Riceviamo e pubblichiamo. Ai più il paese di Nusco in provincia di Avellino è semplicemente un piccolo comune di diverse migliaia di anime situato tra i paesi di Montella e Lioni tra le valli dell’Ofanto e del Calore, per gli appassionati di politica invece rappresenta il paese natale di un passato Presidente del Consiglio dei Ministri . Per noi, però, rappresenta anche e soprattutto una delle troppe vittime della campagna d’odio della sinistra extraparlamentare e istituzionale negli anni in cui “uccidere un fascista non era reato”. Francesco Cecchin, originario di Nusco, era un militante del Fronte della Gioventù (organizzazione giovanile dell’allora Movimento Sociale Italiano), frequentava la sezione romana di via Migiurtina, la zona più rossa del cosiddetto “quartiere Africano” (centralissimo quartiere situato tra via Nomentana e via Salaria così chiamato in memoria delle conquiste Imperiali a metà degli anni trenta: viale Libia , viale Etiopia, viale Somalia, via Eritrea…) un piccolo avamposto di sinistra all’interno del quartiere Trieste- Salario che invece era fortemente missino.
Francesco, all’epoca dei fatti diciassettenne, è figlio di Antonio Cecchin impiegato statale , volontario italiano in Somalia imprigionato dagli inglesi prima di essere consegnato agli americani, trasferito in sei campi di prigionia diversi negli Usa. La mamma fa la casalinga e la sorella, Maria Carla, studiava al primo anno di giurisprudenza. Non erano facoltosi i Cecchin, ma riuscivano a vivere in maniera comunque dignitosa. Famiglia molto compatta. In prima serata del 28 maggio 1979 Francesco Cecchin si trovava in piazza Vescovio con altri tre ragazzi del Fronte della Gioventù ad affiggere manifesti , qui viene minacciato da una ventina di militanti comunisti. Rincasato, a mezzanotte chiese alla sorella Maria Carla di accompagnarlo a fare un giro per il quartiere per verificare se i manifesti fossero stati strappati .I genitori non avrebbero mai acconsentito perché Francesco all’epoca era minorenne . L’unica possibilità era quella di farsi accompagnare dalla sorella maggiorenne . Maria Carla acconsentì dopo un iniziale perplessità.
A quell’ora era profondamente buio, anche il bar e l’edicola del quartiere erano chiusi ,e così dopo diversi metri percorsi a piedi, scendono diversi militanti del PCI da un auto (Fiat 850 bianca)la stessa posteggiata nella zona dove in precedenza ci fu l’affissione di manifesti. Francesco venne individuato e rincorso . Cercò di darsi alla fuga , intima alla sorella aiuto ma questa fu raggiunta e superata dagli aguzzini. Le sagome scompaiono a via Montebuono , ed è lì che fu ritrovato il suo corpo . Il corpo fu afferrato e scagliato in un cortile del garage con un volo di cinque metri. Francesco fu ritrovato ancora vivo e con un mazzo di chiavi in una mano e nell’altra un pacchetto di sigarette . E ferito : perde sangue dal naso e dalle tempie , gli occhi sono ingrossati la sua schiena e la sua testa sono poggiati sopra un lampione . Francesco è un combattivo , ma ci lascerà il 16 giugno 1979. Il giorno prima, i medici avevano comunicato alla famiglia un netto miglioramento delle condizioni. Davvero strano, soprattutto perché Francesco Cecchin avrebbe potuto riconoscere e denunciare i suoi aggressori. Davvero strano anche perche nei giorni del ricoverò ci furono molteplici “visite “ di persone mai conosciute in precedenza da nessuno dei familiari. Assassini che non saranno mai trovati …In sede investigativa spuntano due nomi : Sante Moretti e Stefano Marozza. Il primo, ex pugile di quantasei anni lo stesso che qualche ora prima minacciò Francesco mentre affiggeva manifesti. Il secondo titolare della Fiat 850 bianca appostato in piazza. Entrambi tesserati al PCI. Le indagini ufficiali, condotte male, portano in tutto e per tutto all’arresto di Stefano Marozza. Marozza, però, disse di avere un alibi. Sostenne che quella sera fosse andato al cinema a vedere “Il Vizietto” al cinematografo Ariel. Quel film, all’Ariel, non venne mai proiettato. Marozza entra in carcere a luglio. Viene rilasciato a gennaio grazie alla solerte opera di protezione messa in atto dal Partito Comunista Italiano che, nel frattempo, gli ha fabbricato un nuovo alibi. Un alibi calzante per l’occasione specifica. La sentenza di assoluzione ha dell’incredibile. È una condanna senza colpevole: “veramente grave e singolare appare che i periti non abbiano approfondito l’indagine, non si siano recati sul terrazzo dell’abitazione degli Ottaviani(…) Altrettanto singolare che non abbiano tenuto in alcun conto i referti dell’ospedale San Giovanni. È convinzione della Corte che, nel caso di specie, non si sia trattato di omicidio preterintenzionale, ma di vero e proprio omicidio volontario”. Chiudiamo citando il motto preferito di Francesco Cecchin : “cammina soltanto sulle strade dell’onore. Lotta e non essere mai vile. Lascia agli altri le vie dell’infamia”. Il giorno 16 Giugno giorno dell’anniversario dell’omicidio di Francesco saremo presenti al cimitero di Nusco insieme a tanti altri amici a deporre una corona di fiori in SUO ricordo.
Movimento Fascismo e Libertà compensorio baianese