LA RINOMANZA INTERNAZIONALE DI TORRE DEL GRECO PER LA LAVORAZIONE ARTISTICA DEL CORALLO E DEI CAMMEI E GLI STATUTI DEL REAL COLONIA E DELL’ OPIFICIO SERICO DI SAN LEUCIO DI CASERTA: FILI TEMATICI DELLE “CONVERSAZIONI” DI SALVATORE ASCIONE E ANGELO PERNA.
Percorsi retrospettivi, con l’obiettivo sull’attualità e sul futuro, da Torre del Greco a San Leucio. Come a dire dal litorale partenopeo al cuore di quella che – fino al 1861- nella mappa amministrativa del Regno delle Due Sicilie si identificava con la denominazione di Terra del Lavoro, includendo l’area nolana e la cosiddetta Bassa Irpinia, e che attualmente coincide con la provincia di Caserta. Sono i percorsi, con cui si è sviluppato il Focus dell’agenda della conoscenza della micro-storia dei territori, nei locali del Circo socio-culturale de “L’Incontro”. Un Focus, animato con ricchezza di argomenti e di dettagli documentali, da Salvatore Ascione, imprenditore di lungo corso e con interessanti esperienze internazionali, in Europa e in Asia, e da Angelo Perna, docente di Economia negli Istituti statali d’istruzione superiore.
Tema allettante, quello analizzato da Ascione, per condurre alla ri-scoperta di Torre del Greco attraverso la secolare quanto raffinata lavorazione artistica ed artigianale del corallo, dei cammei e delle perle, che ha conferito rinomanza e prestigio internazionale alla città il cui toponimo deriva, secondo attendibili studi, dalla pietra miliare della Turris octava, che ne segnava la distanza da Napoli; pietra miliare, che sarebbe diventata il fulcro dell’assetto urbanistico, che è venuta assumendo la città nel corso dei secoli, la quarta per indice demografico in Campania, dopo Napoli, Salerno e Giugliano. Una lavorazione di pregio, la cui materia prima si trovava nel Golfo partenopeo, anche se non in larga disponibilità; lavorazione, che con la correlata e capillare commercializzazione sui mercati interni ed esteri, si è notevolmente diffusa ed incrementata nell’Ottocento e fino alla prima guerra mondiale, facendo collocare con autorevolezza Torre del Greco nelle posizioni di “vertice” della scala del commercio internazionale per il settore, in particolare competizione con Marsiglia, il Giappone e la Cina. Un ruolo, che si consolida ed amplia dal secondo dopo-guerra ai nostri giorni, per un trend che si apre a prospettive, anche in correlazione con lo sviluppo dell’arte orafa, pur in un contesto concorrenziale cresciuto e coincidente con le dinamiche della società globalizzata.
E’ la competizione, che, ieri come oggi, la città fronteggia al meglio con la laboriosità dei suoi artigiani\artisti del corallo e meticolosi incisori degli eleganti e ricercati cammei. Una competizione, fatta di sofisticate tecniche di manipolazione e di creatività, che crea la ricchezza di Torre del Greco, in uno con la cantieristica e le imprese armatoriali, funzionali alla costruzione e all’allestimento delle “coralline”’, le navi, che si utilizzavano per il trasporto delle preziose partite di corallo, destinate ai tanti laboratori artigianali cittadini. Ed il corallo, per lo più, si “pescava” nei fondali del Mare Mediterraneo , con l’utilizzo del cosiddetto “ingegno”, lo strumento che permetteva d’incidere i banchi, per estrarre la preziosa materia, che finivano in reti speciali. Le partite di corallo, “pescate” o comprate provenivano- e provengono- dai Paesi dell’ Africa del Nord, dalla Cina e dal Giappone, oltre che da Sardegna, Corsica e da quella Sicilia, resa celebre per i coralli di Sciacca, caratteristici per le straordinarie sfumature di colore arancione, vere gemme di eccellente attrazione e bellezza per la varietà dei modelli, in cui sono trasformate per produzioni raffinate. Per la marineria torrese, tuttavia, nel passato e in assenza anche di codici di regolamentazione internazionale, l’attività della “pesca” era piena di insidie e pericoli, soprattutto nelle aree costiere africane, e le “coralline” subivano le frequenti scorrerie dei pirati.
Un prospetto significativo, quello presentato da Salvatore Ascione , nel disegnare la mappa dei siti di “pesca” del corallo, in combinazione con la lavorazione e la commercializzazione dei prodotti “finiti” in ogni angolo del mondo; una connessione, che rende Torre del Greco non solo città di mare, ma anche e soprattutto cosmopolita, sotto tutti i profili. Una condizione, per la quale la città guarda gli ampi orizzonti del mare, su cui si specchia il Vesuvio; e sono gli orizzonti sia delle attività produttive e commerciali in sé, sia… delle vie di fuga e salvezza, quando si scatena con le sue furibonde eruzioni lo “sterminator Vesevo”, tanto efficacemente descritto e narrato ne “La ginestra, o fiore del deserto”, la vigorosa e splendida lirica, permeata di “pensiero poetante” nel segno dell’” arido vero” e composta da Giacomo Leopardi nella Villa Ferrigni, proprio a Torre del Greco, respirandone l’aria salubre, frammista di brezza marina e dell’ossigenazione delle aree montane circostanti.
IL CODICE LEUCIANO E IL REAL OPIFICIO SERICO
Nel rapportarsi all’eccellenza produttiva, che ruota intorno al corallo, il professore Angelo Perna, attento ed operoso cultore di storia locale, apriva i riflettori dell’attenzione sul ‘70O, il secolo dei Lumi, da cui promanò il “dispotismo illuminato”, attecchendo nel Regno delle Due Sicilie, governato da Ferdinando IV e dalla regina Maria Carolina, sulla scia della realizzazione- nel Regno di Napoli- di quel notevole programma di opere pubbliche e riforme, di cui era stato promotore e artefice Carlo III, in virtù anche del lucido apporto di Bernardo Tanucci, primo ministro, a cui si deve, tra l’altro, sia la marcata rivendicazione del primato della laicità dello Stato nell’esercizio delle proprie funzioni rispetto al potere temporalistico della Chiesa cattolica, sia l’attivo impegno l’abolizione dei privilegi feudali di cui beneficiava il clero.
L’identikit delle opere pubbliche realizzate in quel periodo – dalla costruzione dell’Acquedotto carolino all’eccezionale e mirabile sistema ingegneristico dei Ponti della Valle di Maddaloni, dalla Reggia di Caserta alle Regge di Portici e Capodimonte, dall’Albergo dei poveri al grande complesso della Reggia di Carditello, con l’annessa azienda agricola e l’allevamento zootecnico, specie per le razze equine- costituisce la testimonianza vissuta e concreta dell’influsso, esercitato ad ampio raggio in Europa dalle idee innovative d’Oltralpe. Un processo alimentato in Europa da fior di pensatori, quali sono stati Condillac, D’Holbach, Voltaire, per non dire dell’ Enciclopedia delle scienze, delle arti e dei mestieri, l’ Encyclopedie ou Dictionaire raissoné des sciences, des arts et des métiers, la grande opera di divulgazione culturale, elaborata da D’Alembert e Diderot, quale veicolo di emancipazione dalla schiavitù dell’ignoranza, dal fanatismo e dalle superstizioni, dischiudendo gli orizzonti della cittadinanza, incentrata sulla parità di diritti e doveri.
E’ lo scenario, in cui si inserisce l’istituzione della Colonia di San Leucio – con il Real opificio serico- sull’omonima collina, nel più ampio e articolato contesto della Reggia di Caserta. Era il progetto di Ferdinandopoli, che avrebbe dovuto rappresentare la Città della società ideale, quasi riproducendo le Utopie, di cui furono alfieri ed assertori nel ‘500 e nel ‘600 Tommaso Moro e Tommaso Campanella. E’ la società ideale, che, tuttavia, rispecchia il pensiero del tempo, orientato sulla modernità, che irrompe sul teatro della storia umana proprio nel ‘700; spirito di cui danno rappresentazione eloquente gli Statuti della Colonia e del Real opificio, il cui compendio forma il famoso Codice leuciano.
Negli Statuti- evidenziava Perna– l’egalitarismo e il valore della libertà primeggiano, configurando un modello ante litteram di socialismo o di solidarismo socialista. Il primato dell’istruzione e dell’educazione formativa è una delle coordinate degli Statuti, in uno sia con il principio della buona fede, a cui vanno conformate tutte le relazioni sociali, senza soperchierie verso il prossimo, sia con il principio del rispetto del merito, che esprime le qualità e la dignità reale della persona umana. La valorizzazione del ruolo della donna e la centralità della famiglia formano un altro capitolo degli Statuti. Di particolare durezza e severità sono, altresì, le disposizioni che condannano le ruberie pubbliche e private, additandone i responsabili alla vergogna e al disprezzo generale.
Nell’osservanza dei principi statutari, la Colonia di San Leucio è strutturata come un’organizzazione di lavoro, che richiede alta specializzazione, qual è quella funzionale alla produzione della seta. E’ l’assetto del Real opificio serico, una specie di industria di Stato, che non persegue l’attuazione del profitto in sé e per sé quanto, a voler semplificare, il congruo equilibrio di bilancio tra la remunerazione delle produzioni commercializzate e i costi sostenuti, inclusivi sia delle giuste retribuzioni per i lavoratori che della materia prima e della manutenzione delle macchine idrauliche, utilizzate per il ciclo di lavorazione, la cui energia era alimentata dall’Acquedotto carolino. E c’è da evidenziare che alla filiera delle produzioni seriche si rapportava l’allevamento dei bachi da seta, le cui secrezioni in filamenti erano l’essenza della materia prima da trattare; bachi, il cui nutrimento era dato dalle foglie dell’albero di gelso. Un albero, quello del gelso, la cui coltura e cura si diffuse sui territori in modo considerevole, fornendo ritorni economici significativi. Un sistema efficiente, che rese le produzioni seriche del Real opificio ben presto rinomate e richieste sui mercati interni e internazionali. Un trend di eccellenza che prosegue, con le innovazioni imposte dai tempi e l’inserimento del sistema produttivo nell’ambito dell’Area di sviluppo industriale di Caserta.
E, per inciso, sarà superfluo rilevare che le prescrizioni degli Statuti, nella loro visione rivoluzionaria e pur destinate alla ristretta società della Colonia di San Leucio, senza che ne fosse prefigurato l’ampliamento del raggio d’azione sull’intero Regno delle Due Sicilie, restano un’importante rappresentazione delle idee, da cui furono ispirate, tributarie della cultura illuministica e delle istanze della Massoneria umanitaria, di cui era voce autorevole Antonio Plandelli, che esercitò un ruolo di rilievo nella Corte ferdinandea.
Per la costruzione della società libera e democratica, il cammino della storia sarà ancora lungo, attraversando il travagliato Secolo breve del ‘900, attraversato dai totalitarismi e dagli autoritarismi, con il contrappunto di due guerre mondiali e una miriade di conflitti regionali. Ma questa è un’altra narrazione, con vicende composite e multiformi nei profili, la cui comprensione è possibile, se si evitano “letture” di senso unico e di pre-giudizio o, peggio ancora, filtrate da schemi ideologici.