Maggiore efficacia e minore invasività per il trattamento delle ernie del disco dorsale, rare ma temibili per chi ne viene colpito.
Una tecnica chirurgica innovativa è stata sviluppata presso il Dipartimento di Neurochirurgia dell’I.R.C.C.S. Neuromed di Pozzilli (IS), per affrontare un particolare tipo di ernia del disco che, con le metodologie usate fino ad oggi, richiedeva interventi chirurgici complessi e gravati da rischi consistenti per il paziente. La tecnica, messa a punto dal Professor Sergio Paolini, è stata pubblicata sul giornale scientifico European Spine Journal e verrà presentata al Congresso Mondiale di Neurochirurgia che si terrà a Roma il prossimo mese di Settembre.
L’ernia del disco è una patologia che colpisce la colonna vertebrale a livello dei dischi che si trovano tra una vertebra e l’altra (dischi intervertebrali). La fuoriuscita di una parte del disco verso il canale vertebrale può comprimere le radici nervose o il midollo spinale, causando una serie di sintomi che possono andare dal dolore alla perdita di sensibilità o, nei casi più gravi, alla perdita del movimento. In alcuni casi è necessario ricorrere all’intervento chirurgico per rimuovere la compressione sulle strutture nervose.
La maggior parte delle ernie del disco si verifica a livello del tratto lombare o cervicale, ma nel 2% dei casi ad essere interessati sono i dischi delle vertebre toraciche, e questo dà luogo alle cosiddette “ernie dorsali”. Per esse, se si presenta la necessità di intervenire chirurgicamente, le cose sono complesse. “Le ernie dorsali sono un problema spinoso, più serio dalle ernie cervicali o lombari. L’intervento chirurgico in questi casi – spiega Sergio Paolini, Professore Associato di Neurochirurgia nell’Università La Sapienza e Neurochirurgo dell’I.R.C.C.S. Neuromed – deve tener conto della particolare sensibilità del midollo spinale nel tratto toracico. Di fatto, non possiamo toccarlo”.
Proprio per limitare le manovre sul midollo spinale e il rischio di paralisi degli arti inferiori, le ernie più delicate vengono normalmente operate attraverso il torace. “Sulle ernie calcifiche e in posizione centrale – spiega Paolini – l’indicazione alla toracotomia è indiscussa, a tutt’oggi costituisce la prima scelta. Ma significa aprire il torace e spostare organi interni per raggiungere la colonna. Un intervento pesante, che richiede più specialisti e comporta rischi non trascurabili soprattutto per i pazienti sovrappeso, i cardiopatici, gli anziani”.
La metodica sviluppata da Paolini, già applicata con successo su tre pazienti, aggira il problema. La prima parte dell’intervento è simile a quella di una normale ernia del disco e comporta una piccola incisione dietro la schiena. Successivamente, viene ricavato uno spazio di lavoro dentro la vertebra che consente di simulare, tramite l’endoscopio, il metodo di lavoro transtoracico. In pratica, l’ernia che prima era nascosta in un punto cieco, può essere visualizzata col principio del periscopio ed asportata in sicurezza, senza neanche toccare il midollo. “L’impatto sul paziente – spiega il neurochirurgo – diventa minimo, simile a quello di una normale ernia lombare. Il paziente può alzarsi il giorno dopo, se non la sera stessa, ed essere dimesso dopo pochi giorni. I risultati sono stati convincenti, al punto da spingerci ad impiegare l’endoscopio anche per patologie tumorali come i neurinomi o i meningiomi”.
La tecnica sviluppata nel Neuromed riguarda solo una piccola percentuale di pazienti affetti da ernia del disco, ma per essi potrà costituire un passo in avanti. In passato, queste persone dovevano scegliere se convivere con la propria patologia, con i rischi ad essa collegati, oppure andare incontro a un intervento invasivo, a sua volta rischioso. “E’ a loro che ci rivolgiamo. – conclude Paolini – Abbiamo ridotto al minimo l’invasività e al tempo stesso aumentato l’efficacia”.