Un piano diabolico per eliminare il genero e riscuotere i soldi dell’assicurazione. Trama da film noir con tre protagonisti: la suocera, il suo fratellastro e un pregiudicato. Il piano viene portato a termine la sera del 5 ottobre scorso quando Girolamo Perrone, 24 anni (appena due giorni dopo il matrimonio), viene investito e ucciso sulla strada provinciale tra Adelfia e Cassano Murge.
I presunti assassini però non riusciranno a incassare un solo euro dall’assicurazione. E ora sono anche finiti in carcere dopo che le indagini dei carabinieri di Bari hanno svelato che quell’incidente nascondeva altro. Accusati di omicidio volontario la suocera della vittima, Anna Masciopinto e il suo fratellastro Vito D’Addabbo. In manette anche il pregiudicato Michele Caringella, con precedenti proprio per frodi alle assicurazioni.
L’accordo — ipotizza la Procura di Bari — era di dividersi il risarcimento che la compagnia assicurativa avrebbe pagato alla vedova, la cui posizione è ancora al vaglio dei pm. «Sono certa che sia stato tutto programmato, anche il suo matrimonio. Noi della famiglia non sapevano che si sarebbe sposato, è avvenuto tutto molto in fretta» accusa Angela Perrone, sorella del 24enne ucciso, convinta che tanto ancora dovrà essere chiarito.
Fra le stranezze emerse nel corso delle indagini c’è la polizza che Vito D’Addabbo stipula (una Rca) per la Fiat Punto, auto con la quale un paio di giorni dopo avrebbe investito il ragazzo. Un particolare che porta a pensare che l’omicidio sia stato premeditato. «Hanno lasciato mio fratello agonizzante e in coma su quella strada — dice la sorella — e ancora non capisco cosa ci facesse lì quella sera. Forse è stato portato con l’inganno».
Le zone d’ombra sono ancora tante. Quando la sera del 5 ottobre i carabinieri arrivarono sul luogo dell’incidente. Vito D’Addabbo era «in evidente stato di concitazione» e riferì di aver investito un pedone che era sbucato all’improvviso dai campi. Oltre il recinto di un vigneto i militari trovarono Perrone ormai in coma. Fu ricoverato ma morì cinque giorni dopo. «Quando abbiamo saputo che alla guida dell’auto c’era D’Addabbo abbiamo pensato che c’era qualcosa di strano — continua la sorella — abbiamo chiesto spiegazioni alla suocera ma lei diceva di non sapere nulla. Anzi, ha raccontato che quella sera hanno aspettato mio fratello fino a mezzanotte preoccupati perché non rincasava. Ma a loro non importava nulla di lui. Al suo funerale non ho visto versare una lacrima da nessuno della sua nuova famiglia e questo mi è bastato per capire che i miei sospetti erano fondati. Ora voglio che siano puniti il più duramente possibile. Mio fratello aveva una bimba di 4 anni nata da una precedente relazione che ora è senza papà. No, nessun perdono per loro». Sullo sfondo lo stato di «assoluto degrado» dei protagonisti della storia. (Corriere della Sera)