Si sente parlare sempre più della legalizzazione della marijuana in alcuni Paesi e dell’uso terapeutico o del THC suo principale principio attivo. Per questo presupposto i ricercatori hanno condotto diversi studi per comprendere meglio come agisca sull’organismo e quali effetti possano avere l’uso dei cannabinoidi anche e soprattutto al di fuori dell’ambito terapeutico. Secondo un nuovo studio dell’Università San Lucas di Bethlehem in Pennsylvania, presentata nella sessione scientifica 2016 dalla “Associazione americana del cuore”, si è scoperto che l’uso di marijuana può raddoppiare il rischio di cardiomiopatia da stress oltre a poter causare gravi complicazioni cardiache e cardiovascolari. Queste complicanze possono anche essere causa di morte sia tra i giovani che gli adulti o le persone di mezza età. L’uso attivo della marijuana è stato identificato dalle informazioni fornite dal paziente nella anamnesi medica o da un marcatore nelle urine del paziente. “Gli effetti della marijuana, specialmente nel sistema cardiovascolare, non sono ancora ben noti. Con la crescente disponibilità e legalizzazione in alcuni Stati, la gente ha bisogno di sapere che la marijuana può essere dannosa per il cuore e per i vasi sanguigni in alcune persone”, ha spiegato Amitoj Singh, co-autore dello studio e capo del reparto di cardiologia presso l’Università San Lucas.
La cardiomiopatia da stress è improvvisa, solitamente produce un temporaneo indebolimento del muscolo cardiaco che riduce la capacità del cuore di pompare sangue, causando dolore al torace, respiro corto, vertigini e, occasionalmente, svenimento. Questa scoperta inattesa meritava di essere ulteriormente analizzata, soprattutto in considerazione che l’uso medico della marijuana è diventato più prevalente e alcuni governi stanno legalizzando il suo utilizzo. I ricercatori hanno analizzato le gravi complicanze cardiovascolari emerse a seguito dell’uso di marijuana che sono state segnalate tra il 2003 e il 2011. L’analisi dei dati ha permesso di identificare alcune condizioni cardiovascolari e vascolari legati a cuore. Nello specifico, i dati stimati riguardano 33,343 pazienti ospedalizzati con cardiomiopatia da stress, di questi, 210 (meno dell’uno per cento) sono stati identificati come consumatori di marijuana. Confrontando i dati, i ricercatori hanno trovato che tra i pazienti, i consumatori di marijuana erano di sesso maschile, con un’età media di 34,3 anni, con meno fattori di rischio cardiovascolari, meno pressione sanguigna alta, diabete e colesterolo alto. Tuttavia, pur essendo più giovani e di avere meno fattori di rischio cardiovascolari rispetto ai non consumatori, durante la cardiomiopatia da stress, avevano significativamente più probabilità di andare incontro ad un arresto cardiaco (2,4 per cento contro 0,8 per cento) richiedendo l’ausilio di un defibrillatore per rilevare e correggere i ritmi pericolosamente anormali del cuore (2,4 per cento rispetto a 0,6 per cento). La percentuale delle segnalazioni di complicanze cardiovascolari è più che triplicata tra il 2003 e il 2011. E diversi pazienti sono morti. I ricercatori sottolineano, che l’uso di marijuana e le eventuali complicazioni di salute risultanti sono probabilmente sottostimate, visto che i consumatori di queste sostanze sono milioni e spesso fanno parte di un sottobosco non facilmente identificabile. Le persone pensano che la marijuana sia innocua, ma questo nuovo studio ha scoperto i potenziali pericoli per la salute dal consumo di marijuana che devono essere diffusi tra il pubblico, i responsabili politici e gli operatori sanitari. Ci sono ora prove convincenti sul crescente rischio di effetti avversi cardiovascolari associati alla marijuana, soprattutto nei giovani.E’ quindi importante che i medici, tra cui i cardiologi, siano consapevoli di questo, e considerino l’uso di marijuana come una delle possibili cause nei pazienti con disturbi cardiovascolari..