Un ex dipendente di un punto vendita di San Francisco ha fatto causa alla divisione retail del gruppo, accusandola di usare un ‘codice nero’ segreto per avvertire lo staff e la sicurezza della presenza di afroamericani nel negozio. Nell’azione legale di 30 pagine depositata, è spiegato che il manager istruiva il personale a usare il codice ‘D410’ in modo causale per segnalare che un afroamericano era entrato nel negozio. La citazione in giudizio è stata presentata dall’ex dipendente ma anche a nome di altri ”in situazioni simili e per il pubblico”. L’espressione ‘codice nero’ si riferisce alle leggi approvate negli stati americani del sud dopo la guerra civile, che limitavano la libertà degli afroamericani. L’ex dipendente era stato assunto nel settembre del 2016 e licenziato dopo aver comunicato al manager del punto vendita di essere afroamericano: una rivelazione che gli ha fatto perdere i giorni di riposo e le pause, portandolo infine al licenziamento. Con l’azione legale l’ex dipendente chiede che gli venga riconosciuto il salario che non gli e’ stato concesso, più i danni. Versace respinge le accuse, e ha già presentato una richiesta per rigettare la causa. Per Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, non si tratta del primo caso. E’ infatti la seconda volta quest’anno che Versace è legata al razzismo. La prima è stata la campagna pubblicitaria presentata in giugno con la modella 21enne Gigi Hadid e un modello afroamericano: i due sono stati immortalati mentre camminavano con un bambino di 6-7 anni, che indicava secondo i critici una gravidanza in eta’ molto giovane. La pubblicità è stata lodata da alcuni perché promuoveva le relazioni interrazziali, ma aspramente criticata da altri.