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Successo di pubblico per la rappresentazione attualizzata dell’opera di Anton Cechov che satireggia sulla giostra esistenziale, in cui il continuo rincorrere di desideri ed aspirazioni sfocia in frustrazioni e nel nulla fare. In scena, l’eccellente e collaudato cast dello “Stabile” di Torino, con Pietro Pierobon nel ruolo di protagonista dell’opera e Beatrice Vecchione nell’incisiva e efficace interpretazione di Sonia, che ripropone “ nelle parole e nella postura l’iconografia di Greta Thunberg”.
di Gianni Amodeo.
La ”prima” nazionale è andata in scena, martedì 7 gennaio al “Carignano”, con il vivace contrappunto del retroscena svolto il giorno successivo al “Gobetti”, nel corso del quale il giovane regista ungherese Kriszta Szekely, tra i più prestigiosi nel panorama registico europeo, e gli attori della compagnia hanno dialogato con varietà di analisi e riflessioni con Federica Mazzocchi del Dipartimento delle Discipline delle arti, musica e spettacolo dell’Università di Torino; un articolato contrappunto per focalizzare e far denotare le valenze della recitazione, con i profili dei personaggi e la resa espressiva del testo interpretato, con addentellati significativi proiettati sullo schermo dell’attualità con mirati riferimenti alle istanze dell’ambientalismo dei nostri giorni e proficue incursioni nel femminismo, per una programmazione che si concluderà domenica-26 gennaio- per diciotto recite.
Un successo di pubblico crescente e confermato per ogni replica di “Zio Vanja”, opera tra le più interessanti della drammaturgia ottocentesca russa ed europea composta da Anton Cechov, autore di fervida creatività e fine scrittura nella rappresentazione introspettiva dei personaggi e della loro condizione di vita. Sviluppata in due atti rispetto ai quattro dell’originale composizione, per complessive due ore e 20’ di spettacolo, Zio Vanja in versione modernizzata e con tocchi tecnologia informatizzata è ambientata in un contenitore a forma di parallelepipedo di vetro trasparente, al cui interno si muove un gruppetto di personaggi segnati e attraversati da stati d’animo che oscillano tra amori, invidie, noia, odio, solitudine; personaggi che, ancor più spesso, sono pervasi da quei desideri disattesi, che, per un verso, fanno rimpiangere il passato, in cui ci si rifugia con nostalgico abbandono, e, per l’altro verso, fanno vagheggiare un immaginato e immaginario futuro appagante, mentre il presente svanisce senza vita e anima, nel nulla della frustrazione.
E’ la plastica rappresentazione dell’uomo del nostro tempo di omologazione sociale diffusa per quanto vuota, con cui Zio Vanja e l’intera opera cecoviana, da Il giardino dei ciliegi a Il gabbiano, da Tre parole a Racconto di un uomo precorre il Grande teatro del ‘900. E nel cast di Zio Vanja impeccabile e di forte caratura, spiccano Piero Pierobon, nel ruolo del protagonista che dà titolo all’opera, e la versatile attrice baianese, Beatrice Vecchione, nelle vesti di Sonia, la nipote di Zio Vanja. Un’accoppiata che tira avanti operosa e laboriosa, che stride per contrasto con tutto il resto del gruppetto di personaggi parassitari e nulla facenti, afflitti dalla loro insulsa vuotaggine e melensa ipocrisia. Per Beatrice Vecchione, atteggiata in scena con la forzata postura di Greta Thunberg un’importante performance di artistica maturità.
Zio Vanja andrà in replica il 29 e 30 gennaio, nel Teatro Katona Jozsef Szinharz, a Budapest.