Così potrebbe iniziare il racconto un po’ reale e un po’ fantasioso dei nostri monti, una volta ricoperti di boschi lussureggianti e ridotti, dall’intelligenza umana, ad una terra brulla, segnata come la schiena di un “galeotto” da numerose cicatrici.
Purtroppo è questa la storia delle nostre montagne che hanno visto negli ultimi decenni depauperare letteralmente il proprio manto forestale. Oltre la trasformazione di una parte cospicua di esso in uliveti e noccioleti, il bosco ha subito una drastica riduzione del suo areale primitivo a causa degli incendi dolosi. Si può capire chi taglia il bosco per trarre l’energia necessaria a cuocere i cibi e a riscaldarsi, si può capire chi incendia la foresta per farne campi agricoli dove c’è la fame, come nei paesi del terzo mondo, ma non si capisce affatto chi incendia per disattenzione o per “calcolo perverso” in un paese “ricco” come il nostro, dove c’è energia e cibo in eccedenza.
Il passaggio del fuoco causa danni alla copertura boschiva che, in funzione della gravità del trauma sofferto, impiegherà un periodo più o meno lungo per rigenerarsi, con conseguenti ripercussioni sulla produzione legnosa e sull’aspetto paesaggistico (come sta accadendo oggi lungo i versanti di Monte Campimma, di Travertone o ancora sui fianchi delle località Vallicelle e La Croce).
Vi sono poi i danni agli animali che vivono nel bosco, che sono colpiti in funzione della possibilità di fuggire o comunque di ripararsi dalle fiamme o dalla riduzione delle risorse alimentari, dopo l’incendio. Anche animali dotati di grande mobilità come gli uccelli possono restare uccisi, travolti dalla vampa rovente che gli ustiona i polmoni.
Questi fenomeni causati dal fuoco solo dopo tempi più o meno lunghi tenderanno a scomparire. Quando brucia un bosco, non dobbiamo solo pensare agli ettari percorsi dalle fiamme, ai danni ecologici ed economici, ma dobbiamo riflettere anche sui valori immateriali perduti, sui ricordi, sulle emozioni, sui sentimenti della gente. È ben vero che il bosco ritorna dopo molto tempo sulla terra bruciata, ma è un altro bosco e del passato rimane in noi solo il suo ricordo. Ecco perché deve nascere, crescere e diffondersi la ribellione passiva dell’olocausto della natura. Tuttavia questo fenomeno non è una novità né di casa nostra né dei nostri tempi: in Canada ad esempio hanno innalzato lungo certe autostrade dei cartelli, in cui si vede raffigurata una forca, da cui pende una sigaretta. Dietro si allarga un panorama forestale devastato dal fuoco. Sotto la forca, una scritta: “Qui, dovrebbe pendere chi l’ ha gettata”. Napoleone nell’ottocento diede disposizioni di individuare i colpevoli degli incendi che si verificavano sulla Costa Azzurra e di farli fucilare. Personalmente ritengo che un ritorno dei metodi della “Santa Inquisizione” per processare e condannare questi individui sarebbe ideale!!
Gli enormi benefici che le foreste riportano all’ambiente sono conosciuti da tempo, anche se gli uomini, in realtà, non sembrano aver compreso bene. Quindi non nuoce ripetere alcuni principali benefici: le foreste sono innanzitutto grandi laboratori per la fotosintesi clorofilliana, il processo attraverso il quale l’energia luminosa è utilizzata per sintetizzare composti organici a partire dall’acqua e dall’anidride carbonica. Un prodotto di questo è l’ossigeno, indispensabile per la nostra vita. I boschi inoltre sono anche noti regolatori del clima, riescono cioè ad avere un proprio clima interno che, considerando l’estensione totale delle superfici, incide significativamente sul clima terrestre. Ancora, assorbendo l’anidride carbonica contrastano l’effetto serra, sono un mantello protettivo per il suolo, che lo difende dall’azione degli agenti esogeni; frane, alluvioni e valanghe si verificano soprattutto nelle zone prive di copertura forestale. Gli alberi frenano l’impeto del vento, trattengono le piogge, sono depositari degli andamenti climatici, banche dati della vita. Solo essi possono individualmente varcare la soglia dei millenni. Non da ultimo è necessario ricordare come i boschi siano anche un serbatoio di diversità biologica o biodiversità, l’insieme cioè delle forme di vita, animali e vegetali che oggi popolano il nostro pianeta, l’unico, per quanto ci è dato di saperne di ospitare la vita.
Come dobbiamo combattere allora per difendere dagli incendi il bosco, bene così prezioso per la nostra vita e per le nostre future generazioni? A cosa può servire un catasto delle aree bruciate istituito qualche anno fa, se le leggi non vengono rispettate per l’assenza di un costante controllo sul territorio?
Cosa possono fare canadair o elicotteri contro questi piromani di “mestiere”?
Per rispondere a questi interrogativi possiamo dire che attualmente qualsiasi strategia di prevenzione, per quanto valida nei suoi principi ispiratori, è destinata a fallire se non sostenuta dalla partecipazione della gente, sia in termini di convincimenti sia d’azioni materiali. È indubbio che una simile partecipazione potrà essere ottenuta soltanto se le persone prenderanno coscienza del ruolo insostituibile che il bosco e gli alberi in genere svolgono nel mantenimento degli equilibri naturali, fondamentali per uno sviluppo sostenibile di tutto il pianeta, e quindi della nostra vita. Solo così potremmo vincere questa battaglia che ci ha visto fino ad ora molto spesso perdenti.
(Stefano Lanziello)