È accaduto tutto nella prima serata. Teatro della tragedia il ponte a Soverato prospiciente l’area sulla quale un tempo sorgeva il campeggio Le Giare, dove nel settembre del 2000, a causa di un alluvione, morirono 13 persone. I tre tredicenni, tutti di Petrizzi, un centro dell’entroterra poco distante, stavano giocando nei pressi dei binari. Giochi di ragazzi, magari un pò azzardati, ma niente di realmente trasgressivo. I ragazzi, ad un certo punto, avvertono i rumore di un treno in arrivo e nella mente di uno dei tre scatta l’idea assurda: perché non scattarsi un selfie con lo sfondo del treno in velocità che sta per passare, cercando di stare, tra l’altro, il più possibile vicini ai binari? L’idea, malgrado la sua assurdità, piace. E così i tre ragazzi si collocano sui binari e si posizionano in modo tale da fare vedere, nell’autoscatto, il convoglio in arrivo a forte velocità. Qualcosa però non funziona nel gioco perverso che é stato messo in atto. Uno dei tre non fa in tempo a lasciare i binari e viene investito in pieno dal convoglio. La morte del ragazzo é istantanea. Mentre il macchinista blocca il treno, i due compagni del tredicenne, per paura delle conseguenze del loro gioco assurdo, scappano. I carabinieri della Compagnia di Soverato, giunti sul posto insieme alla Polizia ferroviaria, cercano di ricostruire quanto é accaduto. Compito non facile nella fase iniziale delle indagini. La verità si scopre soltanto dopo che i due tredicenni fuggiti vengono rintracciati. Il loro racconto sulla dinamica di quanto é successo e sui motivi della morte del loro coetaneo lascia attoniti gli stessi investigatori. Morire per un selfie e per un gioco assurdo in una serata che doveva essere di gioco e di spensieratezza. Può accadere anche questo ad un ragazzo con tutta la vita davanti a sé ma figlio di un tempo in cui si può perdere il senso di qualsiasi limite di comportamento.