Il modello francese, niente vapore di sigaretta elettronica nei luoghi pubblici, potrebbe valere presto anche in Italia. Il Consiglio superiore di sanità (Css) è pronto a replicare la decisione del ministero della Salute francese che nei giorni scorsi ha imposto il divieto di “svapare” negli uffici, nei luoghi di lavoro, al ristorante e nei cafè. I tecnici del Css giudicano quel documento “importante” e a rafforzare questa idea è stato anche il parere espresso dall’Agenzia del farmaco che, tuttavia, vorrebbe fare di più ed equiparare la sigaretta elettronica con nicotina a un medicinale, quindi da vendere solo nelle farmacie. Decisioni che alla fine potrebbero non modificare di molto le abitudini dei 500.000 svaporatori abituali che secondo l’Istituto superiore di sanità già ci sono in Italia. Il divieto, infatti, resta per il momento quello dell’articolo 51 della legge 3 del 2003, anche noto come “legge Sirchia”, che si applica per tutte le sostanze “fumate” ed emesse in un luogo chiuso. La decisione che riguarda l’uso farmacologico restebbe, intanto congelata in attesa della riforma della Direttiva europea sui prodotti derivati dal tabacco che potrebbe indicare il limite di 2 o 4 mg come concentrazione massima di nicotina nei liquidi vendibili liberamente e comunque non arriverà prima dell’anno prossimo. Limiti ed eventuali nuove tasse potrebbero toccare, in ogni caso, soltanto i liquidi con nicotina, mentre l’hardware, la “sigaretta elettronica”, in senso stretto, resta un dispositivo soggetto alla direttiva 2001/95 CE sulla sicurezza generale dei prodotti e un altro paio di direttive che riguardano da vicino le apparecchiature elettriche ed elettroniche.