Ci approssimiamo al periodo natalizio e la nostra mente non può non associare le proprie immagini ad alcuni elementi tradizionali. Tra queste vi è senz’altro il Viscum album, questo il nome scientifico del vischio, il cui utilizzo si perde nella notte dei tempi in Europa, sino agli antichi Druidi ed all’epoca di Ippocrate, nell’antica Grecia, dove i medici ne conoscevano e apprezzavano le proprietà terapeutiche. Pochi, infatti, ancora oggi sanno che questa pianta dai poteri officinali sia stata utilizzata anche per il trattamento di malattie e persino dei tumori per la sua presunta attività immunomostimolante. Soltanto nel 1917 che la cofondatrice della medicina antroposofica, Ita Wegman, lo ha utilizzato per la prima volta a Zurigo in quanto trattamento contro il cancro, dopo che il suo collega Rudolf Steiner ne avrebbe evidenziato le proprietà antitumorali. Al di là del fatto che non vi siano studi decisivi in materia, in ogni caso, da allora, il vischio è diventato un rimedio nella terapia oncologica complementare, in particolare in Europa. Dato il periodo, per Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, è bene ricordare alcune delle proprietà che lo rendono speciale. Il vischio è una pianta cespugliosa. Le sue radici non affondano però nel terreno, ma direttamente nell’albero da cui dipende per i nutrimenti. Le sue foglie, sempreverdi, non hanno infatti una grande capacità di fotosintesi. Le sue caratteristiche sono determinate dall’albero ospite, che solitamente è un pino, un pioppo, una quercia, un tiglio o un melo. La crescita del vischio è molto lenta. Invece di formare delle radici e sviluppare rapidamente delle foglie, produce diverse tossine, utili in farmacologia: le lectine si accumulano soprattutto durante l’inverno e nei rami più vecchi; le viscotossine (proteine tossiche per vari tipi di cellule) sono invece prodotte dalle giovani foglie in estate. La raccolta del vischio avviene in giugno e in dicembre. Selezionate con cura, le foglie sono frantumate e mischiate con dell’acqua. La fermentazione lattica consente di estrarne gli ingredienti, i quali sono poi trasformati in principi attivi farmaceutici grazie a un sofisticato apparecchio e ancora oggi vengono utilizzati nella medicina tradizionale, sotto forma di tinture o infusi, sia per le su citate capacità immunostimolanti, ma anche come antipertensivi e antiarteriosclerotici. Infine, solo per evitare di avere problemi e spiacevoli conseguenze, è bene sottolineare di evitare di ingurgitare alcune componenti della pianta di vischio, in particolare le bacche, che manifestano una lieve tossicità e l’ingestione comporta generalmente una lieve gastroenterite. Gli estratti concentrati, invece, possono causare un’intossicazione importante, che può manifestarsi con diplopia, midriasi, ipotensione, confusione mentale, allucinazioni, convulsioni.