Dossier dell’Udu: una crescita media del 61 per cento, il 90 per cento al Sud. A Lecce imposte triplicate, alla Sapienza raddoppiate. L’ateneo di Firenze è riuscito a diminuirle.
Le tasse universitarie a carico degli studenti (e delle loro famiglie) sono schizzate in alto negli ultimi dieci anni. Gli atenei per recuperare i tagli inflitti al sistema accademico a partire dal 2009 si sono rifatti sugli iscritti. È quello che emerge dall’inchiesta dell’Unione degli universitari (Udu) dall’inequivocabile titolo: “Dieci anni sulle nostre spalle”. Il dossier confezionato dai ragazzi su dati del Miur, oltre a fornire una quantità considerevole di cifre, ripercorre i passaggi politici che hanno portato all’inasprimento delle aliquote fiscali degli atenei italiani. Un dato che stride al confronto con quello che è accaduto nei Paesi europei direttamente in concorrenza sul piano economico, Francia e Germania, oppure con i Paesi del Nord Europa dove la frequenza negli atenei è pressoché gratuita.
In un decennio netto – dal 2005-2006 al 2015-2016 – la pressione fiscale universitaria, spiega il dossier dell’Udu, è cresciuta del 61 per cento. Sono gli anni in cui la crisi economica ha fortemente contratto l’inflazione tant’è che, per lo stesso periodo, l’Istat certifica un incremento complessivo dei prezzi al consumo dell’11,5 per cento. In altre parole, la ‘contribuzione studentesca’ – l’insieme delle tasse universitarie, dei contributi regionali e di quanto sborsano genitori e figli per arrivare alla laurea – in dieci anni è cresciuta ben oltre l’inflazione. Esattamente, di 474 euro a studente, facendo schizzare la ‘tassa media’ da 775 euro a 1.249. È negli atenei del Nord che si registra la tassazione più onerosa: in media 1.501 euro a studente nel 2015-2016. È al Sud, tuttavia, che si totalizza l’incremento più consistente: più 90 per cento in dieci anni.
“Nelle sole università statali il gettito complessivo della contribuzione a livello nazionale – si legge nel report – è passato da 1 miliardo e 219 milioni a 1 miliardo e 612 milioni: quasi 400 milioni in più, spillati agli studenti per coprire la progressiva diminuzione dei finanziamenti statali per le università”. A Lecce le tasse sono più che triplicate: più 207,47 per cento in 10 anni, equivalente a 633,86 euro di aumento. Alla Sapienza di Roma la crescita in dieci anni è stata di 702 euro: più 111 per cento. L’aumento alla Statale di Milano ha toccato 510 euro: più 45 per cento.
Firenze è l’unica università italiana con la tassazione in calo nel decennio (-7,45 per cento): dopo una crescita progressiva, l’ateneo ha rivisto la contribuzione studentesca “anche grazie al forte impegno della nostra organizzazione”, sostiene l’Unione degli universitari. L’Udu segnala che i grandi aumenti sono arrivati sotto il governo Berlusconi e con il governo tecnico guidato da Mario Monti.
Nel 2010 la ministra Gelmini portò a casa la riforma dell’Università, si ricorda, ma già con la Finanziaria del 2009 iniziarono le sforbiciate consistenti ai budget degli atenei. “Da quel momento il sistema universitario è stato vittima di un taglio finanziario di oltre un miliardo di euro, senza precedenti”. Le conseguenze furono immediate, prima che sui bilanci degli atenei direttamente nelle tasche degli studenti: “Tra l’anno accademico 2008-2009 e il 2009-2010 il valore della tassa
media subì un incremento senza precedenti”. Con il picco toccato nel 2015-2016. Conclude l’Udu: “La contribuzione studentesca è la voce che, nei fatti, ha sopperito alla carenza di risorse conseguente ai tagli al finanziamento statale per l’Università”.