di Pierluigi Perretta
Se dovessi scegliere una storia per attrarre l’attenzione degli spettatori, riempendo l’intervallo tra il primo ed il secondo tempo di una partita di calcio, sceglierei di raccontare come si forma un campione. Ho provato a farlo intervistando una campionessa del mondo del mio paese, Cecilia Cristina Di Laora. L’atleta savianese, infatti, dopo la brillante vittoria ai campionato italiani di Ju Jitsu dello scorso anno, si è laureata campionessa del mondo, categoria cadetti, di pankration, una sorta di lotta greco-romana, nei mondiali svoltisi a Mosca ad ottobre 2018. Cecilia, classe 2003, era già stata campionessa d’Europa di pankration nella specialità palesmata (cioè di difesa a due), torneo svoltosi a Loutraki, in Grecia, dal 6 al 9 ottobre 2017 e valevole per il quinto campionato europeo di questa disciplina.
Quali sport pratichi e quali titoli hai vinto ai recenti mondiali di pancrazio?” Il pancrazio è diviso in due grandi categorie, quella dimostrativa e quella di combattimento. Nel combattimento ho fatto il primo posto, mentre nella dimostrazione ho fatto un secondo ed un terzo posto. Fin da quando avevo sei anni ho iniziato a praticare judo, uno sport giapponese di difesa personale. Negli ultimi anni ho aperto anche gli orizzonti verso il ju jitsu ed il pancrazio. Negli ultimi campionati italiani di judo mi sono classificata settima. Lo Judo è uno sport olimpico e per questo è molto più affollato, il pancrazio lo è stato all’inizio, fino a quando per motivi religiosi legati al cristianesimo è stato bandito, in quanto riconducibile ad una visione panteistica. Allo studio vi è il riconoscimento della disciplina da parte dell’Unesco, una volta avvenuto il quale, il pancrazio potrebbe rientrare tra le discipline olimpiche.
Quali sono i motivi che ti hanno portato a praticare lo judo? Mio padre insegnava arti marziali in una palestra e fin da piccola questo mi piaceva. Mi attirava però anche ballare e da piccola facevo entrambe le cose. Poi un bel giorno ho deciso di non voler fare più danza, trovando maggiore divertimento nella frequentazione della palestra, dedicandomici sempre di più fino a quando, crescendo, ho iniziato a fare le gare agonistiche. La prima vittoria l’ho conseguita in una competizione regionale. Poi ho iniziato a partecipare ai campionati italiani e questo ambiente mi è iniziato a piacere sempre di più, fino a non poterne fare più a meno.
Il racconto della tua esperienza di sport non è quello di una semplice praticante a livello amatoriale ma di una campionessa mondiale. Vuol dire che c’è in te qualcosa di più della norma. Citando Federico Buffa, gli sportivi di altissimo livello devono avere due qualità: un’ossessione funzionale che permette loro di applicarsi allo sport per cui si sentono portati ed un impressionante desiderio di rivalsa. Senti di avere queste qualità? Personalmente io credo che non si smetta mai di migliorarsi ed io voglio migliorarmi sempre di più, quindi continuerò ad andare avanti, avendo capito che ho le capacità per ottenere determinati risultati, che però potrò ottenere soltanto con costanza e sacrificio.
Lo sport agonistico genera uomini e donne estremamente esigenti e competitivi. Si cerca in continuazione di essere migliori di quello che si è già. Sei soddisfatta di te stessa o cerchi effettivamente questo continuo miglioramento ? Il mio continuo allenarmi e sacrificarmi ha come obiettivo il miglioramento di me stessa, come persona e come atleta. Non mi sento mai arrivata in qualsiasi cosa che faccio.
Dopo una vittoria in un campionato del mondo quali altri obiettivi ti prefiggi? Qual è la spinta che ti da gli stimoli per questi “estenuanti, faticosi e continui allenamenti” (per citare tuo padre Gennaro). L’apice delle mie aspettative future è sicuramente focalizzato sullo judo, puntando ad ottenere un risultato importante nel campionato italiano. Finire almeno tra i primi cinque vorrebbe dire suscitare le attenzioni a livello dei vertici della categoria. Nel ju jitsu invece punto alla partecipazione ad un campionato europeo o mondiale, previsto nel prossimo novembre. Per quanto al pankration spero solo di continuare a mantenere gli standard già raggiunti.
Il segreto di molti campioni è riuscire a restare soli. Il tempo che dedichi allo sport ti allontana effettivamente dalle amicizie e crea momenti di solitudine? La solitudine è sempre qualcosa difficile con cui convivere ma sapendo da piccola che volevo fare questo percorso, ogni volta che faccio nuove conoscenze chiarisco questo aspetto. Chi mi vuole bene e pensa di potermene volere in un rapporto futuro, deve sapere che per me c’è prima la palestra. Sono spesso da sola in quanto le persone le vedo solo dove le circostanze mi portano a vederle, ad esempio a scuola. La solitudine però non mi indebolisce ma mi rafforza perché le persone che mi vogliono veramente bene mi accettano per come sono, dimostrando quanto tengano a me.
Come riesci a conciliare gli impegni sportivi con quelli scolastici. Ho buoni risultati scolastici, applicandomi molto di mattina dato che non ho molto tempo per studiare al pomeriggio. Ho scelto un indirizzo musicale che mi impegna per dieci ore pomeridiane settimanali, oltre le lezioni private di chitarra. La maggior parte dei giorni esco da scuola alle 17 o alle 18 e qualche giorno vado direttamente in palestra.
Che rapporto hai con il tempo che sottrai alla vita sociale? In una classe di trenta persone sono riuscita a legare soltanto con due, ma con un legame molto forte, che comunque non mi risparmia da qualche lamentela per i miei periodi di assenza, ed ogni volta devo stare lì a spiegare quanto conti per me l’attività sportiva. Fino a quando sarò contenta e felice di fare quello che sto facendo non avrò ripensamenti, quindi potrò pure perdermi tante esperienze adolescenziali dei miei coetanei, ma fintantoché starò bene con me stessa allenandomi, non avrò né rimorsi né rimpianti.
Che progetti hai a lungo termine, quando finirà la tua carriera sportiva. Ho scelto il liceo musicale proprio per gettare le basi per un lavoro in questo ambito, che curo con altrettanta passione, suonando il basso in un gruppo, coltivando il sogno di diventare in futuro insegnante di educazione musicale
Pierre De Coubertin, il padre delle olimpiadi moderne, aveva notato che dopo l’ultima guerra la gioventù francese non aveva più il vigore che gli era appartenuto al tempo delle guerre napoleoniche. Così immaginò la disciplina sportiva come uno strumento per farglielo riacquistare. Cioè lo sport non sarebbe solo un passatempo per tenere gli esseri umani in forma, sei d’accordo? Io penso che i falsi miti della società moderna (la ricchezza, la bellezza ed il potere) sono obiettivi solo effimeri, perché una persona può pure avere tanti soldi, può essere bella e può avere una famiglia perfetta, ma se pure hai tutto questo ed in cuor tuo sai che ti avrebbe realizzato maggiormente fare un’altra cosa rispetto alle scelte che hai fatto, beh io preferisco rinunciare a tutto pur di vivermi appieno ciò che volevo fare.
In che rapporto sei con il paese in cui vivi? Devo purtroppo rilevare che finora, nonostante i miei successi a livello nazionale ed internazionale, ho riscontrato poco interesse dei miei compaesani in quello che faccio. Quest’anno, invece, sono stata favorevolmente sorpresa dall’accoglienza riservatami al rientro dai campionati mondiali di Mosca. In particolare ringrazio Gabriele Pierro per il bellissimo servizio video che ha ripreso e montato dopo la vittoria mondiale ed Ottavio Benvoluto, segretario dell’ASC Saviano e Nestore Nappi, presidente dell’ASD Running Saviano, per le belle parole spese nei mie confronti. Mi auguro che in tanti si interessino a ciò che faccio anche per il futuro, perché per ogni competizione a cui partecipo, la Federazione italiana contribuisce solo per l’alloggio e l’iscrizione, mentre gli altri costi, specie quelli di viaggio, sono a mie spese. Mi auguro pertanto di ricevere sia dall’amministrazione comunale che dalle associazioni sportive un aiuto per ottenere qualche sponsorizzazione che mi supporti nel raggiungimento dei miei obiettivi futuri.
Io credo che lo sport sia una macchina d’ispirazione. I grandi sportivi non sono quasi mai degli esempi da seguire, ma danno molto spesso la forza ai più deboli per farcela, indicando i veri valori di riferimento per il successo nella vita.