La Procura della Repubblica di Napoli ha dissequestrato 18 fondi agricoli nell’area di Caivano (Napoli) perché non inquinati. Nel provvedimento del Pubblico Ministero, firmato il 2 novembre scorso, si pone fine ad una vicenda durata tre anni, restituendo dignità a terreni e agricoltori ingiustamente colpiti dal marchio infamante “terra dei fuochi”. Ne dà notizia Coldiretti Campania alla lettura degli atti e dopo aver raccolto l’amara soddisfazione di alcuni soci coinvolti.
“Nel 2013 – racconta uno degli agricoltori coinvolti – ad inizio luglio fui costretto a buttare via il raccolto di pomodori che stavo irrigando, per un valore di circa 15mila euro. Le analisi dell’Arpac decretarono l’inquinamento dell’acqua e conseguentemente del fondo e dei terreni. Dopo aver fatto domanda di riesame, chiedendo il campionamento del fondo e dei pomodori, a mie spese ho effettuato analisi giurate dove i valori sono risultati nella norma. Le controanalisi dell’Arpac sono arrivate due anni dopo, con la comunicazione dell’Asl che ci autorizzava a coltivare i fondi, ma con la clausola di dover effettuare analisi sui prodotti. Dopo due anni di fermo, al terzo anno non ce l’ho fatta e ho lasciato quei terreni incolti. Nel frattempo è arrivata l’intimazione alla bonifica dei fondi perché era stata riscontrata la presenza di berillio. Ho fatto ricorso al Tar perché questa operazione costosa consisteva nel rimuovere tutto lo strato superficiale del terreno, ma soprattutto perché quel metallo è presente in tutti i terreni vulcanici derivanti dalle ceneri dei secoli passati. Tre anni dopo abbiamo scoperto che esistevano analisi precedenti di almeno dieci anni in cui si attestava che quella presenza di berillio faceva parte del valore di fondo naturale della zona. La cosa assurda è che in questi anni i sequestri sono stati a macchia di leopardo. Magari il vicino di terreno a venti metri ha continuato ad irrigare perché non sottoposto a verifiche. Dopo tre anni di inferno per noi i valori oggi sono di nuovo entro i limiti. Forse è stato un miracolo, sono rientrati da soli. La cosa che mi fa più male è il ricordo di chi si faceva intervistare dicendo che quei pomodori, i miei pomodori, avevano un cuore malato”.
“Alla magistratura che oggi ha firmato questo provvedimento – commenta Salvatore Loffreda, direttore di Coldiretti Campania – va il plauso per aver accelerato i tempi il più possibile. Ma la domanda dobbiamo farcela: chi pagherà i danni a questi agricoltori ed in generale al sistema agricolo della Campania? Nell’incontro che abbiamo promosso proprio di recente a Capua, Antonio Limone, il direttore generale dell’Istituto Zooprofilattico, ha spiegato ai nostri soci per l’ennesima volta che il cibo della nostra regione è innocente. I ventimila dati raccolti e i quattro milioni di campionature realizzati sono la certificazione pubblica che la vicenda terra dei fuochi è stata pompata enormemente. Questo dissequestro, nel cuore di un territorio ormai etichettato con quella definizione infamante, dimostra ancora una volta che abbiamo pagato un prezzo troppo alto e ingiusto. La nostra organizzazione ha sempre chiesto chiarezza, senza tirarsi indietro nel collaborare alla scoperta della verità. Abbiamo chiesto anche rapidità, almeno quanto quella utilizzata per raccontare le cattive notizie. Purtroppo fa notizia parlare male della nostra terra, mentre l’innocenza passa sotto silenzio. Coldiretti continuerà nel lavoro incessante di valorizzazione dell’agroalimentare campano, raccontando dati e fatti che un Istituto dello Stato come lo Zooprofilattico mette a disposizione di tutti. Alla Regione chiediamo di farsi parte attiva per calcolare il danno enorme, forse incalcolabile, che la vicenda terra dei fuochi ha provocato non solo al napoletano e al casertano, ma a tutta la Campania”.