Sabato 17 settembre a Camposano, dalla 16:30, nell’aula consiliare del municipio, si è tenuto un incontro organizzato dalla dott.ssa Edda Napolitano, sostenuta dall’amministrazione comunale diretta da Francesco Barbato, sul tema del testamento biologico. L’obiettivo del convegno era la sensibilizzazione della popolazione locale di fronte al tema attuale e cruciale del“fine vita”. Per l’occasione sono state riunite varie realtà quali la Chiesa, il Diritto, la Medicina, l’Università e la società, con le testimonianze di Beppino Englaro e Mina Welby, rispettivamente padre e moglie di Eluana e Piergiorgio, coinvolti in casi relativamente recenti e assolutamente spinosi sull’argomento. L’introduzione del sindaco, ed ex deputato dell’Italia dei Valori, ha riguardato il ruolo della politica, vista come portatrice di Informazione. Il consigliere alla salute Giuseppe Siciliano ha anche parlato di giornata di testimonianza. Il presidente dell’ordine forense di Nola Francesco Urraro ha ricordato che nel 1997 è stata promulgata la Convenzione di Oviedo sul tema, anche se in Italia non è stata ancora ratificata con una legge ad hoc. Secondo l’avvocato penalista è forse un bene che non sia stata emanata alcuna legge sul consenso informato, così almeno si è evitata quella legislazione d’emergenza che si basa più sulle emozioni che su valutazioni ragionevoli.
Come moderatore è stato interpellato il Prof. Salvatore Prisco, titolare degli insegnamenti di Diritto Pubblico Comparato e Diritto e Letteratura presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II, esperto in tematiche bioetiche. Sono intervenutiAntonello Crisci, professore di Medicina Legale all’Università degli Studi di Salerno; Maurizio De Tilla, membro della fondazione Veronesi, il sacerdote SalvatorePurcaro, della diocesi di Nola, i due testimoni diretti.
In queste situazioni il pubblico si aspetta risposte, ma costantemente viene deluso da chi si sente invece chiamato a offrire spunti di riflessione. Si è sempre favorevoli a insinuare dubbi, non convinzioni indotte, lasciando queste ultime alla sensibilità di chi è coinvolto o interessato: nessun conferenziere autorevole manifesta l’arroganza e la prepotenza di voler formare le coscienze.
Il tema è stato meglio inquadrato grazie ad alcune indicazioni da parte di tutti i relatori presenti. Prima di tutto ci si è soffermati sulla giusta definizione del fenomeno, cioè “Dichiarazioni anticipate di fine trattamento”, da sostituire a “testamento biologico”, che fa pensare inevitabilmente alla morte, dal momento che queste pratiche riguarderebbero le soglie della vita, non (solo) il trapasso. Il concetto di fondo, infatti, non è che si vuole morire, bensì che non si vuole più essere curati in quanto la patologia è così grave che nessun medicinale migliorerebbe la situazione. Anche l’espressione “consenso informato” andrebbe accantonata, essendo solo una parte della macro-tematica del testamento biologico. L’accanimento terapeutico, per esempio, è il limite cruciale nell’applicazione corretta dell’art. 32 della Costituzione, che tutela il diritto fondamentale e personale alla salute, degli artt. 579 e 580 del codice penale, che vietano rispettivamente l’omicidio del consenziente e l’istigazione o aiuto al suicidio. Poiché in Italia non esiste ancora una legge che consenta il rifiuto di terapie ritenute troppo dolorose od inutili chi non somministra più un farmaco capace di mantenere in vita è ritenuto un assassino…poco importa se il malato ha implorato colui che lo sta assistendo in questa pratica poco naturale! (Si è cercato di evitare il termine “eutanasia” perché il riferimento al decesso non è sempre calzante). Anche il nuovo codice deontologico medico del 2014 è stato criticato, partendo dalla legge Basaglia del 1975. Tra medico e paziente, infatti, è essenziale la comunicazione sui medicinali che si possono assumere o sugli esami utili per diagnosticare il male e formulare una terapia. Il nuovo codice comportamentale dei dottori, però, avrebbe compiuto dei passi indietro sostituendo l’obbligatorio rispetto, da parte del medico, delle indicazioni del paziente sui trattamenti che si vogliono ricevere, con un precetto facoltativo, nell’art. 38. L’idea di base è la competenza del sanitario, che dovrebbe attribuirgli la capacità di saper scegliere ciò che è meglio fare, ma il timore è che questa modifica sia stata apportata solo per evitare che un dottore avverta su di sé una responsabilità eccessiva. Il medico, cioè, dati i rischi penalistici, quasi mai ha il coraggio di staccare i macchinari che tengono in vita il degente, a prescindere dalla correttezza della decisione, provocando a quest’ultimo atroci sofferenze irrimediabili o una sopravvivenza senza possibilità di progressi. E’ sembrato che ci fosse condivisione anche sulla definizione di “trattamento sanitario”, includendo anche l’alimentazione o l’idratazione forzate (da sempre ritenute tali da chi è favorevole al distacco dai macchinari; da sempre ritenute come necessari sostegni vitali da chi al contrario resta convinto che solo Dio possa togliere la vita). Non è un caso che a conclusione di una delle relazioni sia stato detto che “curare” è un verbo da intendere non in senso clinico, bensì come “prendersi cura”, che deve anche significare sostenere chi decide di interrompere i legami terreni.
Paradossalmente nessuno dei due casi concreti corrisponde alla tematica del convengo, ma sono quelli che hanno avuto maggior risalto mediatico. Il consenso informato, infatti, va elaborato da una persona sveglia che decide per sé a quali trattamenti sottoporsi una volta che avrà perso lucidità, ma Welby erano sveglio quando chiese l’eutanasia: lì il problema era l’assenza di una legge che garantisse a lui una morte senza sofferenze e senza incriminazioni per chi lo avrebbe aiutato. Anche il caso di Englaro è diverso, in quanto con la legge sulle dichiarazioni anticipate probabilmente il procedimento sarebbe sorto comunque, poiché la ragazza non aveva redatto alcun documento scritto da poter consultare e tutti si affidarono alla testimonianza di una cara amica di Eluana.
Nessuna argomentazione strettamente religiosa è stata accennata, come a dimostrare che finalmente il dibattito sia più libero e laico, anche tra i credenti.
Una legge sul testamento biologico servirebbe anche per questioni indirette, come, per esempio, la donazione degli organi o le sostanze palliative. Andrebbero protetti da incriminazioni o polemiche anche i familiari o gli amici più stretti del sofferente, che spesso si fanno carico di determinare il destino di chi, stando in coma, non può stabilire autonomamente come disporre del proprio corpo.
Ad oggi il giudice interpellato, per autorizzare l’interruzione delle cure, cerca di risalire alle convinzioni del malato chiamando a testimoniare coloro che, stando vicino al degente quando era cosciente o sano, erano a conoscenza delle sue intenzioni. Cosa succede se le varie persone convocate riportano confidenze diverse? In presenza di una legge farebbe fede la dichiarazione personale del paziente, sollevando tutti da oneri gravosi.
Prisco si è mantenuto su posizioni imparziali sforzandosi solo di ribadire la necessità di una legge in materia. Il professore federiciano, portando vicende personali, si è astenuto dal lanciare un insegnamento di merito, lasciando alla coscienza dei singoli una decisione così delicata. Negli indirizzi di saluto le personalità politiche hanno anche accennato all’istituzione di un registro del consenso informato, che sarà istituito a Camposano (il modulo sarà compilato dai singoli fruitori dopo attenta informazione da parte dei dottori e sarà sottoscritto da un notaio). L’esperto di Bioetica ha però precisato che senza una legge statale queste intenzioni non porteranno nessun contributo decisivo, ricordando esempi di leggi regionali annullate dalla Corte Costituzionale in quanto la salute è un diritto fondamentale sul quale può emanare norme solo il legislatore nazionale. Non è stata nemmeno taciuta la consapevolezza che in moltecircostanze, sfuggite all’attenzione mediatica, pazienti e familiari abbiano risoltola situazione guardando negli occhi il medico…
Crisci si è sforzato di fissare alcuni concetti legati alle responsabilità sanitarie, citando le leggi che al momento aiutano od ostacolano l’intervento clinico ed evidenziando la mancata previsione del valore della dignità nella Costituzione Italiana. Talvolta anche le perizie psichiatriche vengono utilizzate in modo distorto per rendere nulla la volontà di coloro che vogliono lasciarsi morire.
De Tilla, con veemenza, ha sostenuto le ragioni di coloro che in assenza di prognosi migliori decidono di farla finita. Il consenso informato avrebbe poi un raggio di azione maggiore di quello strettamente terapeutico, in quanto sarebbe un’espressione di democrazia. Non a caso il relatore ha segnalato la <<meravigliosa>> sentenza sul caso Englaro, in cui è stato introdotto e definito il principio di autodeterminazione, innato in ognuno di noi, ma assente nella Costituzione Italiana.
Quando il sacerdote ha dovuto prendere le difese della Chiesa le sue parole sono state di tono diverso: il clero cattolico deve stare accanto a chi prende queste decisioni, a prescindere da quali esse siano. Le dichiarazioni del monsignore sono state anche l’occasione per tornare su vecchie disposizioni ecclesiastiche, criticate, inerenti chi aveva subito rifiuti oggi ritenuti ingiustificati. Quando morì Piergiorgio Welby il 20 dicembre 2006 il cardinale Camillo Ruini negò la celebrazione dei funerali nella chiesa di Don Bosco. Purcaro ha preso le distanze dal suo superiore, non accettando la scelta dell’allora presidente della CEI, il quale all’epoca si giustificò affermando di non voler creare un caso politico. Nel 2015, però, nella stessa chiesa, sono state celebrate le esequie di Vittorio Casamonica, capo del clan camorristico omonimo e il religioso, ricordando l’episodio, si è chiesto come mai in questa situazione nessuno scrupolo avesse attraversato la coscienza dell’alto prelato. Alla fine del proprio discorso Purcaro si è lasciato andare a considerazioni favorevoli all’intervento dei medici quandoi progressi clinici non consentano di migliorare lo stato di un paziente. Sarebbe una contraddizione, per esempio, non fare uso di tecnologie, capaci di procurare la morte dietro approvazione del malato interessato, se per secoli ci siamo sforzati di allontanare la Chiesa dalla Scienza rivendicando autonomia. D’altro canto bisogna valutare anche lo stato emotivo dei familiari e dei conoscenti che assistono l’infermo: la vita non è solo quella della persona in sé, ma anche di coloro che hanno sviluppato relazioni umane con essa, quindi si deve permettere agli altri di vivere senza che questi si sentano obbligati a portare avanti un’esistenza ormai giunta al capolinea. Il malato non deve essere un peso.
Mina Welby in maniera pacata è stata provocatoria definendo sarcasticamente <<associazione a delinquere>>l’associazione Luca Coscioni di cui è co-presidentessa, che tra l’altro fornisce informazioni a quelle persone che vogliono andare in Svizzera per ricorrere a pratiche vietate in Italia. E’ stata avanzata la proposta di non emanare una legge sul tema del testamento biologico, che sembra così complicata da promulgare, bensì modificare solo l’art 5 del codice civile inserendo, dopo il divieto di disporre del proprio corpo per ridurne l’integrità fisica, la possibilità di interrompere trattamenti sanitari indesiderati. Resta ferma l’esigenza di abolire gli artt. 579 e 580 del codice penale. L’attivista si è infatti chiesta perché si dovesse punire l’aiuto al suicidio se il suicidio non è punito.
Beppino Englaro, infine, ha ricordato gli inizi della vicenda che ha riguardato la propria famiglia. Subito dopo l’incidente in auto del 1992 era già chiaro ai genitori di Eluana che la ragazza non dovesse essere sottoposta ad interventi che avrebbero potuto condurla allo stato vegetativo permanente, data la volontà espressa dalla stessa prima del sinistro stradale. Non ci fu però verso di smuovere il primario dall’intenzione di eseguire un rischioso intervento chirurgico sulla degente. L’assenza di dialogo portò alla conseguenza temuta dalla famiglia Englaro e fece iniziare una procedimento giudiziario che ha coinvolto le più alte cariche dello Stato, che nel 2009 addirittura si scontrarono tra di loro per cercare di dare delle risposte per la giovane.
Nel giorno in cui si è saputo che in Belgio il primo minorenne europeo ha deciso di ricorrere all’eutanasia Englaro ha fatto appello ai singoli che dal basso hanno il potere (dunque il dovere?) di cambiare le cose.
Subito dopo la conferenza è stato proiettato il film “La bella addormentata”, sulla storia di EluanaEnglaro, che tratta il tema del testamento biologico, raccontando anche gli scontri politici e i sotterfugi di palazzo. Qualche settimana fa è uscito nelle sale anche “Io prima di te” sull’argomento, che si aggiunge ad una serie lunghissima di pellicole come “Quasi amici”, “Milliondollar baby”, “Lo scafandro e la farfalla”, “La custode di mia sorella”, “Mare dentro”, ma pure “Lincoln” che invece affronta le losche trame del potere.