Oggigiorno viviamo in una realtà poliglotta, multietnica e sempre più internettizzata.
La possibilità di comunicare tramite computer e telefoni ha modificato non solo le possibilità di farsi conoscere al di fuori dei confini paesani, nazionali ed internazionali, ma ha anche modificato tutto ciò che è inerente la sfera dell’umano.
Questa situazione si ripercuote sulla socialità delle persone e al tempo stesso impedisce a molti di guardare al di là del proprio naso fino a fargli perdere il contatto con la realtà stessa delle cose.
Questo è possibile scorgerlo ovunque: nelle coppie a cena che invece di parlare e confrontarsi, smanettano i cellulari ed uccidono ciò che di più piacevole ha la vita da offrire; nei bambini, che sin da piccoli imparano come collegarsi ad Internet ancor prima di imparare come giocare con i propri coetanei; nei ragazzi che si disperano per chi verrà eliminato dai programmi televisivi piuttosto che vivere la vita.
Da tali preamboli scaturisce irreversibilmente l’incapacità nelle persone di impegnarsi a far sì che le cose possano cambiare in meglio, facendo subentrare un senso di adeguamento forzato alla magra realtà che le circonda ed un senso di incapacità a prendere in mano la situazione e ribellarsi efficacemente ad una situazione tristemente in bilico sull’orlo di un precipizio.
Cos’è che ha permesso tutto ciò? Molti dicono sia colpa dei giovani incollati sempre ad uno schermo, tv o telefono che sia; altri sostengono che sia colpa delle famiglie, che non hanno la capacità di seguire ed indirizzare i figli; altri ancora che la colpa sia della politica, che ha a cuore solo i propri interessi, mascherati da false promesse. C’è della ragione e del torto in tutte le affermazioni. Non è possibile, infatti, sperare di fare tutto alla perfezione in quanto non siamo robot né santi. Risulta impossibile crescere i figli, se la famiglia non lavora sodo (quando il lavoro c’è) e non si può pretendere di educare bene i figli, se per lavorare è conseguente l’assenza di figure genitoriali all’interno delle mura domestiche.
Allora la colpa è da darsi ai politici. La loro capacità di prendere in giro gli elettori è proverbiale, ormai e sono troppi per poter anche solo sperare di limitare la loro ingordigia.
Lo stesso magistrato Davigo ha detto: «La classe dirigente delinque peggio dei ladri».
Tutti lo sanno e tutti tacciono. Per questa affermazione meriterebbe una medaglia al valore e non lo stupore e l’indignazione della classe politica, che suona ridicola a dir poco e dovrebbe suscitare nei cuori di chiunque vergogna e senso di rivalsa.
“Non sono i popoli a dover avere paura dei Governi, ma i Governi a dover avere paura dei popoli” è stata la frase di un film che ha colpito molto parecchie persone, facendo gonfiare il petto a molti per poche settimane, poi tutto è tornato alla normalità.
Il primo passo per cambiare le cose e ritornare sui giusti binari non è trovare un colpevole a tutti i costi, non è scaricare la colpa su una persona o una miriade di persone, ma se si è intenzionati a cambiare le cose i primi a doverlo fare siamo proprio noi, piccoli cittadini, il popolo.
Abbandoniamo i cellulari, iniziamo a guardarci negli occhi e a volerci più bene, spegniamo i televisori e apriamo più libri, riattacchiamo il cervello e comunichiamo di più, abbandoniamo il principio, oggi sovrano, dell’homo homini lupus e iniziamo a capire davvero che l’unione fa la forza e le cose possono davvero cambiare e migliorare.
Fino a quando resterà la mentalità del fregare il prossimo tutti resteranno nei loro bozzoli e niente potrà cambiare. È la mentalità a dover ritrovare la sua vera essenza e non l’essenza a doversi adeguare alla nostra odierna mentalità.
LUIGI CASARELLA