di Gianni Amodeo
ALL’”INCONTRO” INCROCI SPECIALI TRA L’IRPINIA, IL MEDITERRANEO E L’ISLAM, CON GAETANA AUFIERO , MARISA ANZALONE E DANIELA ROMANO . LE ESPERIENZE DI GIUSEPPINA DIVISATO NELLA RICERCA SCIENTIFICA DEL CNR DI NAPOLI NEL COMPLESSO MONDO DELLA GENETICA
Squarci ampi e densi di significato aperti nella grande e smisurata tela della micro-storia, i cui profili concorrono a nutrire e ad alimentare il racconto della macro-storia, dandole fragranza di seducente sapore cognitivo, lievitanti fermenti di riflessione e convincente senso di vissuta realtà nell’ umana spirale di speranze e delusioni, gioie e dolori, progressi e decadenze. E ancora: orizzonti squadernati sia sulle tormentate inquietudini – spesso trasformate nelle cupe tragedie di guerre generate da ignobili e turpi fondamentalismi ideologici, ipocrite e deformi maschere del crudele potere della forza e della perversa ricchezza materiale- sia sugli effervescenti aneliti di libertà, che attraversano il mondo islamico. Squarci e orizzonti convergenti verso le prospettive, che disegna la ricerca scientifica, al servizio della qualità della vita e per l’armonia dei rapporti tra la natura e tutte le forme viventi.
Sono le coordinate del ricco e interessante mix, che ha dato in-put e svolgimento alle penetranti ricognizioni di analisi sulla tematica “Dall’Irpinia al Mediterraneo. Storia e Storie di donne. Percorsi del ‘ 900”. Un affresco a tinte forti ed esaustivo- ravvivato dall’ariosità di racconto proiettato sullo schermo del passato recente con diffuse luci per il rischiarare il presente e il futuro prossimo venturo- che ha catalizzato l’interesse dell’uditorio del Circolo “ L’Incontro “.
Ad alzare il sipario sullo scenario, era la lettura- curata da Maria Laura Conte– del racconto di “ Voce ‘e notte ”, scritto da Romeo Lieto. Un realistico bozzetto narrativo sulla durezza del lavoro o, per meglio dire, della fatica che praticavano le donne del territorio, soprattutto per la raccolta delle fascine di rami e ramoscelli dei castagneti del Bosco montano di Arciano, su cui la comunità per secoli ha esercitato gli usi civici in un’economia di diffuso auto-consumo; fascine destinate alla panificazione domestica, per lo più, nei forni comuni “ ind’ ‘e curtine“ e ad ardere nelle fornaci delle “carcare” per la produzione della calce; fascine, legate tra loro in tutt’uno formando “ ‘ a sarma “, ch’era caricata sulla testa protetta da un panno arrotolato – “ ’ o curuoglio ”- da trasportare a piedi quasi nudi – appena coperti da calzature di ruvido telo- a valle attraverso sentieri malagevoli. Ed erano necessarie almeno dodici mila fascine di formato medio, secondo le stime del geometra Luigi Schettino, figlio di uno dei più noti ed esperti “imprenditori” del settore, Gennarino ‘o carcararo, rappresentativo della quarta generazione della famiglia “specializzata” nella difficile e complicata attività. Era la mole di legnatico, che permetteva di mantenere -con meticolosa attenzione e cura- elevata e costante la temperatura, trasformando le pietre di roccia, estratte dalle cave locali, in trecento -poco più o poco meno- quintali di materiale costruttivo.
’ Ingiulinella ‘e don Giuanni – protagonista del racconto- era la bonaria e generosa “caporale” che organizzava le donne, per la raccolta delle fascine, dando loro la “voce” di richiamo alla fatica giornaliera sul fare delle “due” o ”tre” lungo il gomitolo di stradine e vichi de “‘ E Vesuni ”, quando cominciavano a filtrare nell’oscurità i timidi spiragli dell’alba, che si apprestava a scalzare la notte. Ma ‘Ingiulinella s’industriava anche come sensale nella compravendita dei prodotti di campagna ed arrotondava la modeste e scarne entrate con quelle che ricavava per la custodia e per le pulizie dei locali del Circolo sociale- “ ‘A casina r’’e signuri “ che da oltre un secolo apre i battenti nel Palazzo comunale. E il patronimico della donna, che fino agli anni ’60 è stata un’”istituzione” cittadina, era dovuto a “don” Giovanni Belloisi, il maresciallo dei Vigili municipali- tra la fine dell’800 e i primi decenni del ‘900- la cui famiglia aveva adottato ‘Ingiulinella fin da bambina.
NONNE E MADRI DEL PRIMO ‘900. LE LIBERTA’ COSTITUZIONALI, L’EMIGRAZIONE DEGLI ANNI ’50, L’AUTONOMIA
Sul racconto di Romeo Lieto, la professoressa Gaetana Aufiero innestava i fili tematici della sua ricerca sociologica, con addentellati antropologici, intitolata “ Due ciliegie e una nespola” pubblicata da Delta–3, in cui rivisita il ruolo delle nonne e delle madri, tra la fine dell’800 e il ‘900, nel Sud, ma con particolare rilievo per il micro-cosmo dell’Irpinia; una ricerca- corredata da interviste in presa diretta, condotte da giovani- ben documentata. E’ il ruolo delle donne nel lavoro e nella famiglia, con caratteri di sostanziale marginalità sociale, pur costituendo l’asse portante dell’identità della comunità e della stessa economia produttiva, che ne governava le relazioni in un contesto statico, cristallizzato nei profili arcaici. E la scelta matrimoniale- per atavica condizione- non era per nulla appannaggio della volontà delle donne, bensì degli interessati calcoli dei genitori, anzi del padre-padrone, la cui dimensione dominante si … ripeteva con il marito-padrone.
Il cambio di passo e di costume- spiegava la professoressa Aufiero – si concretizzava negli anni ’50, quando si sviluppano i processi della Grande emigrazione di braccianti, contadini, manovali, che dal Sud approdano a Torino e Milano e, soprattutto nella Germania federale, dove c’è bisogno di forza-lavoro per le industrie. Le mogli, in larga parte, restano nelle terre natie, per accudire figli e figlie; una condizione che ne accresce ancor più le responsabilità verso la famiglia, facendone maturare la consapevolezza della personale capacità di autonomia di scelta e decisione. E’ la consapevolezza, che si combina con la conquista delle libertà costituzionali dello Stato repubblicano e del pluralismo politico della democrazia rappresentativa. Un passaggio, questo, che Gaetana Aufiero focalizzava, evocando l’atmosfera di passione civile, di cui le donne furono protagoniste con il voto sul referendum istituzionale del giugno del ’46 – a suffragio universale con piena parità di genere- e nelle elezioni politiche del ’48. L’ulteriore trasformazione sociale sarebbe stata innescata dalla scolarizzazione diffusa con il diritto allo studio, tra i principi fondanti della Carta costituzionale.
Era il respiro del progresso civile, che si manifestava in pieno; quel respiro, che in Irpinia tra l’800 e il ‘900 aveva espresso figure altamente simboliche per profondità di cultura e sensibilità sociale con Giuseppina Mascilli e Carolina Pironti , rispettivamente moglie e figlie di Michele Pironti, personalità di spicco della rigorosa Destra storica, giurista di assoluta eccellenza, parlamentare e Ministro guardasigilli dei governi presieduti da Menabrea . E su Giuseppina Mascilli e Carolina Pironti si soffermava la dottoressa Marisa Anzalone, direttrice della Biblioteca provinciale di Avellino, con “ medaglioni” a tutto tondo, rappresentandone la nobiltà dei sentimenti e il coraggioso rapportarsi con il vivere civile, nella Montoro e nell’ Irpinia del loro tempo.
IL CORANO E LE INTERPRETAZIONI STRUMENTALI. IL FEMMINISMO ISLAMICO E LA MODA DEL BELLO ESPRESSIONE DI LIBERTA’
L’obiettivo sul Medio Oriente, a cui l’Europa e il Sud d’Italia si saldano attraverso le acque del Mediterraneo, era rivolto con i tasselli esplicativi in power point dalla professoressa Daniela Romano, docente di Lingua e civiltà araba. Un’ originale sequenza di immediata presa e approccio, fatta di immagini, lingua scritta e riflessioni “parlate” dal vivo. Nucleo centrale dell’intervento di Daniela Romano il senso reale della questione femminile nei Paesi islamici, determinata da condizioni storiche e sociali e non certo da fattori religiosi. Un punto d’attacco, per evidenziare che “ la subalternità delle donne verso gli uomini è dovuta alla lettura tradizionale del Corano; un’interpretazione generata da un lavoro esegetico d’impronta esclusivamente maschilista in una società patriarcale e propagatasi nei secoli ”. La poligamia e la misoginia non sono altro che un’evidente testimonianza delle interpretazioni strumentali, in chiave maschilista, del Testo sacro dell’Islam, ch’è la seconda religione nel mondo, con un miliardo e duecento milioni di praticanti, e segue per diffusione quella del Cristianesimo e delle sue varie professioni di fede.
In questo prospetto, l’analisi di Romano si concentrava sulla crescita, nonostante gli ostacoli e le difficoltà da superare del femminismo islamico, fenomeno culturale e sociale che ha già trovato radici estese in alcuni Paesi del mondo arabo. E’ il fenomeno, che promuove l’emancipazione delle donne, nel segno della consapevolezza dei propri diritti e opportunità nei contesti sociali di riferimento; primaria finalità del fenomeno è il sostegno alle donne nel “districarsi tra sistema patriarcale e religione per vivere lo spirito del tempo, difendendo il diritto alla femminilità nel conciliare l’amore per la bellezza con i principi religiosi ”. Un percorso lungo il quale si muove la Moda con straordinari effetti. E’ la Moda, che si fa veicolo ed espressione di libertà, declinando estetica e visione islamica. Un forte volano di evoluzione umana identificato con la dimensione–fashion.
LA RICERCA SCIENTIFICA E I GIOVANI
Il sigillo al convegno era impresso dal lineare e limpido intervento della dottoressa Giuseppina Divisato dell’Istituto di genetica e biofisica del Cnr di Napoli e ormai prossima a conseguire il titolo di Dottorato in Scienze biomolecolari. La giovane ricercatrice ripercorreva il cammino finora compiuto negli studi e delle scelte fatte con convinta determinazione per il grande interesse che nutre verso la Genetica e l’ampia gamma delle sue applicazioni con orizzonti sempre più aperti. Una dedizione, la sua, per il sapere scientifico, filtrato dalla concezione umanistica della vita.
Rilievo particolare, Giuseppina Divisato, riservava alla recente scoperta del gene responsabile del tumore a cellule giganti, associato al morbo di Paget, che è una forma di tremenda e aggressiva degenerazione ossea; una scoperta, che si deve al team di ricerca, di cui è componente, e coordinato dal dottor Fernando Gianfrancesco. Un’esperienza di studio di significativo interesse e impegno, che ha fatto registrare il primo e importante step , che condurrà alle soluzioni praticabili in farmacologia per le specifiche terapie, anche se il percorso da seguire non sarà affatto breve. Sottolineato che il progetto di ricerca, approdato agli importanti esiti della scoperta compiuta dopo cinque anni d’intenso impegno corale in Laboratorio, ha preso le mosse nel 2010, la ricercatrice ne rendeva merito di condivisione a Telethon e all’ Airc, le cui iniziative umanitarie promuovono e favoriscono la ricerca scientifica. Un versante, questo, su cui l’articolazione del Consiglio nazionale per la ricerca operante a Napoli costituisce un’indubbia eccellenza in ambito europeo.
Una testimonianza, quella di Giuseppina Divisato, che evidenzia l’importanza degli investimenti morali e di ordine economico che la società e le istituzioni possono e debbono fare sui giovani- e sono tanti, ben più di quanto si immagini- di qualità, per volontà e intelligenza, nel coniugare studio e lavoro.