Il dolore di questi giorni per la morte di Giulia ha commosso un’intera nazione. Mai come questa volta la morte di una giovane donna ha lacerato di dolore una intera comunità. Forse perché la giovane età la rende figlia di tutti, nostra figlia.
É l’ennesima vittima di femminicidio, di una sorda e violenta società che non sa tutelare la donna, il gioiello più prezioso che custodisce.
L’omicidio di Giulia ci impone di riflettere sulla violenza di genere e sul rischio di una normalizzazione dei comportamenti violenti nelle relazioni di coppia. Siamo assuefatti alla violenza. Siamo anestetizzati dalla vita sempre più permeata dalla dimensione digitale. In questo luogo muoiono i segnali di dolore e di elaborazione del lutto non risolti. Qui si confondono le vite irrisolte, i legami non guariti.
La morte di Giulia é un progetto, un esercizio di potere che elabora una relazione dove non è pensabile la separazione ed il fallimento. Allora sembra chiaro che la radice di questo omicidio é la relazione malata e tossica non della coppia, ma quella primaria con la madre. Nella famiglia e nelle relazioni parentali nasce il delitto che avverrà.
Non sappiamo separarci dalle figure ingombranti. Diventiamo dunque carnefici altrove per elaborare un distacco in differita. Ma senza vivere l’omicidio simbolico e il lutto del distacco non nasciamo a nuova vita.
Giulia è stata colpevole del fatto che ha rotto l’ordine precario che reggeva il mondo di Filippo. È stata responsabile, con il suo viaggio attraverso l’emancipazione, di aver lacerato la maschera che consentiva a Filippo di sopravvivere alla madre. Inconsapevole Giulia si è consegnata al delirio di morte che costruiva il mondo di Filippo.
Se Giulia non fosse stata sola, se avesse avuto un luogo di incontro e d’ascolto dove condividere paure e e incertezze, si sarebbe salvata. Forse, forse e l’unica parola che riusciamo a dire perché siamo sempre altrove dalla vita, dalle relazioni, dagli ascolti, dalle condivisioni. Giulia ci urla la nostra assenza dalla vita. Il nostro non essere comunità.
Fa rumore il suo silenzio.
Nunziata Napolitano