica, ne segue le orme. Nel 1535 veniva approvata da Paolo III la comunità religiosa femminile, le “Angeliche”, formata dalle dame che aveva raccolto intorno a sé la contessa Ludovica Torelli. Dal 1536 Antonio Maria si dedicò con particolare fervore alla restaurazione della pietà popolare ed alla predicazione. Specialmente importante è la sua attività per la diffusione della devozione delle Quarant’Ore come adorazione perpetua solenne dell’Eucarestia con turni continui di chiesa in chiesa. Istituì a Milano una società “dei maritati di San Paolo” per i laici, uomini e donne, che nello stato matrimoniale miravano ad una maggior perfezione. Nella primavera del 1539 tornò a Guastalla come paciere tra fazioni di cittadini in lotta: qui si ammalò, indebolito dalle penitenze e dagli strapazzi. Aggravandosi il male si fece trasportare alla fine di giugno nella città natale di Cremona dove dopo pochi giorni morì, assistito dalla madre e dai confratelli. Morì il 5 luglio 1539, a 37 anni.
5 luglio: sant’Atanasio l’Atonita (al secolo Abraamios), nacque a Trebisonda (attuale Trabzon, Turchia) nel 920 circa, in una famiglia dell’alta aristocrazia bizantina originaria di Antiochia. Orfano in giovane età, venne allevato da una parente della madre, sposa di una delle persone più importanti della città. Completò i suoi studi a Costantinopoli dove divenne professore. Conobbe e divenne grande amico di Michele Maleinos, egumeno (abate) di un monastero situato sul monte Kyminas in Bitinia. L’incontro con il santo monaco fece nascere nel giovane professore la vocazione e si ritirò nel monastero retto da Michele, assumendo il nome di Atanasio; nel monastero conobbe Niceforo Focas, futuro imperatore di Bisanzio. La sua vocazione eremitica lo portò a isolarsi completamente, portando con sé oltre alle vesti solo due libri e il cappuccio da monaco del suo maestro. Si rifugiò sul Monte Athos che era già abitato da molti eremiti. Qui l’amico Niceforo lo ritrovò nel 960 e lo convinse a partire per una campagna di guerra contro i Saraceni a Creta. In ricordo della vittoria, Atanasio accettò i fondi necessari per costruire una chiesa dedicata alla Santa Vergine sul Monte Athos a cui fece seguito nel 963 la costruzione del monastero della Grande lavra che ancora oggi ospita i monaci eremiti. Questo monastero incorporò diverse skita. Questo si ottenne in mezzo a molte polemiche sorte tra gli anacoreti della Santa Montagna, per un certo periodo Atanasio abbandonò, nel 963, il monte ritirandosi a Cipro. Una visione lo fece tornare sulla Santa Montagna dove divenne egumeno della Grande Lavra e dove compose il typikon (la regola del cenobio), regola che si rifaceva a santi monaci san Teodoro Studita e san Basilio Magno. L’imperatore Giovanni I Zimisce, avvertito delle polemiche che accompagnavano il lavoro di Atanasio, inviò l’ispettore Eutimio a controllare quanto avveniva: questi approvò la riforma di Atanasio e l’imperatore la ufficializzò con una crisobolla (o Bolla d’oro) nel 971. Confortato e sostenuto dalla corte Atanasio riprese con grande vigore l’opera di costruttore di monasteri, facendosi muratore e carpentiere. La morte lo colse mentre con altri cinque monaci tentava di sollevare l’architrave di una chiesa in costruzione, che si abbatté sui monaci provocando la morte dei costruttori. Morì il 5 luglio 1000.
5 luglio: Servo di Dio Rafael Cordero Molina, nacque a San Juan (Porto Rico) il 24 ottobre 1790, da una famiglia povera. Rafael ricevette il sacramento della Cresima, a 14 anni, dal vescovo Juan de Alejo Arizmendi, primo vescovo nativo dell’isola, e cresciuto fino a vivere come un devoto cattolico. Nel 1820, la sorella maggiore, Celestina, fondò la prima scuola per le ragazze sull’isola. Nel 1810, Rafael apre la sua prima scuola elementare nella sua casa di San Juan, dove impartiva lezioni gratuite ai bambini che, essendo in tempi di schiavitù, non potevano permettersi di frequentare la scuola, a prescindere dalla razza o condizione sociale. Il suo amore per la letteratura e la sua determinazione ad insegnare ed educare se stesso, era autodidatta, lo hanno aiutato a sviluppare le competenze e la preparazione per insegnare presso la scuola elementare. Oltre ad apprendere le competenze di base, Rafael ha insegnato le dottrine del cristianesimo ai suoi discepoli, la religione di cui era molto devoto. Buon insegnante, la fama era tale che, nel corso degli anni anche le famiglie bianche ricche hanno cominciato a mandare i loro figli a studiare con lui. Fino a soli otto giorni prima della sua morte, Rafael ha dato lezioni ai suoi discepoli. Morì il 5 luglio 1868, a 78 anni.