ALLA RISCOPERTA DEL QUARTIERE “VESUNI”, IL PRIMIGENIO NUCLEO DELL’ABITATO URBANO, SEGUENDO LE TRACCE DI FATTI, PERSONE E PERSONAGGI CHE NE HANNO RAPPRESENTATO ALCUNI SIGNIFICATIVI ASPETTI NELLE ATMOSFERE DELL’IMMEDIATO SECONDO DOPO-GUERRA MONDIALE.
E’ sempre interessante e proficuo portatore di novità, l’approccio che permette di …aprire lo scrigno della quotidianità così com’è stata vissuta da una comunità, piccola o grande che
sia; scrigno, dal quale si dipana ed allunga il filo di quella memoria sana e schietta, in cui s’incrociano e mescolano luci ed ombre, rispecchiando la concreta dimensione della nuda realtà, senza indulgere alla strabica nostalgia, che nei giochi dell’’autosuggestione spesso enfatizza e mistifica il passato, finendo per consegnare all’oblio le laceranti miserie sociali, brutture e deprivazioni materiali, da cui pure è stato abitato…e caratterizzato.
Una ricerca, che per la Baiano qual è stata, non poteva che avere come fondale di rappresentazione il quartiere “ Vesuni ”, il primigenio nucleo dell’insediamento umano e abitativo, formatosi ai primi secoli del Mille; quartiere pulsante di vita fino agli anni che precedettero gli eventi sismici del novembre dell’ 80 e del febbraio dell’81, per subire nel volgere del tempo più recente il progressivo spopolamento e la perdita di quell’animazione di lavoro e di pubblico conversare, che n’é stato sempre il tratto identificativo. Un contesto in cui si avvertono le sensazioni dell’abbandono e di chiusura in se stesso, nonostante gli interventi compiuti – grazie ai cospicui finanziamenti pubblici- per la ricostruzione abitativa; interventi, però, privi di una visione complessiva che fosse funzionale alla tutela dell’identità storica del quartiere e che hanno interessato l’intero e diffuso tessuto delle “case rurali”, costituite da vani terranei in filiera, plurisecolare simbolo dell’edilizia cosiddetta minore o povera , realizzata con materiali di scarsa qualità, con cui si era connotato nel tempo.
Era un variegato panneggio, scandito e attraversato qua e là da testimonianze di edilizia cosiddetta maggiore con significative “Case palazziate”, per lo più risalenti al ‘ 700 e all’ 800, impreziosite da pregiati portali con gli stemmi di casata familiare cesellati sulla pietra della chiave di volta nell’arco a tutto sesto, oltre che da accoglienti androni aperti su confortevoli corti e spaziosi giardini. E va rilevato che la prima e la seconda forma costruttiva saranno “cancellate” e dismesse dalle applicazioni del “cemento armato” con …anime e imbracature in ferro, il cui utilizzo s’imporrà con la robusta…duttilità che ne costituisce la peculiarità oltre sessanta anni fa, sostituendo al meglio le “malte” tradizionali. Un materiale di profonda e radicale innovazione nell’edilizia.
LA MAPPA TOPOGRAFICA RACCONTA IL QUARTIERE
A far da prologo alla ricerca del… Come eravamo – nei locali del Circolo L’ Incontro– la ricognizione particolareggiata degli elementi che compongono la mappa topografica del quartiere, attraversato dai ben pavimentati assi stradali di via San Giacomo Apostolo e di via Nicola Litto , su cui s’innervano molteplici stradine, e circoscritto dai versanti laterali di corso Garibaldi e della Circumvallazione della Strada statale della 7-bis ; una ricognizione al dettaglio in sequenza fotografica, con proiezione in diapositive, realizzata ed illustrata dal professore Enrico Stago, con l’inclusione della stilizzata mappatura dell’area del quartiere, rappresentativa della connessa espansione urbanistica nel corso dei tempi ed estratta dalla Tesi di laurea in Beni culturali calibrata proprio su Baiano, elaborata da Carmela Iannucci, giovane studiosa di Lauro. Una ri-visitazione dei luoghi-simbolo del quartiere, tra cui i “Pilastri ” in pietra lavica, innestati in altri corpi di fabbrica ed improbabili espressioni della porta d’ingresso – dal lato di via San Giacomo– che immette nel quartiere, il “Largo Picciocchi”, dove fino agli anni ’50 del secolo scorso si allestiva “ ’O Maio ‘ e sapone ”, ad…imitazione dell’”Albero della cuccagna”, la Chiesetta dedicata a San Giacomo, il Mini-parco con Portico, “ ‘O catafalco”, la caratteristica piazzetta in cui spiccano l’Ulivo e il Murale, realizzato da Luigi Falco, “ ‘O Crocifisso”.
E la ri-visitazione toccava l’importanza – per Baiano – sia della Circumvallazione della Strada statale della 7-bis, variante dell’Appia, sull’asse di collegamento Capua– Avellino, sia della rete fognaria lungo il Corso Garibaldi, con il doppio sistema di deflusso per le acque piovane e per le acque reflue; opere strutturalmente importanti per l’assetto sociale ed urbanistico ch’è venuto assumendo il centro abitato, oltre che innovative per impostazione progettuale ed esecuzione, risalenti ai primi decenni del ‘900, con l’amministrazione del sindaco pro tempore e consigliere provinciale di Avellino per circa 15 anni, l’avvocato Giuseppe Lippiello. E nel 1885 era stata inaugurata la stazione terminale della prima tratta del sistema di mobilità su ferro della Circumvesuviana, la Napoli–Nola–Baiano, in piazza IV Novembre, ad un tiro di schioppo dal palazzo municipale, nel cuore del territorio cittadino. Come dire la ferrovia a portata di casa….
NGIULINELLA ‘E ON GIUVANNI E LA RISERVATA “CUMMARELLA”
Ad animare e arricchire lo scenario disegnato dalla ricognizione di Stago, era la verve narrativa di Romeo Lieto, che faceva rivivere in intensi flash back “ Persone e personaggi, fatti e piccole storie nostrane…” , simboliche e plastiche testimonianze degli anni del secondo dopo-guerra mondiale, quasi a rappresentare l’intera comunità cittadina, i cui ritmi di esistenza erano strettamente correlati dall’economia dell’autoconsumo, ancorata all’agricoltura, all’artigianato e a quella “ Grande fabbrica… di magnifico green naturale” qual è stato per secoli il Bosco Arciano con i suoi castagneti, che… alimentavano, a seconda dei ritmi stagionali e della cadenza dei “tagli”, la filiera non solo della produzione di ceste, “panari”, “panarielli” e “ cuofani” destinati ai mercati ortofrutticoli di Napoli e Nola, ma anche quella delle locali falegnamerie artigianali specializzate nella fine lavorazione di arredi ed infissi di alta qualità e con conservazione secolare garantita, per finire alle filiere dei “ catuozzi ” per la …produzione del carbone domestico, dei forni “ per il pane confezionato in casa ” e delle “carcare” in cui venivano “cotte” le pietre calcaree…da trasformare in calce per l’edilizia.
E su queste tracce si animava lo schermo del racconto di Lieto, con il primo piano riservato all’imponente e slanciata figura di Ngiulinella ‘ e on Giuvanni, la capo-squadra per antonomasia delle raccoglitrici delle fascine – ‘e sarcinielli- nel Bosco Arciano. Era duro il lavoro, quello della raccolta e del trasporto dal monte a valle delle fascine utilizzate per varie attività; lavoro che si svolgeva per lo più nei mesi primaverili e autunnali e richiedeva sia capacità di spedito e buon passo, sia doti di equilibrio per il peso e l’ingombro delle fascine; doti,il cui esercizio era reso praticabile da calzature a pianella, formate da stracci ben assortiti ed infilati in una calza, con cuciture rigide e forti, che ne assicuravano la tenuta ad elevata affidabilità.
Le fascine, in blocco di cinque, erano “caricate” sul capo e poggiavano sul caratteristico “coruoglio”. Né va dimenticato che ci si incamminava verso il Bosco nelle ore antelucane, quando la notte era ancora alta e il chiarore lunare giocava tra i rami dei noceti e dei noccioleti, proiettando sulla strada sghembe figure e… strampalati ghirigori, che non mettevano paura, anzi sollecitavano lo…spirito di squadra.. Il rientro in casa avveniva sul far del mezzogiorno e la remunerazione per Ngiulinella e le sue compagne di fatica era di alcune decine di lire alla giornata… Erano le paghe generalizzate di quanti in quei tempi “ campavano jenno a ghiurnata”, quando c’era e adattandosi a tutte le opportunità di lavoro. Ed erano in tanti…
.…Alla carismatica ed energica Ngiulinella ‘ e on Giuvanni, il narrantore affiancava , per ossequio al principio degli opposti, quella di un’altra donna, molto discreta, riservata e di scarne parole. Era la sorella del parroco della Chiesa dei Santi Apostoli, don Aniello Sales, grande bibliofilo che nella Casa canonica custodiva i libri editi dalla Laterza, in cui faceva bella mostra l’intera produzione filosofica e letteraria di Benedetto Croce. Era tale la discrezione da cui era avvolta che non se ne conosceva neanche il nome, forse Nicolina. E così era chiamata “ ‘ a cummarella”, appellativo affettuoso ancorché …spersonalizzante. Aveva – “ ‘ a cummarella”- due preclare qualità, che la rendevano ammirevole: era raffinata ricamatrice e si dedicava alla cura della Chiesetta di Fontana Vecchia inserita in un organico complesso abitativo, esemplare modello di edilizia rurale, con il portico in pietra viva, lungo l’asse di rapido collegamento collinare tra Baiano e Visciano.
L’intero complesso della Chiesa di Fontana Vecchia , un tempo incardinato nella disponibilità patrimoniale della Chiesa dei Santi Apostoli, è stato a suo tempo “privatizzato” ed ora versa nell’abbandono, ridotto ad ombra di quello ch’era. Il degrado è iniziato nei decenni scorsi, quando “ ’a cummarella”, vinta dagli acciacchi e affanni dell’età, non ha avuto più la possibilità di dedicarsi alla storica Chiesetta insieme con i contadini del tempo che fu…
GENNARINO ‘O CARCARARO E SABATIELLO …“PRIMO CITTADINO”
….Altri primi piani del film narrativo “ montato” da Romeo Lieto fissavano il profilo e la laboriosità di Gennarino ‘ O Carcararo e la maliziosa “ storia” di Sabatiello….”primo cittadino”. Gennarino utilizzava al meglio nelle “ carcare” la tecnica della “cottura” delle pietre estratte dalle cave del territorio, per trasformarle in bianca calce, che veniva conservata in appositi depositi, ” ‘e caucinari ”. L’efficacia della lavorazione toccava il top solo in virtù della collaudata e giusta sovrapposizione delle pietre, in modo che gli interstizi fossero attraversati soltanto dalla fiamma viva, che veniva alimentata dalle fascine. Gennarino eccelleva nella gestione delle “ carcare ”,ma era anche uno straordinario camminatore e sopratutto un affabulatore inesauribile, con la classica, perenne pipa pendente dall’angolo della bocca, in grado di tenere banco per ore tra gli amici, che frequentavano il Circolo sociale….E tutta da ridere è la “storia” di Sabatiello, che si definisce… “primo cittadino” di Baiano, perché la sua abitazione era la prima del territorio comunale, per chi proveniva da Napoli e…attraversava la Strada statale della 7-bis. E’ un’autoproclamazione maliziosa, che gli permette di giustificarsi verso il Maresciallo dei carabinieri che gli chiedeva ragione delle lamentele che avrebbe pronunciato nei confronti del legittimo “primo cittadino”, “Peppe ‘e Maria Grazia”, eletto in rappresentanza del Partito comunista. Impossibile, anzi offensivo proprio nei suoi confronti – sostenne Sabatiello– che ci fosse qualcuno che si era lamentato del “primo cittadino”, essendo egli… il ” primo cittadino”.
Al che il Maresciallo ragguagliò Sabatiello sul significato di funzione pubblica che spetta al “Primo cittadino”, inteso come sindaco, liberamente eletto.; così l’equivoco fu…chiarito e tutto finì in …risata. In realtà, tra il “ Primo cittadino” votato dagli elettori e il “Primo cittadino” …per residenza abitativa un po’ di gelosia di mestiere doveva esserci: svolgevano l’attività di sensali per i prodotti agricoli….E forse il ruolo esercitato favoriva il legittimo Primo cittadino, suscitando il risentimento di Sabatiello
Altra “storia” ridanciana sciorinata da Romeo Lieto, quella di cui è protagonista Mastro Andrea Barba, calzolaio e negoziante di calzature, oltre che suonatore di sassofono contralto nella Banda musicale cittadina. E’ la “storia” di un pacco contenente un paio di stivali, dotati di sopratacchi speciali, per “nascondere” dollari coniati in oro, di cui era vietato il “trasferimento” dagli Stati uniti d’America verso Paesi esteri. Il pacco, affidato ad un amico – tale Giovanni della vicina Sperone- con una lettera di notizie personali e con la “raccomandazione” di sostituire i sopratacchi speciali, gli era stato inviato dal fratello Martino,che negli States aveva fatto fortuna.
Mastro Andrea, ricevuto il pacco, ebbe cura di eseguire la…”raccomandazione”. Ma la rimozione dei sopratacchi si rivelò impossibile per lui e anche per l’amico Cusumiello, anch’egli calzolaio e suonatore di tromba nella Banda musicale cittadina. Anzi, Cusumiello nel tentativo che fece avvertì una specie di ticchettio, da cui restò spaventato; e pensò che il ticchettio provenisse dal qualche rice-trasmittente ben mimetizzata ad opera di Servizi segreti, di cui si…favoleggiava in quei tempi ed impegnati a controllare l’amministrazione comunale. E lo spavento fu tale che Cusumiello, senza alcun indugio, restituì il paio di stivali all’amico… Mastro Andrea non desistette e si recò a Napoli da un amico calzolaio, che disponeva di apparecchiature idonee a rimuovere gli ormai “famosi” sopratacchi. E l’arcano fu scoperto: quei sopratacchi speciali erano stati rimossi dalla chiodatura ad uncino proprio dall’amico napoletano, al quale il paio di stivali era stato portato tempo prima.
Una volta prelevati, aveva sostituito i dollari in conio d’oro con alcune piccole e sottili piastrine in ferro per…colmare il vuoto lasciato. Erano proprio le piastrine che emettevano lo strano ticchettio, che aveva messo paura a Cusumiello. Dopo qualche tempo a Mastro Andrea fu recapitato un plico postale contenente una somma di denaro. L’ anonimo mittente scrisse che la somma di denaro era quanto restava delle spese sostenute per un intervento chirurgico, a cui era stata sottoposta una bambina di otto anni, in un ospedale di Napoli; intervento riuscito e reso possibile con i dollari in conio d’oro.
Mastro Andrea tra sorpresa e incredulità informò il fratello Martino dell’epilogo della “storia”. L’uno e l’altro ne gioirono. Non poteva essere altrimenti….