di Gianni Amodeo
Tempo fermo e cristallizzato per una storia senza fine, con varie tessere a comporla, segnandola in modo confuso e indecifrabile. Il caso dei cavalcavia dell’A-16, che attraversano il territorio comunale più che imboccare la via risolutiva sembra essere finito davvero in un vicolo cieco, in cui la comunità locale e l’opinione pubblica del comprensorio intercomunale stentano a trovare il bandolo della situazione. E neanche sono emersi dalla pubblica assemblea indetta, la scorsa settimana, dal Comitato civico pro–cavalcavia elementi significativi sui percorsi praticabili per lo sblocco della vicenda, che si trascina ormai dal 5 giugno dello scorso anno; assemblea, a cui hanno partecipato imprenditori e soprattutto produttori agricoli, le cui attività risultano penalizzate dal perdurare del divieto di transito veicolare sul cavalcavia n.ro 22, a cui afferiscono sia la zona industriale sia i terreni in cui si pratica la nocciolicoltura. Un’assemblea, nel corso della quale, tuttavia, è stata evidenziata l’ipotesi di promuovere l’azione giudiziaria per i risarcimenti economici da riconoscere a imprenditori e produttori, per la condizione di danno economico, a cui sono esposti da oltre sei mesi. Un danno oggettivo, sotto gli occhi di tutti e di pubblica evidenza, accentuato ed aggravato dai disagi e dalle difficoltà per il normale svolgimento delle attività di lavoro e produzione, che rappresentano le fonti di reddito di imprenditori e agricoltori restati ormai in balìa di se stessi, senza sapere neppure a quale … santo più votarsi.
E se il profilo del danno non può essere negato né contestato di per sé, problematica e complessa appare, però, la configurazione dei soggetti istituzionali e pubblici a cui attribuire la diretta responsabilità in punto di diritto e di fatto sull’emergenza in atto. E’ una configurazione difficile, se non improbabile da ascrivere, tanto per dire, alla civica amministrazione, che per le competenze e funzioni attribuite ha seguito passo dopo passo la vicenda, fin dall’attuazione dell’ordinanza di sequestro dell’infrastruttura per la tutela della pubblica incolumità, sancita dalla Procura della Repubblica di Avellino, e nelle fasi successive, dalla richiesta al Tribunale del Riesame per il dissequestro dell’infrastruttura ai tavoli di concertazione istituzionale in Prefettura. Un percorso che indica come l’Ente di piazza Lauro abbia prestato la dovuta cura e attenzione al caso, adempiendo il proprio ruolo di servizio per la comunità cittadina. Come dire che nel Palazzo comunale non si è restati affatto inerti a fronte della situazione e sono stati compiuti tutti passi possibili, seguendo le coordinate istituzionali. E sotto questo profilo di addebiti per omissione di atti dovuti o di quant’altro di analogo, non sembra che possa esserne delineato il prospetto, per farne carico all’Ente-Comune, che appare il soggetto debole nell’intera vicenda, alla pari, più o meno, dei diretti danneggiati, quali sono gli agricoltori e gli imprenditori.
Resterebbe,allora, nel raggio dell’eventuale azione risarcitoria da promuovere, la società Autostrade per l’Italia, che gestisce l’intera rete autostradale in regime di concessione e che ha realizzato e completato a novembre scorso i lavori di consolidamento dell’infrastruttura così come prescritto dalla Procura di Avellino, con successiva richiesta oltre un mese fa di dissequestro del cavalcavia, per restituirlo all’agibilità. Richiesta, com’è noto, che non è stata accolta dal magistrato titolare del procedimento, ma con motivazioni non ancora formalizzate con notifica ufficiale – per quanto è dato di conoscere, quando questa nota è scritta- all’ Ente di piazza Lauro. Un rigetto di dissequestro, per il quale l’infrastruttura, classificata di seconda categoria, dovrebbe essere ri-costruita ex-novo; ed è d’obbligo l’uso del condizionale, dal momento che non sono state rese note –va ribadito- le motivazioni del rigetto della domanda di dissequestro. Né sul punto è dato di sapere se e che cosa intenda fare Autostrade per l’Italia e quali obblighi è tenuta ad osservare.
Forse il dato di svolta, è nella parte finale del comunicato diffuso alcune settimane fa da Euronut, un’azienda fortemente penalizzata dal blocco in atto. E’ il dato che concerne (a) l’auspicata chiusura delle indagini della Procura della Repubblica e (b) l’allestimento dei dispositivi elettronici delle pese per i controlli dei carichi in transito sul cavalcavia non superiori alle 39 tonnellate che rappresentano in sé un’entità di misura certamente ragguardevole. Di qui la richiesta di Euronut, indirizzata alle competenti Istituzioni di dare nell’immediato una condizione di normale viabilità alternativa e temporanea sia alle aziende interessate che ai produttori agricoli che in questo periodo devono procedere alle potature dei noccioleti e alle varie attività di cura dei terreni, al di là della direttrice del cavalcavia n.ro 22.
Di certo, una risposta concreta e credibile va data agli imprenditori e agli agricoltori. Una risposta di coesione. Non è ammissibile, con i tempi che corrono, penalizzare il lavoro e le produzioni del settore agricolo già in sofferenza di suo. La bussola del buon senso comune, andando oltre le tensioni delle polemiche spicciole e di pretesto fini a se stesse, può essere di sicura utilità sociale.