Sabato 28 gennaio, alle ore 21, nell’auditorium del centro Asi della cittadina irpina torna il teatro, con la compagnia Punta Corsara che mette in scena lo spettacolo “Il Cielo in una stanza”, scritto da Armando Pirozzi e Emanuele Valenti, a cui è affidata anche la regia teatrale, e interpretato da Giuseppina Cervizzi, Christian Giroso, Vincenzo Nemolato, Valeria Pollice, Emanuele Valenti, Gianni Vastarella. Voce registrata Peppe Papa. Una produzione Fondazione Teatro di Napoli – Teatro Bellini e 369gradi.
Domenica 29, alle 17.30, invece, nel complesso monumentale di Santa Chiara, nel Centro storico di Solofra, largo ad Ascolti Emotivi, sezione curata da Alfredo Micoloni, che proporrà brani scelti di Lisa Gerrard (Melbourne, 12 aprile 1961), cantante, musicista e compositrice australiana, Dead Can Dence (Melbourne, Australia, in attività dal 1981 al 1998), duo musicale word-fusion anglo-australian composto da Lisa Gerrard (contralto) e Brendan Perry (baritono) e Jocelyn Pook (Birmingham, 14 febbraio 1960), compositrice, pianista e violista britannica.
“Il cielo in una stanza”, scritta da Gino Paoli e interpretata di Mina nel 1960, è la canzone di un amore che abbatte le pareti di una stanza, il racconto di una storia comune, nata in un luogo intimo, privato, come la propria casa. Se però questa casa crolla, cosa resta del sogno romantico, cosa resta della giovane coppia che l’ha sognato e cosa diventa quel luogo che il crollo ha portato via? Se quella che ‘non ha più pareti ma alberi infiniti’ è una stanza del 1960, allora sarà parte di un edificio degli anni immediatamente precedenti, quelli anni ’50, magari a Napoli, in cui, proprio attraverso la costruzione e distruzione di case e parti di città, si avviava un processo di trasformazione sociale, secondo un piano regolatore delle esistenze che guardava al futuro e irrimediabilmente stravolgeva le identità conosciute.
Partendo da fonti diaristiche e fatti di cronaca, dall’emigrazione in Svizzera alla speculazione edilizia, viste secondo le logiche dell’evocazione più che la cronologia degli eventi, il racconto teatrale si struttura come una rivisitazione allucinata della classica commedia Eduardiana in tre atti e comincia proprio da qui: il cielo, con il crollo, è entrato veramente nella stanza, che ora veramente ‘non ha più pareti’. E guardandoci dentro, incontriamo una comunità di personaggi che negli anni ’90 continua a vivere in questa architettura sbilenca, non riuscendo ad allontanarsi da quel che resta del palazzo.
Li incontriamo nel momento in cui vogliono fare i conti con il proprio passato e trovare un modo, costi quel che costi, per archiviarlo e ricominciare a sognare un futuro. Ammesso che questo sogno sia ancora possibile. Ma le posizioni paradossali che, come in una folle sarabanda, si trovano di volta in volta a sostenere o ripudiare, riflettono la confusione in cui turbina ogni loro ideale politico, etico, anche spirituale, e che ricorda molto da vicino il nostro disorientato presente.