di Gianni Amodeo
“Non mi convinceva del tutto l’idea di realizzare una scultura statuaria su un blocco di marmo, per ricordare Padre Arturo D’Onofrio e l’azione missionaria che ne ha contraddistinto la vita. Mi è parsa ben presto un’idea di plastica fissità che, per quanto elaborata fosse stata configurata, non sarebbe stata in grado di rappresentare la capacità d’iniziativa e la dinamica concretezza realizzatrice del Fondatore del Villaggio del Fanciullo. Un’ idea riduttiva e al limite della banalità, quella di un comune blocco in marmo da plasmare e modellare con la fisionomia di statua. Mi è sembrato più significativo, invece, concepire un Memoriale che narrasse come in “movimento” la storia umana e di fede vissuta da Padre Arturo, evidenziandone le fasi di maggiore pregnanza e rilievo, in rapporto con la realtà sociale di Visciano, di cui mi ha sempre impressionato quello spirito comunitario che nei grandi contesti urbani è ormai inesistente. Ispirandomi a questa visione ho partecipato al Concorso di idee, indetto nel 2013 dall’amministrazione comunale e dall’Associazione degli ex-allievi di Padre Arturo, proponendo il progetto ch’è “diventato” il Monumento dedicato al Servo di Dio”.
E’ la dichiarazione, con cui Mina Di Nardo– artista e architetto- ha presentato l’idea-guida dell’opera che fa mostra di sé nella platea centrale della rotatoria dello svincolo stradale di Schiava di Tufino nella cerimonia del taglio e dello scoprimento inaugurale del complesso in acciaio colten, con Madrine ufficiali, le signore Rita Mariani e Natalina Marinelli; cerimonia coordinata con efficace incisività da Saverio Foglia, che ha fatto registrare la partecipazione dei sindaci dei Comuni dell’area nolano-mariglianese e della Bassa Irpinia, oltre che del consigliere regionale Enzo Alaia, in rappresentanza del presidente della Regione-Campania, Vincenzo De Luca, e del consigliere della Città metropolitana di Napoli, Raffaele Cacciapuoti, in rappresentanza del sindaco Luigi de Magistris, l’on.le Paolo Russo, parlamentare nazionale.
“ E’ un’opera che si presta- chiariva ancora Mina Di Nardo– ad una doppia lettura, quella della persona che ha fede e quella della persona che non ha fede religiosa d’ispirazione cattolica o di qualsiasi altra religione. Per la prima lettura nel Monumento sono evidenti i simboli della religiosità popolare e della fede radicata nel territorio, con cui è raccontata nelle incisioni e nei trafori del complesso la storia di Padre Arturo e della comunità nel dare vita alle opere di carità cristiana, per la seconda lettura di laica valenza sono di considerevole rilievo i due portali che configurano la simbologia dell’accoglienza e dell’ospitalità riservate sempre e a tutti con quello afflato solidale che ha caratterizzato- e caratterizza- le opere missionarie derivate dal Villaggio del fanciullo e dalla Piccola opera della Redenzione“, in Italia e nel mondo”.
VINCENZO MARIANI, IMPRENDITORE E … “BATTENTE”. L’ATTUALITA’ DI UNA STORIA RELIGIOSA E LAICA
Di profilo distinto e complementare alle riflessioni di Di Nardo era l’intervento di Vincenzo Mariani, presidente dell’omonima azienda leader mondiale nelle installazioni civili in acciaio per l’edilizia e la viabilità con stabilimenti operativi in terra canadese – a Toronto – le cui maestranze hanno realizzato le lastre d’acciaio che formano il perimetro di oltre 30 metri con cui si sviluppa la fascia circolare del Memoriale, la cui messa a dimora si deve all’impresa Barbato De Stefano di Cicciano. Una realizzazione complessa e impegnativa con filo diretto in via elettronica tra le maestranze e Mina Di Nardo.
Mariani, che fa parte della larga e grande famiglia degli ex-allievi di Padre Arturo, focalizzava rapidamente il percorso di progettazione e realizzazione dell’opera, rinnovando il personale e spiccato senso d’appartenenza al mondo del Villaggio del fanciullo e a tutto ciò che rappresenta per lui, emigrato in Canada nei lontani anni ’80, dando impulso con i fratelli all’importante realtà imprenditoriale e produttiva della Mariani group che onora il lavoro italiano all’estero; senso di appartenenza che ravviva e onora partecipando al rito dei “Battenti” che rendono omaggio alla Madonna consolatrice del Carpinello nei festeggiamenti che Le sono dedicati ogni anno e appena conclusi con la fantasmagoria dello spettacolo dei fuochi pirotecnici le cui scie multicolori si compongono e scompongono in varie figure nel cielo della notte.
E sull’attualità della “lezione” di Padre Arturo erano calibrate le riflessioni di monsignor Francesco Marino, vescovo di Nola; “lezione” che risalta nella bellezza e nell’espressività del linguaggio del Monumento che Gli è dedicato nel contesto paesaggistico a piedi delle verdeggianti colline di Visciano. E’ la “lezione” che vive nelle opere della Misericordia – corporali e spirituali- praticate a servizio del prossimo, dei più deboli e degli emarginati. Un retaggio- sottolineava il presule- che arriva direttamente a tutti, perché ciascuno nella sfera della propria condizione personale- quale che sia- può compiere nella quotidianità piccole e semplici azioni di Misericordia che danno valore all’esistenza. E sull’attualità della visione di Padre Arturo si concentrava il discorso pronunciato dal presidente dell’Associazione degli ex-allievi di Padre Arturo, il medico Pellegrino Gambardella, già sindaco del Comune collinare, pubblicato integralmente qualche giorno fa su questo supporto elettronico on line. E tra i temi focalizzati, l’ex “primo cittadino” poneva quello del dramma e delle sofferenze dei migranti che tagliano i ponti con le natie terre d’Africa, per trovare condizioni di vita umana in Italia e nell’Europa comunitaria della diffusa ricchezza materiale. Un’aspirazione di dignità negata e contrastata, però, dagli egoismi e dai particolarismi della società, la cui opulenza spesso è anche prospero e corposo frutto del saccheggio delle risorse compiute per secoli a mano franca dai potentati politici europei nel Continente nero; egoismi e particolarismi, che Padre Arturo, “gigante della solidarietà” avrebbe contrastato e superato, facendo valere l’etica dell’accoglienza e dell’amore.
Due itinerari- quelle disegnati dal vescovo Francesco Marino e da Pellegrino Gambardella– che Padre Vito Terrin connetteva, ripercorrendo il lungo cammino compiuto dalle opere e dalle missioni promosse e realizzate da Padre Arturo, confidando nell’aiuto della Provvidenza in tutte le situazioni e evenienze specie le più ardue e difficili da affrontare. Un puntuale affresco storico sul Bel Paese, ma pienamente calato nella realtà del territorio nostrano, rivisitando gli anni di miseria materiale e di speranza civile dell’immediato secondo dopo-guerra mondiale, quando il Villaggio del fanciullo prese forma, corpo e vita come a Grande casa dell’accoglienza. Erano le prime impronte di quella “Fede operativa”- come l’ha definita Padre Terrin– che alimentava e rinvigoriva l’energia morale puntualmente e costantemente trasfusa da Padre Arturo nell’agire di ogni giorno; quell’agire che il polittico del Memoriale racconta nella delicata e raffinata cesellatura dei trafori che lo animano. Una narrazione sagomata nei trafori, in cui spicca la scena del “ primo pellegrinaggio delle pietre” – correva il 1948, l’anno delle prime elezioni legislative a suffragio universale dello Stato repubblicano con democrazia parlamentare- destinate alla costruzione del “Villaggio del fanciullo”. Erano le pietre tufacee estratte dalle cave di pianura a Tufino e trasportate sulle spalle da migliaia di uomini, donne e giovani. Lunghi e oranti cortei, alla cui testa era sempre Padre Arturo …. con la sua pietra.