Solo nello 0,02% dei campionamenti sull’agroalimentare campano sono emersi elementi negativi. I prodotti agroalimentari della Campania sono sani e il territorio campano è il più controllato d’Italia. È quanto afferma Coldiretti Campania all’indomani della diffusione dei dati definitivi dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno, che ha passato al setaccio 1,3 milioni di ettari, di cui solo 33 ettari sono risultati contaminati e sui quali da tempo è stata vietata l’attività agricola. Oltre alla terra sono stati analizzati anche i prodotti, con 30 mila campionamenti in 10 mila aziende. Il risultato è che il 99,8% dei casi ha superato i test. Si sgonfia quindi definitivamente lo storytelling di “Terra dei Fuochi”.
“Nello stesso giorno del via libera dell’Unesco all’arte dei pizzaiuoli napoletani patrimonio dell’umanità – commenta Gennarino Masiello, presidente di Coldiretti Campania – è arrivata la seconda buona notizia per Napoli e per la Campania. Agli agricoltori campani è stata restituita la dignità dopo anni di accuse ingiustificate, che potremmo definire fake news. È la ricerca scientifica a certificare che quel racconto negativo, quel marchio di infamia che aveva bollato un’intera regione, era falso. Si mette la parola fine ad una spirale drammatica in cui l’opinione dominante non aveva basi empiriche ma emotività. Noi abbiamo tenuto duro in momenti difficilissimi che hanno inciso pesantemente sulla crescita del settore. Se pensiamo che Svimez ha calcolato che nel 2016 il 45% di tutto l’export del Sud è partito dalla Campania, possiamo facilmente intuire quanto spazio di crescita è stato frenato e quanto ancora possiamo cogliere. Dopo l’hashtag di successo #pizzaUnesco potremmo lanciare #terrafelix, un dono natalizio di orgoglio per agricoltori, artigiani e cittadini campani”.
“È ancora vivo in noi il ricordo – aggiunge Salvatore Loffreda, direttore di Coldiretti Campania e Napoli – delle mortificazioni subìte dai nostri contadini, soprattutto del napoletano e del casertano. Qualcuno ha visto additare i prodotti della sua terra come veleno e loro stessi quasi come untori di manzoniana memoria. Nella foga di un ritratto a tinte fosche è finito di tutto, confondendo la cattiva gestione dei rifiuti urbani con gli abbandoni criminali. In terreni segnalati per la presenza di radioattività, quasi come se fossero delle piccole Chernobyl, è poi emersa la verità di una presenza millenaria di radioattività di fondo comune a tutti i terreni di origine vulcanica. L’effetto è stato, nel momento peggiore, la vergogna di mettere il nome della propria terra sui prodotti agricoli. Sarà difficile quantificare il danno materiale e immateriale che l’agricoltura campana ha subìto. Questo non significa negare i problemi, che esistono come in altre regioni, ma affrontarli con la consapevolezza del nostro grande patrimonio agroalimentare”.