Un vacanziere su tre prenota online, ma i prezzi applicati possono essere aumentati anche del 30% con tecniche di “dynamic pricing”, con cui vengono profilati i comportamenti degli utenti attraverso cookies ed altre tecnologie di web analytics che permettono di determinare prezzi “su misura” in base al grado di interesse dei potenziali clienti. Le best practices da adottare per difendersi dalle pratiche tariffarie ingannevoli e proteggere la propria privacy |
Carta di credito alla mano, basta qualche clic per passare al setaccio numerosi siti web che offrono pacchetti all inclusive e tariffe low cost, e secondo l’Istat ben il 34% dei vacanzieri italiani ha preso l’abitudine di prenotare su internet, anche se non sempre i prezzi applicati in rete sono del tutto trasparenti. Un fenomeno che ha preso campo è il “dynamic pricing”, una tecnica nata negli USA con la quale molte grandi aziende che fanno marketing online variano strategicamente i prezzi di voli, hotel, pacchetti vacanze, ed altri prodotti e servizi in base ad algoritmi che tengono conto della domanda e dell’offerta, dei prezzi praticati dalla concorrenza, delle previsioni meteo, e ricavando anche informazioni dai comportamenti online su siti web e social network tenuti dagli utenti, i quali possono vedersi proporre prezzi anche notevolmente più alti rispetto a quelli standard se durante la loro navigazione in rete forniscono inconsapevolmente a terze parti una serie di dati personali come posizione geografica, lingua parlata, data di nascita, sesso e stato civile, grado di istruzione e professione. Tali informazioni, vengono raccolte ed elaborate attraverso cookies ed altre tecnologie di web analytics, e poi utilizzate per determinare il grado di interesse e quanto ciascun utente è personalmente disposto a pagare per una vacanza o altri prodotti in vendita online, con il risultato che il prezzo di una certa offerta visionata in precedenza può lievitare improvvisamente, oppure che un utente reputato molto interessato ad un certo volo aereo può visualizzare un prezzo più alto anche del 30% rispetto ad un altro che visiona nel contempo il medesimo viaggio sullo stesso sito. “Per difendersi dalle pratiche tariffarie dinamiche ingannevoli quando si deve prenotare una vacanza su internet, è fondamentale adottare alcune best practices non solo per proteggere la propria privacy, ma anche per non pagare più del dovuto – afferma il presidente di Federprivacy, Nicola Bernardi – perciò può essere utile per gli utenti cancellare spesso la cronologia di navigazione del browser, bloccare il consenso all’utilizzo dei cookies di terza parte, installare software di navigazione anonima, e controllare se nelle condizioni di vendita c’è una garanzia sul prezzo pagato.” Se da una parte il fatturato annuo del mercato digitale del turismo vale 9,5 miliardi annui, e le aziende che ricorrono al dynamic pricing registrano nel breve periodo un aumento di profitti in media del 25% , man mano che gli utenti acquistano consapevolezza dei meccanismi di questa tecnica c’è il rischio di vedere calare la loro fiducia con ripercussioni negative per il mercato online. Recentemente la questione è stata oggetto di un’interrogazione parlamentare in sede UE, in seguito alla quale la Commissione si è pronunciata il 30 giugno 2016 (Rif. E-002800/2016), puntualizzando che il nuovo Regolamento UE 2016/679 permette questo genere di profilazione degli utenti solo con il loro esplicito consenso, mentre in certi casi le pratiche tariffarie dinamiche su internet possono essere ritenute sleali ai sensi della Direttiva 2005/29/CE dalle autorità nazionali competenti, e in Italia l’Antitrust può comminare multe fino a 5 milioni di euro, mentre con il nuovo Regolamento Europeo il Garante per la Privacy potrà fare multe addirittura fino a 20 milioni di euro o al 4% del fatturato dei contravventori. |