Pietro Orlandi, il fratello di Emanuela, conduce uno speciale sulla storia della sorella, che inaugura la serie “Scomparsi”, su canale Crime+Investigation.
Emanuela Orlandi, negli occhi di tutti, è come in quella foto in bianco e nero: col sorriso e una fascetta tra i capelli lisci e neri. È l’immagine dei manifesti che tappezzavano Roma nel 1983, quando si persero le sue tracce. Non è passato un giorno, nemmeno uno, da quel 22 giugno, senza il quale suo fratello, Pietro Orlandi, abbia smesso di cercare verità e giustizia per quella scomparsa, annoverata tra i grandi misteri della storia italiana.
Emanuela aveva 15 anni, ma Pietro ha sempre saputo che non si è mai trattato di una sparizione adolescenziale, un colpo di testa, la ribellione fisiologica di chi sta crescendo.
Sarà proprio lui a raccontare la storia della sorella. In prima persona, come non è mai stato fatto. Lo farà domenica 14 gennaio alle 21 nel corso di uno speciale intitolato “Il caso Orlandi” che introdurrà la serie “Scomparsi”, in onda dal 23 gennaio su Crime+Investigation, canale 118 di Sky.
La data scelta per la trasmissione dell’approfondimento non è un caso: il 14 gennaio 2018 cadranno i 50 anni dalla nascita di Emanuela. Quasi trentacinque ne sono trascorsi dall’ultimo contatto. Una telefonata alla sorella, subito dopo essere uscita dalla scuola di musica che frequentava, in piazza Sant’Apollinare, a Roma. Emanuela era dotata di talento musicale, e quel giorno, come di consueto, era uscita da una lezione di tre ore. Chiamò la sorella – è la penultima di cinque fratelli figli di un commesso della Prefettura della Casa Pontificia – per parlarle di un lavoro che le era stato proposto. Promozione di cosmesi per donne, di quegli ingaggi che spesso vengono proposti a giovani donne che studiano. La sorella le consigliò di tornare a casa per parlarne con la madre, prima di accettare. Ma a casa, Emanuela, non è mai più tornata.
Da allora, le cronache raccontano un caso fitto di telefonate, testimonianze, archiviazioni e riaperture del caso, vicende che hanno coinvolto il Vaticano e la criminalità organizzata. Ipotesi, prove, piste seguite e poi abbandonate. Fino all’ultimo aggiornamento, opera del cronista Emiliano Fittipaldi, che nel libro inchiesta “Gli impostori” ha riportato un dossier nel quale si parlerebbe di un “allontanamento domiciliare” per Emanuela.
“Sembra che il Vaticano abbia trovato la piccola rapita chissà da chi e che abbia deciso di ‘trasferirla’ in Inghilterra, a Londra; in ostelli femminili” ha dichiarato il giornalista all’Adnkronos, lo scorso settembre. Ma, ancora una volta, la speranza s’incaglia e gli ostacoli di chi potrebbe sapere, sono disseminati su una strada perigliosa.
“Per noi, il caso Orlandi è un caso chiuso: abbiamo già dato tutti i chiarimenti che ci sono stati richiesti”, risponde monsignor Angelo Becciu, sostituto della Segreteria di Stato vaticana, quando i familiari di Emanuela chiedono di riaprire le pratiche della sua scomparsa.
Ma Pietro non si ferma, né mai lo farà. Per lui, il caso della sorella, non sarà chiuso fino a quando la verità non verrà a galla.
Non importa che non ci siano indagini in corso. Ha da poco presentato una nuova denuncia di scomparsa proprio alla Gendarmeria Vaticana. Quando scomparve infatti, la denuncia fu fatta all’ispettorato competente sul territorio italiano, ma mai in Vaticano. “Emanuela è una cittadina vaticana e la nostra speranza è quindi che il Vaticano apra un fascicolo – ha spiegato l’avvocato Laura Sgrò, legale di Pietro Orlandi – denunciamo anche la trattativa intercorsa tra la magistratura italiana e la Segreteria di Stato Vaticana, volta a risolvere il problema mediatico della sepoltura di De Pedis in cambio di informazioni su Emanuela”.
“Emanuela non è mai stata dimenticata: ma per molti, troppi, non è così”: per questo Orlandi in “Scomparsi”, in onda dal 23 gennaio (ogni martedì alle 22), metterà la sua voce al servizio delle storie di chi, un giorno, non è più tornato a casa. Delle famiglie che hanno vissuto la lacerante sensazione di non sapere dove si trovino i loro cari e della sensazione di abbandono che hanno provato quando i riflettori della cronaca si sono spenti, come spesso succede, per riaccendersi su un altro caso ancora. Ogni giorno, in Italia, scompaiono circa 3 persone, per un totale di oltre 37mila scomparsi dal 1974 ad oggi.
Pietro Orlandi, come un investigatore, delicato come può essere solo chi sa cosa si prova, ha percorso l’Italia per parlare con famiglie, amici e parenti di persone scomparse, per ricostruirne le storie e fare in modo che quelle testimonianze non vengano dimenticate.
Quelle di padri e madri che ricordano “il sorriso, il sorriso che mi è rimasto negli occhi”: come quello di Emanuela.