Oggi 6 gennaio: Epifania del Signore, è una festa cristiana celebrata dodici giorni dopo il Natale, il 6 gennaio. Il termine deriva dal greco antico, verbo ἐπιφαίνω, epifàino (che significa “mi rendo manifesto”, apparizione). Sin dai tempi di san Giovanni Crisostomo il termine assunse una significato aggiuntivo, associato alla Natività di Gesù Cristo. Alcuni documenti di Tito Flavio Clemente d’Alessandria, un teologo del 150 d.C., attestano che le prime comunità cristiane d’Alessandria d’Egitto, i basilidiani, costituite dallo gnostico Basilide, pochi anni prima, celebravano la Natività di Gesù, e con essa anche l’Epifania come la “manifestazione del Signore al mondo”, il 15° giorno del mese di Tybi dell’antico calendario alessandrino, che corrisponderebbe al nostro 6 gennaio. A partire dal III secolo circa, le comunità cristiane del Vicino Oriente associarono il termine Epifania ai tre segni rivelatori di Gesù Cristo, e cioè: l’adorazione dei Magi, il battesimo di Gesù adulto nel fiume Giordano, ed il primo miracolo di Gesù avvenuto a Cana di Galilea. L’Epifania del Signore è la sua manifestazione, la rivelazione alle genti di tutto il mondo del bambino nato a Betlemme e incontrato da Israele attraverso i pastori. Alla mangiatoia giungono infatti anche dei Magi, cioè dei sapienti, dei cercatori di Dio non appartenenti al popolo dei credenti nel Dio unico, a Israele; essi provengono dalle terre d’Oriente. La nascita di quel bambino nelle campagne di Betlemme, da una famiglia di poveri, attrae questi Magi, perché l’incarnazione del Figlio di Dio era il modo con cui Dio stesso desiderava unirsi a ogni uomo e a tutta l’umanità. Il Re d’Israele, il re che sta sul trono di David, è anche l’atteso da tutte le genti; per incontrarlo, però, quei sapienti devono salire a Gerusalemme, e ascoltare le Sacre Scritture che contengono le promesse di Dio custodite dal popolo santo. La venuta dei Magi a Betlemme è la risposta dell’umanità al Dio che ha voluto venire in mezzo a noi per essere l’Emmanuele, il Dio-con-noi. Essi trovano indicazioni e segnali per la loro ricerca nel cielo stesso, attraverso una stella che, nel suo sorgere, li mette in viaggio verso un luogo ignoto: una cometa, una stella che li guida verso l’incontro con colui che era tanto atteso. Il bambino nato a Betlemme appare oggi come un dono di Dio a tutta l’umanità e, insieme, come l’atteso da tutta l’umanità, anche da quanti non conoscono la fede dei credenti nel Dio unico.
6 gennaio: san Carlo da Sezze (al secolo Giancarlo Marchionne), nacque a Sezze (Latina) il 19 ottobre 1613, dopo una istruzione di base, sicuramente elementare, Giancarlo si rifiutò di proseguire gli studi a causa di un non meglio specificato incidente con il maestro ed allora venne avviato dai genitori a fare il pastore e poi il contadino. Contro il parere dei genitori e dei parenti che lo avrebbero voluto sacerdote, preferì, per spirito di umiltà, fare il religioso converso. Entrò nel convento dei Frati Minori Riformati di Nazzano il 18 maggio 1635; nel 1637 emise la professione religiosa con il nome di frate Carlo da Sezze. Giunto a Ponticelli Sabino (Rieti) nel 1637 per la questua dell’olio rimase deluso dal pessimo stato di conservazione del Santuario tanto da pregare di non dovervi rimanere a lungo. Al contrario l’obbedienza lo destinò a questo convento dove rimase per un solo anno. A Ponticelli svolse mansioni di cuoco e di ortolano e scrisse il secondo libro della sua autobiografia. Carlo ebbe da Dio doni straordinari, tra i quali, in particolare, quelli del consiglio e della scienza infusa. Laici, sacerdoti, religiosi, vescovi, cardinali e pontefici si giovarono dell’opera del Frate di Sezze. Una mattina d’ottobre del 1648 mentre Carlo partecipava a Messa nella Chiesa di San Giuseppe a Capo le Case in Roma, proprio al momento dell’elevazione un raggio luminoso partito dall’Ostia Santa lo ferì al cuore. Colpito da malattia morì il 6 gennaio 1670 nel convento di San Francesco a Ripa in Roma.
6 gennaio: san Giovanni de Ribera, nacque a Siviglia (Spagna) il 20 marzo 1532, il padre, Pedro Afán de Ribera, era il viceré di Napoli. Restò orfano di madre in tenera età e crebbe privo dell’amore materno. Fu, da fanciullo, destinato alla carriera ecclesiastica e ricevette la tonsura all’età di 12 anni. Dopo gli studi umanistici, si iscrisse all’Università di Salamanca e, alla cattedra di illustri prelati, conseguì la laurea in teologia. Divenne sacerdote nel 1557 all’età di 25 anni al tempo del Concilio di Trento. Il 27 maggio 1562, a 30 anni, papa Pio IV lo nominò vescovo di Badajoz. Qui si dedicò con tutta l’anima a predicare la dottrina cattolica ed a contrastare il movimento protestante. Si dedicò così ad un’incessante attività apostolica che durò tutta la vita. Ebbe grande attenzione per i poveri ai quali destinò molto del proprio patrimonio. Nel concistoro del 30 aprile 1568 san Pio V lo promosse Patriarca di Antiochia e il 3 dicembre 1568 fu nominato arcivescovo di Valencia. A Valencia si donò senza sosta alla vita pastorale, curando la cultura e la morale del clero e del popolo, visitando frequentemente tutte le parrocchie della sua grande Diocesi, restando per qualche tempo nell’ambiente e adattandosi a tutte le situazioni. Fu molto esigente con se stesso, accentando molti sacrifici. Fu uomo di intensa preghiera e molto devoto dell’Eucaristia. Aprì opere sociali strutturate, ma si prestò molto anche per catechesi nelle pubbliche piazze. Lottò per arginare la piaga del brigantaggio. Ebbe molto lavoro per rendere possibile la convivenza tra Cristiani, Ebrei e Musulmani. Morì il 6 gennaio 1611 all’età di 79 anni.
6 gennaio: san Pier Tommaso, nacque a Salles-de-Belvès (Francia) nel 1305 circa. Il padre era un contadino; Pietro andò a studiare a Monpazier, vivendo di carità e con l’insegnamento ad altri giovani. Successivamente andò a Agen e di nuovo nel 1325 ritorno a Monpazier. Attratto dall’Ordine Carmelitano, studiò un anno a Leitor e, a 21 anni, entrò nell’ordine, facendo il noviziato a Bergerac. Si fermò due anni a Bergerac, passando poi a Agen e Bordeaux. Insegnò poi logica e filosofia in Albi e fu insegnante anche a Parigi. Tornò in Aquitania nel 1345, quando fu eletto procuratore generale dell’ordine; dopo aver terminato gli studi teologici a Parigi, dove aveva conseguito il titolo di maestro nel 1348, si portò alla corte di papa Clemente VI ad Avignone e fece l’orazione funebre al suo funerale. Conosciuto per le sue abilità diplomatiche e la sua oratoria, cercò di aiutare i papi avignonesi come loro rappresentante, cercando di risolvere i divergenze tra i re cristiani, di compiere l’unificazione della Chiesa cattolica e ortodossa al fine di combattere i musulmani. Nel 1352 fu legato papale durante le trattative di pace tra Genova, Venezia e Milano. Nel 1354 fu nominato vescovo di Patti e Lipari e fu il rappresentante del papa alla incoronazione di Carlo IV di Lussemburgo come re d’Italia a Milano. Nel 1356 fu in Serbia per cercare di pacificare il conflitto tra Venezia e l’Ungheria. Tra il 1357 e il 1359 fu inviato a Costantinopoli, dove ricevette il sostegno dei nobili e dello stesso Giovanni V Paleologo per l’unificazione delle chiese cattolica e ortodossa. Nell’occasione compì un viaggio a Cipro ed un pellegrinaggio in Terra Santa, tornando poi in Sicilia e Cipro. Nel 1359 fu nominato Delegato alla Chiesa universale d’Oriente e vescovo di Corone (Peloponneso) e gli vennero anche affidate delle truppe con la missione di combattere i turchi; Pietro Tommaso si alleò con Venezia, Cipro e i cavalieri dell’Ordine di Malta. A Cipro incoronò Pietro I come re di Gerusalemme. Pietro Tommaso concepì a questo punto l’idea di una nuova crociata e si diresse nei paesi dell’Europa occidentale per cercare appoggi ed aiuti; durante il viaggio approfittò per fare da mediatore in un conflitto tra Milano e Roma. Nel 1363 fu nominato arcivescovo di Candia, nel maggio 1364 Patriarca latino di Costantinopoli e legato pontificio di Urbano V, succedendo al cardinale Hélie de Talleyrand-Périgord. Nello stesso anno fondò la Scuola di Teologia presso l’Università di Bologna. Con Pietro I di Cipro partecipò alla crociata contro la città di Alessandria nel mese di ottobre del 1365, città che fu presa ma subito abbandonata, temendo un contrattacco turco. La tradizione dice che durante un assalto il vescovo fu colpito da una freccia e che morì a Cipro tre mesi dopo, il 6 gennaio 1366, così da apparire come un martire. In realtà Pietro Tommaso tornò a Famagosta (Cipro), ma mentre si preparava per un viaggio a Roma, si ammalò e morì nel convento carmelitano della città.