Settembre, il ritorno all’ordinario, l’anno si riavvolge. Un ordinario eppur dotato di un’eleganza sistematica, molto più di quanto ci lasciamo alle spalle. Come se dei mesi trascorsi di quest’anno fino ad ora prendessimo solo le parti migliori, quelle più precise – quelle meglio incise della nostra memoria – per andare a costituire un mese senza sbavature. Questo è settembre. Prendere il meglio della nostra vita e rimetterlo in ordine, disfare le valigie e innaffiare fuori al balcone radici sospese e distanti dal giardino bagnato. Appuntare su un diario ognuno dei nostri impegni, per qualcuno appuntare anche gli affetti. Tra le tante cose che rimetto in ordine, allora, c’è anche il concerto del 9 Settembre al Palazzo Caravita di Sirignano con Jeff Ballard, Lionel Loueke e Chris Cheek – The Jeff Ballard Trio – concerto che apre il calendario di Pomigliano Jazz 2016.
Jeff Ballard è un batterista californiano classe ’63, è accompagnato da Chris Cheek al sassofono, anche lui squisitamente americano, nato a St.Louis in Missouri, e Lionel Loueke alla chitarra, di origini beninesi (per chi non lo sapesse, il Benin è un sottilissimo stato dell’Africa stretto tra Niger, Nigeria, Togo e Burkina Faso).
Pomigliano Jazz da alcuni anni ha aggiunto fra le sue location luoghi inconsueti come i conetti vulcanici di Pollena Trocchia e alcuni palazzi nobiliari come il Palazzo Caravita, che fu costruito in epoca normanna e che dopo essere passato di mano in mano, venne restaurato nel 1884 appunto dal principe di Sirignano Giuseppe Caravita.
Come arrivo nella Piazza Principessa Rosa di Sirignano, il concerto è iniziato da pochi minuti. Mi ritorna subito in mente il sapore delle note di Duke Elligton risentite alcuni mesi prima in Mood Indigo – La schiuma dei giorni, con la sua Chloé, un film francese piuttosto particolare, che chi non se lo va a cercare difficilmente vedrà per caso. Chloé, che è Audrey Tautou, è l’incarnazione di una canzone di Duke Ellington. Mi ritornano alla mente un matrimonio nel Nord della Francia e il castello di Fougères. Da lontano Sirignano sembra un altro luogo mai visitato prima, e accedendo da una strada che porta direttamente al lato del palco, gli alberi della piazza si innalzano come una rivelazione imponente d’altri tempi. Inoltre subito avverto in questo trio molto degli artisti che più di una volta ho sentito dal vivo e ai quali più sono legata: Uri Caine, con cui in effetti Jeff poi ci dice di aver suonato appena qualche settimana prima, Brad Mehldau con i suoi luoghi sconfinati, l’energia di Mike Stern, ma non solo, sempre dello stesso “giro”, quello del miglior jazz in circolazione attualmente, ci sono anche Dave Douglas, Pat Metheny, Kurt Rosenwinkel. Insomma, Jeff Ballard suona quel jazz che riesce a smuovere anche un animo sempre un po’ diffidente come il mio, che non si sbilancia. Ciò che mi colpisce di loro non è solo l’ottimo suono – un’esibizione di un livello decisamente elevato, di quelle che in questi tempi di crisi, difficilmente capita di assistere a titolo gratuito – ma anche il fatto che Jeff Ballard parla molto bene l’italiano e sembra perfettamente a suo agio nella cornice che gli è stata preparata, come se si trovasse a casa.
E in effetti, Jeff è a casa. A esibizione terminata ci spiega che sua moglie è originaria di Mondragone, e che anche lui come noi ama la mozzarella (qual è la prima cosa alla quale pensate se qualcuno vi dice Mondragone?). Ci parla del suo tour, parliamo un po’ di Uri Caine e degli altri artisti in circolazione. Così, tra una serata a Berlino (11 Settembre, all’A-Trane International Jazz Club) e una al Blue Note di Milano (20 settembre, 32€ alla porta), “in mezzo” c’è anche Sirignano, un paese che forse per qualche tempo c’eravamo anche dimenticati che esistesse. E poi Amburgo, Basilea, Girona, San Francisco. Il concerto purtroppo finisce anticipatamente a causa di alcune gocce di pioggia, delle quali neanche mi sarei accorta e che in fondo trovo il minimo prezzo da pagare per quest’autunno che entra.
Ora, io, a Sirignano ovviamente c’ero già stata, anche moltissime volte, abitando comunque a una manciata di chilometri di distanza da qui. E’ un paese che si trova di fronte all’uscita dell’autostrada di Baiano, molto ben posizionato anche per chi viene da fuori. Giungendo al concerto, però, l’ho già detto e mi ripeto, ho avuto come l’impressione di essere in un posto nuovo, o in un luogo che non ricordavo, in un sogno che avevo già fatto. Palazzo Caravita era illuminato di rosa e brillava dal fondo della strada come uno chateau della Loira, la piazza, gremita di persone, aveva un gusto nuovo, francese. Gli alti alberi probabilmente secolari, la fontana monumentale al centro della Piazza Principessa Rosa, gli abiti delle persone in questo piccolo feudo che in effetti passando di mano in mano era stato anche sotto il dominio angioino, tutto era adorno di quell’eleganza di settembre di cui vi parlavo. Così annoto tutto, perché è nella mia natura, di ciò che si trova nella piazza. La fontana monumentale al centro, costruita negli anni ’70 dell’800, era anche detta dei “maravuòttuli”, poiché era adornata di piccoli rospi in ghisa che purtroppo sono andati perduti. Un termine singolare, maravuòttulo, che mi aveva a volte colpito e che associavo più alla campagna che a una piazza del genere, che sembrava dipinta per fate e principesse. Chissà che non siano diventati tutti dei principi, questi rospi in ghisa? Questa serata è anche un evento sociale. Celebra il ritorno a casa, i vestiti puliti, ma celebra anche passione autentica, per il jazz, per la fotografia, per la storia, per un sacco di cose, di tutti i presenti.
Ricordo di molti anni prima, quando proprio nei pressi di Sirignano visitai uno splendido giardino all’italiana, e di qualche anno dopo, quando partecipai alla festa di un’amica che aveva anche lei una splendida casa antica con un piccolo giardino dello stesso genere, così che adesso ripensandoci dico che forse era una principessa e noi che la vedevamo solo tra i banchi di scuola non lo sapevamo. Era un’idea che non ci aveva neanche sfiorato prima di allora. Nessuno ci aveva pensato che fosse una principessa? Che appartenesse ad un mondo che svaniva allontanandosi da Sirignano? Quella mi sembrò una festa, proprio come questo concerto, molto più autentica ed elegante di tante altre alle quali avevo partecipato, che erano impersonali e tutte uguali fra loro, ricche solo di boria provinciale. Ecco cosa mi colpì di Sirignano e dei suoi abitanti già molto tempo fa: un paese discreto che non si mette in mostra, che sta lì, in disparte, senza arroganza. Forse mi sbaglio, ma preferisco non saperlo e rimanere con questi ricordi. Certamente nella Piazza della Principessa Rosa al concerto di Jeff Ballard l’atmosfera era piuttosto diversa da quella del concerto degli Alunni del Sole di qualche giorno prima, dove anche ero stata, e in cui Sirignano aveva dimostrato una certa ospitalità che già avevo notato in altre occasioni.
Quello che voglio dire è che se l’aria era straordinariamente perfetta in Piazza Principessa Rosa il 9 Settembre non è perché Sirignano manchi di genuinità, ma piuttosto perché non ha solo quella. Ha anche una chiesa del 1300, la Chiesa di Sant’Andrea Apostolo (citata nei documenti del 1310), l’Oratorio del Santissimo Rosario della prima metà del ‘700 che la Confraternita del Santissimo Rosario utilizzava per riunirsi in preghiera e per la sepoltura, e un po’ di altre cose. E’ così che un luogo vecchio nei nostri ricordi e non solo antico rimane intriso d’un fascino nuovo. Anche questa, un’idea che non ci aveva mai sfiorato prima di allora. Che sorprende, si riordina da sola e resta ferma nella memoria.
Valentina Guerriero