Ci troviamo di fronte ad una “emergenza culturale” che richiede un intervento strutturato e di lungo periodo. È necessario mettere in campo tutte le risorse educative capaci di stimolare, da un lato, il necessario approfondimento rispetto a temi che sono ormai cruciali, e dall’altro lato di accompagnare le nostre comunità verso l’acquisizione di una nuova “grammatica della comunicazione” che sia innanzitutto aderente ai fatti e rispettosa delle persone. Papa Francesco non ha mancato di sottolineare che «la prevenzione e l’identificazione dei meccanismi della disinformazione richiedono anche un profondo e attento discernimento». In tale contesto “emergenziale” i due organismi della CEI, Caritas Italiana e Fondazione Migrantes, hanno voluto confermare il loro impegno anche attraverso la pubblicazione dell’annuale Rapporto Immigrazione che da oltre 25 anni analizza il fenomeno migratorio nelle sue molteplici dimensioni. L’edizione 2017-2018 presenta molte novità, a partire da una nuova veste grafica che vuole essere più aderente al mutato contesto culturale, in conseguenza del quale la narrazione del fenomeno migratorio è cambiata nello stile e nella forma.
La mobilità umana si conferma fra i temi di maggior dibattito nella società attuale. Il monitoraggio delle notizie riguardanti l’immigrazione apparse nei telegiornali di prima serata delle reti Rai, Mediaset e La7 rivela che in dodici anni i riferimenti all’immigrazione sono aumentati di oltre dieci volte, passando dalle 380 notizie del 2005 alle 4.268 del 2017. Appare sistematica la correlazione fra l’aumento di interesse mediatico verso i flussi migratori diretti verso l’Italia e gli eventi di natura politica che coinvolgono il Paese. Colpisce constatare che la sensazione di minaccia alla sicurezza e all’ordine pubblico ricondotta all’immigrazione sperimenta dal 2013 una crescita costante. Nel corso del 2017 i telegiornali di prima serata si soffermano per lo più sui flussi migratori (40%), riservando quasi la metà delle notizie ai numeri e alla gestione degli sbarchi sulle coste italiane. Un ulteriore 34% dei servizi telegiornalistici è dedicato a questioni che mettono in relazione immigrazione, criminalità e sicurezza. Per trovare il primo tema dotato, almeno potenzialmente, dei caratteri di “buona notizia” è necessario scendere al terzo posto, dove si colloca il racconto dell’accoglienza, al quale nel 2017 è riservato l’11% delle notizie.
Nel 2017 sono 257,7 milioni le persone che nel mondo vivono in un Paese diverso da quello di origine. Dal 2000 al 2017 il numero delle persone che hanno lasciato il proprio Paese di origine è aumentato del 49%. Nel 2017 i migranti rappresentano il 3,4% dell’intera popolazione mondiale, rispetto al 2,9% del 1990. Nel 2017 l’Asia ospita il 30,9% dei migranti mondiali, seguita da Europa (30,2%), America del Nord (22,4%), Africa (9,6%), America Latina (3,7%) e Oceania (3,3%). Secondo le stime dell’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni (OIM) nel 2015 la quota dei migranti irregolari sul totale dei flussi internazionali ammonta al 10-15%.
Nel 2017 sono 38,6 milioni i cittadini stranieri residenti nell’Unione Europea (30,2% del totale dei migranti a livello globale). Il Paese europeo che nel 2017 ospita il maggior numero di migranti è la Germania (oltre 12 milioni), seguita da Regno Unito, Francia e Spagna. Secondo i dati EUROSTAT nel 2016 gli stranieri residenti che hanno acquisito la cittadinanza nell’area dei Paesi UE-28 sono 994.800, con un aumento, rispetto al 2015, del 18,3%. Tra i Paesi con il maggior numero di “nuovi cittadini” al primo posto c’è l’Italia, con 201.591 acquisizioni di cittadinanza, che corrispondono al 20,3% del totale UE-28.
L’Italia, con 5.144.440 immigrati regolarmente residenti sul proprio territorio (8,5% della popolazione totale residente in Italia) si colloca al 5° posto in Europa e all’11° nel mondo. Secondo l’UNHCR tra il 1° gennaio e il 31 agosto 2018 è sbarcato in Italia l’80% di migranti in meno rispetto allo stesso periodo del 2017. Le comunità straniere più consistenti sono quella romena (1.190.091 persone, pari al 23,1% degli immigrati totali), quella albanese (440.465, 8,6% del totale) e quella marocchina (416.531, 8,1%). I cittadini stranieri risultano risiedere soprattutto nel Nord-Ovest della Penisola (33,6%) e a diminuire nel Centro (25,7%), nel Nord-Est (23,8%), nel Sud (12,1%) e nelle Isole (4,8%). Le regioni nelle quali risiede il maggior numero di cittadini stranieri sono la Lombardia (1.153.835 cittadini stranieri residenti, pari all’11,5% della popolazione totale residente), il Lazio (679.474, 11,5%), l’Emilia-Romagna (535.974, 12%), il Veneto (487.893, 10%) e il Piemonte (423.506, 9,7%). Le province nelle quali risiede il maggior numero di cittadini stranieri sono Roma (556.794, 12,8%), Milano (459.109, 14,2%), Torino (220.403, 9,7%), Brescia (156.068, 12,4%) e Napoli (131.757, 4,3%).
Dai microdati Rcfl-ISTAT al primo semestre 2017 la popolazione immigrata in età da lavoro è di 4.100.826 persone con 15 anni di età ed oltre, delle quali il 59,3% sono occupate e il 30,6% inattive. In particolare, gli occupati stranieri risultano 2.430.409, aumentati rispetto al primo semestre 2016 del +0,9%. Di questi, 1.635.300 sono di nazionalità non-UE (67,3% degli occupati stranieri) e 795.100 lavoratori comunitari (32,7% degli occupati stranieri). Gli stranieri in cerca di occupazione sono 415.229 (10,1% del totale degli stranieri), di cui 283.837 di nazionalità non-UE (67,3% del totale degli stranieri in cerca di occupazione) e 131.392 di nazionalità UE (33,1%). Gli inattivi stranieri sono 1.255.187 (30,6% degli occupati stranieri), di cui 897.411 non-UE (71,5% degli inattivi stranieri) e 333.093 UE (28,5%). Se si considera il periodo che va dal primo semestre 2016 al primo semestre 2017, si osserva un aumento dell’occupazione sia tra gli stranieri (+0,9%) sia tra gli italiani (+0,6%). La quota del lavoro non qualificato negli immigrati è del 35,4%, contro l’8,2% negli occupati italiani. Secondo i dati UnionCamere, le imprese di cittadini nati in un Paese extra-UE al 31 dicembre 2016 sono 366.426, in aumento rispetto al 2015 (+3,5%). La regione con il maggior numero di queste imprese è la Lombardia (69.625, 19,0% del totale nazionale), seguita da Lazio (41.849, 11,4%), Toscana (35.891, 9,8%), Campania (32.931, 9,0%) ed Emilia Romagna (32.418, 8,8%). La Campania è la regione nella quale si registra l’aumento più cospicuo (+11,1%).
Nell’anno scolastico 2016-2017 gli alunni stranieri nelle scuole italiane sono 826.091 (di cui 502.963 nati in Italia, pari al 60,9%), in aumento rispetto all’anno scolastico 2015-2016 di 11.240 unità (+1,4%). Nell’anno scolastico 2016-2017, la scuola primaria accoglie la maggiore quota di alunni stranieri: 302.122, il 36,6% del totale. L’incidenza degli alunni stranieri sul totale della popolazione scolastica varia in modo significativo in ragione del fatto che alcune regioni e province hanno una spiccata capacità attrattiva nei confronti di immigrati che vogliono insediarsi stabilmente con la propria famiglia. Le maggiori incidenze si riscontrano nelle regioni del Nord, con il valore massimo in Emilia Romagna (15,8%), significativamente maggiore del valore nazionale (9,4%), seguita da Lombardia (14,7%) e Umbria (13,8%). Nelle regioni del Centro-Nord il valore non scende al di sotto del 10%, con la sola eccezione del Lazio (9,5%). Decisamente inferiori i dati relativi alle regioni del Sud.
Nel corso del 2016 sono stati celebrati 25.611 matrimoni con almeno uno dei coniugi straniero (12,6% del totale dei matrimoni), in leggero aumento rispetto al 2015 (+0,2%). Nel 56,4% dei casi si tratta dell’unione fra uno sposo italiano e una sposa straniera. A fine 2017 i bambini nati da genitori entrambi stranieri risultano 67.933 (14,8% del totale delle nascite). Diminuisce il numero medio di figli delle cittadine straniere, pur mantenendosi su livelli decisamente più elevati di quelli delle cittadine italiane (1,95 rispetto a 1,27 secondo le stime nel 2017). I dati ISTAT relativi al bilancio demografico nazionale confermano l’aumento dei nuovi cittadini italiani già rilevato negli anni precedenti e che ha condotto l’Italia nel 2015 e nel 2016 ad essere al primo posto tra i Paesi UE per numero di acquisizioni di cittadinanza. Al 31 dicembre 2017, su un totale di 146.605 acquisizioni di cittadinanza di stranieri residenti, il 50,9% riguarda donne. Tali acquisizioni, rispetto alla stessa data del 2016, sono diminuite (-27,3%). Nelle regioni del Nord Italia si registrano tassi di acquisizione di cittadinanza ben al di sopra della media nazionale. Si notino, in particolare, i casi della Valle d’Aosta, del Trentino Alto Adige e del Veneto, ma risulta interessante segnalare tassi di acquisizione superiori alla media nazionale anche in regioni del Centro (Marche) e del Sud (Abruzzo). Riferendosi sempre al 2016, le modalità di accesso alla cittadinanza restano differenti tra uomini e donne. Per gli uomini la modalità più frequente è la residenza (56% dei casi nel 2015), mentre il matrimonio è una modalità residuale (meno del 3%). Nel 2016, diversamente da quanto avveniva in passato, anche per le donne le acquisizioni di cittadinanza per residenza sono state le più numerose (43,9%), superando, seppur di poco, le acquisizioni per trasmissione/elezione (39,3%). Si riduce ulteriormente, anche per le donne, la quota di procedimenti avviati a seguito del matrimonio: nel 2016 questi risultano il 16,8% del totale, mentre nel 2014 risultavano il 25%.
LA CRISI ECONOMICA
Osservando nel dettaglio l’incremento della povertà rispetto alla base di riferimento (il 2010), è interessante notare come l’incremento maggiore di povertà abbia riguardato i cittadini stranieri appartenenti a Paesi dell’Unione Europa: dal 35,4% al 48,5% (+13,1% in 7 anni). Seguono i cittadini originari di Paesi non-UE, presso i quali l’incidenza del rischio di povertà è passata dal 43,5% al 54% (+10,5%). Tra gli italiani l’aumento del rischio di povertà è stato meno rilevante, passando dal 20,8% del 2010 al 26,1% del 2016 (+5,3%). Nel corso del 2016 le persone accolte ed accompagnate presso i Centri di ascolto della Caritas sono state 205.090, un dato che comprende anche i quasi 16 mila profughi ascoltati dalla sola diocesi di Ventimiglia-Sanremo. Come in passato, anche nel 2016 nel Nord e nel Centro Italia il profilo sociale delle persone aiutate coincide per lo più con quello degli immigrati (rispettivamente il 62,6% e il 62,1% del totale); nel Mezzogiorno, invece, chiedono aiuto soprattutto le famiglie di italiani (68,1%). In questi anni di crisi economica, tuttavia, anche le regioni del Nord e del Centro hanno rilevato un incremento evidente del peso degli italiani. Tra gli stranieri sono due le nazionalità prevalenti, in linea con gli anni passati: quella marocchina (19,2%) e quella romena (13,6%).
LA SALUTE
Dal punto di vista sanitario, il profilo di salute dei migranti si va sempre più caratterizzando per condizioni di sofferenza dovute ad accoglienza inadeguata, fragilità sociale e scarsa accessibilità ai servizi. Alla salute dei migranti, così come alla sua mancanza, concorrono le condizioni di vita nel Paese di provenienza (condizioni pre-migratorie), il percorso migratorio e i livelli di accoglienza e inclusione nel Paese di arrivo (condizioni post-migratorie): i migranti si ammalano anche di esclusione sociale, di fallimento o minaccia di fallimento del proprio progetto migratorio, a volte di povertà e spesso di difficoltà di accesso ai servizi socio-sanitari. I dati al 2016, anno record di sbarchi, non modificano il trend degli ultimi anni, e cioè una diminuzione dei casi di malattie infettive, come TBC e AIDS. Sono dati oggettivi che ridimensionano i timori soggettivi e che, da una parte, devono rassicurare l’intera popolazione, ma dall’altra devono stimolare interventi di integrazione sociale e di garanzia dell’accessibilità ai servizi sanitari. Realizzare buone pratiche di accoglienza diventa il primo e imprescindibile passo per difendere e promuovere la salute di ogni migrante.
LA DEVIANZA
Al 31 dicembre 2017 la popolazione carceraria conta 19.745 detenuti stranieri tra imputati, condannati e internati. Rispetto allo stesso periodo del 2016, quando gli immigrati erano 18.621, si registra un incremento del +6%. Rimane inalterata, tuttavia, l’incidenza della componente estera sul dato complessivo della popolazione carceraria, a distanza di dodici mesi ancora ferma al 34%. Per quanto riguarda le aree geografiche di provenienza, negli istituti di pena prevale la componente africana, che da sola rappresenta la metà dei detenuti stranieri, con 9.979 persone (il 50,5%). I detenuti nordafricani rappresentano il 71% della componente africana e circa il 35% della popolazione straniera nelle carceri italiane. Il continente europeo è invece rappresentato da 7.287 persone, pari al 36,9% dei carcerati di origine straniera. Il dettaglio delle nazioni vede il Marocco confermarsi come il Paese maggiormente presente, con 3.703 detenuti (il 18,7%), seguito dall’Albania (2.598 persone, pari al 13,1%) e, di poco distanziata, dalla Romania (2.588 persone, pari
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al 13,1%). La componente immigrata è nettamente più giovane rispetto a quella italiana. Il detenuto straniero tipo è un uomo, è sposato e ha meno di 40 anni. La stragrande maggioranza della popolazione carceraria straniera è composta da detenuti di sesso maschile (18.844, pari al 95,5%), a fronte di 901 detenute (appena il 4,5%). Per le detenute occorre segnalare il preoccupante aumento di bambini al seguito. In termini generali, sono 56 i bambini presenti accanto a 51 donne detenute. Di questi, i bambini stranieri in carcere sono 30 (pari al 58%) al seguito di 33 detenute straniere. Dei 20.313 minori e giovani adulti presi in carico nel 2017 dagli Uffici di servizio sociale per i minorenni (USSM), gli stranieri sono 5.302 (26%), di cui 4.604 ragazzi (86%) e 698 ragazze (14%). Nella tipologia dei delitti commessi dagli stranieri prevalgono i reati contro il patrimonio (9.222), seguiti dai reati in materia di stupefacenti (7.430), contro la persona (7.151), contro la pubblica amministrazione (3.061) e contro la fede pubblica (1.630). I dati mostrano come, a parità di reato, gli italiani entrano meno facilmente in carcere rispetto agli stranieri, i quali beneficiano in maniera difforme delle misure alternative per l’espiazione della pena, a cominciare dall’esecuzione della pena presso il domicilio.
LA RELIGIONE
Secondo le più recenti stime della Fondazione ISMU, su un totale di 5.144.440 stranieri residenti in Italia al 1° gennaio 2018, i musulmani sono poco meno di 1 milione e mezzo, pari al 28,2% del totale degli stranieri. I cristiani complessivamente sono il doppio, quasi 3 milioni, in aumento di circa 50 mila unità negli ultimi due anni. Ne consegue che, nel complesso, il 57,7% dei cittadini stranieri residente in Italia è cristiano. Si tratta in maggioranza di ortodossi (1,6 milioni, dei quali quasi 1 milione romeni) e 1,1 milioni di cattolici (tra coloro che migrano dall’Est Europa soprattutto albanesi, una minoranza di romeni e polacchi, filippini tra coloro che migrano dall’Asia, ecuadoriani e peruviani fra i latinoamericani). Fra le nazionalità delle principali comunità religiose locali, il gruppo marocchino è il principale di religione musulmana nelle tre regioni con più cittadini stranieri con tale appartenenza religiosa – Lombardia, Emilia Romagna e Veneto. Per quanto riguarda la nazionalità dei cattolici stranieri, con riferimento alle sole due regioni con oltre 100 mila stranieri residenti con tale appartenenza religiosa – Lombardia e Lazio – al primo posto si collocano i filippini, sia in Lombardia sia nel Lazio, seguiti dai latinoamericani di Perù ed Ecuador in Lombardia e dagli europei comunitari di Romania e Polonia nel Lazio.