“Diciannove marzo: Oggi il Vesuvio ha eruttato. È stato lo spettacolo più maestoso e terribile che abbia mai visto. Ventidue marzo: Raggiunta San Sebastiano, sembrava incredibile che tutta quella gente potesse aver voluto vivere in tal posto”. È la cronaca dell’ultima spaventosa eruzione del vulcano partenopeo registrata dall’allora direttore dell’Osservatorio Vesuviano Giuseppe Imbò. Quello del 18 marzo 1944, è considerato il più rilevante tra i recenti “risvegli” del gigante. Come si legge dai racconti dell’epoca nessuno si accorse delle prime avvisaglie dell’eruzione, nessuno volle forse darvi peso, dopo la semina di morte che erano stati i bombardamenti che avevano assillato e devastato la popolazione. Il 18 marzo la colata lavica comincia la sua inarrestabile discesa verso i paesi vesuviani: prima Massa di Somma e San Sebastiano vengono divorati dalla lava. Non passano che poche ore e la terra inizia a tremare con ripetute e frequenti scosse sismiche. Il Vesuvio si è svegliato e comincia a sputare lingue di fiamme e di lava alte 2 chilometri, un spettacolo terrificante. Il 29 marzo è tutto finito. Napoli è stata risparmiata da quel devastante episodio eruttivo, nell’hinterland napoletano si piangevano 47 morti.