Il senatore Cosimo Sibilia, vice-presidente della Settima Commissione Istruzione pubblica, beni culturali, ricerca scientifica, spettacolo e sport del Senato, è intervenuto questa mattina in Aula a Palazzo Madama a nome del Pdl sulla “Conversione in legge del decreto-legge 8 agosto 2013, n. 91, recante disposizioni urgenti per la tutela, la valorizzazione e il rilancio dei beni e delle attività culturali e del turismo”. Un provvedimento di notevole importanza, soprattutto per quanto riguarda il futuro del sito archeologico di Pompei.
Di seguito l’intervento in Aula.
“Signor Presidente, Onorevoli Senatori, Rappresentanti del Governo, il provvedimento in esame ha sicuramente un impatto notevole sulla legislazione di settore, in quanto è uno dei pochi atti normativi organici in materia di beni culturali. Giova ricordare la genesi del testo, che è stato approvato l’8 agosto scorso in Consiglio dei Ministri e segue di circa due settimane il sopralluogo che la 7a Commissione del Senato ha svolto a Pompei: c’è stata dunque una forte attenzione delle istituzioni nei confronti del comparto che necessita di norme di favore tanto per promuovere la tutela e la valorizzazione, quanto per incentivare il rilancio in termini turistici ed economici. Fatta questa premessa di contesto, e tenuto conto della condivisione circa il carattere strategico del provvedimento, è evidente che l’impianto dell’articolato risente di alcune scelte di fondo dell’attuale Ministro, su cui il Gruppo PDL ha mostrato ampia apertura ma al contempo un atteggiamento di “laica critica”. Detto atteggiamento è motivato anzitutto dall’esigenza di costruire un’impalcatura normativa stabile ed effettivamente migliorativa, nella consapevolezza che il patrimonio culturale è anzitutto un bene comune. Accanto dunque alla necessità di apportare dei correttivi al testo nell’ottica di rafforzare le misure in esso previste, abbiamo però manifestato un certo disagio in Commissione nei confronti dei meccanismi di copertura prescelti, che a nostro avviso confliggono con l’obiettivo di carattere più generale di sostenere l’economia del Paese. E’ innegabile, infatti, che la situazione del sito di Pompei, la digitalizzazione del patrimonio attraverso l’impiego di giovani tirocinanti, la prosecuzione di interventi già avviati su importanti opere, lo sviluppo delle biblioteche e degli archivi, il supporto ai giovani artisti contemporanei, le agevolazioni fiscali per la musica e il cinema, la semplificazione delle procedure per lo spettacolo dal vivo, il rilancio delle fondazioni liriche e la defiscalizzazione dei contributi dei privati rappresentano in se delle azioni non più procrastinabili, in quanto costituiscono, nell’insieme, il cuore dell’attività del Dicastero stesso. Tuttavia, fanno da contraltare l’appesantimento su altri settori vitali dell’economia, come il fondo “paga imprese” degli enti locali e le accise su oli, fumo e carburanti. Ciò ha motivato le richieste di approfondimento reiterate in Commissione, senza che ciò inficiasse l’opinione favorevole verso il testo nella sua interezza. Profili critici permangono ad esempio sull’articolo 1, che ridisegna la gestione del sito di Pompei, su cui la 7a Commissione ha lavorato alacremente anche la scorsa legislatura, approvando una dettagliata risoluzione a conclusione di un affare assegnato. La soluzione “accentratrice” proposta nel decreto e imperniata sulla figura del “direttore generale di progetto” di fatto commissaria nuovamente la struttura amministrativa, che ha invece invocato spesse volte “continuità”: spetterà dunque al Governo garantire un “passaggio di consegne” che non interrompa il percorso intrapreso con il Grande progetto Pompei, ma che renda concreti gli impegni assunti dall’Italia su scala europea e internazionale. Su questo articolo, la Commissione ha lavorato proprio per dettare indicazioni più precise ai nuovi soggetti coinvolti nella gestione dell’area archeologica. Un cenno particolare va indubbiamente anche all’articolo 8, riguardante il tax credit cinematografico. La Commissione ha sempre sostenuto in maniera trasversale l’introduzione, seppur transitoria, delle agevolazioni fiscali per il cinema, caldeggiando il rinnovo alla scadenza di ogni triennio. Parimenti si è espressa unanimemente quando si è trattato di sollecitare un intervento più incisivo in occasione del cosiddetto “decreto-legge del fare”, in cui la proroga delle disposizioni di defiscalizzazione era prevista solo per un anno e con un ammontare ridotto. Il nostro Gruppo il Popolo della Libertà- presentò allora specifiche proposte emendative volte ad incrementare le risorse e a renderle quantomeno triennali. Non si può dunque non esprimere soddisfazione per il carattere permanente attribuito ora a tali norme, che hanno fino ad ora avuto un buon riscontro e hanno sostenuto un’importante impresa italiana, considerato che il cinema è un segmento culturale ma anche imprenditoriale. Un altro tema costantemente all’attenzione della Commissione è senz’altro il risanamento delle fondazioni lirico-sinfoniche, su cui già il precedente Governo Berlusconi, con il ministro Bondi, tentò un’azione strutturale. Anche in questo caso, il Gruppo ha presentato delle proposte emendative volte fra l’altro a caratterizzare meglio la figura del sovrintendente, che rappresenta il perno dell’attività di tali enti. E’ indubbio che gli enti lirici, salvo alcune eccezioni, non riescono a far fronte a tutte le spese, sia per gli oneri del personale, sia per una contrattazione integrativa per anni rimasta senza controllo; la risposta che si offre nel decreto punta a sostenere economicamente il risanamento delle fondazioni, purchè sia però anche incentivata la sana gestione, onde non penalizzare proprio quegli organismi che hanno innescato un circuito virtuoso. Un cenno positivo merita infine anche l’articolo 12, sulle donazioni di modico valore (fino all’importo di euro cinquemila) destinate ai beni e alle attività culturali. La semplificazione burocratica a vantaggio dei cittadini che vogliono investire nel patrimonio culturale è senz’altro un aspetto di rilievo, anche se si sarebbe potuto compiere un ulteriore atto di coraggio, consentendo la piena deducibilità di tali erogazioni, proprio nell’ottica di rendere il privato pienamente partecipe della gestione della cosa pubblica. In conclusione, non può non apprezzarsi lo sforzo di trattare finalmente i beni culturali come un settore portante, meritevole di attenzione specifica, anche se le aperture contenute nel provvedimento mancano delle risorse più consistenti, che lo avrebbero reso indubbiamente più corposo senza penalizzare altri comparti dell’economia”.