Diabete mellito ed obesità, con l’interfaccia del sovrappeso. Un intreccio sinergico, che ha ormai assunto la definizione idiomatica di diabesità, recependo le modalità diagnostiche e la terminologia casistica, che sono peculiari del linguaggio medico-scientifico d’impronta anglosassone degli Stati Uniti. Fenomeni patologici, la cui diffusione crescente e capillare, non solo è fattore di condizionamento negativo per gli standard della normale qualità della vita umana, ma comporta anche costi economici per le famiglie; costi penalizzanti soprattutto per le famiglie meno abbienti, che già per se stesse vivono la marginalità sociale. E sono costi economici, che negli Stati, in cui è operativo il Welfare, con l’annesso servizio sanitario nazionale, hanno già raggiunto un livello di particolare onerosità, che fanno lievitare la fiscalità generale. Significativo il dato statistico dei costi che viene sostenendo il Servizio sanitario nazionale in Italia, per il contrasto terapeutico ai fenomeni sotto la lente d’ingrandimento. Sul finire degli anni ’90 erano di poco superiori ai cinque miliardi delle lire del vecchio conio, negli ultimi anni hanno raggiunto il tetto dei 15 milioni di euro, pari a trenta miliardi di ex-lire. Un trend numerico, che parla da solo. E, restando nell’ambito del cosiddetto Bel Paese, attualmente oltre cinque milioni sono le persone, che vivono in stato di obesità e circa 18 milioni quelle che versano in condizioni di sovrappeso.
Se si sposta l’obiettivo su scala planetaria – stando ai dati ufficiali dell’Organizzazione mondiale della sanità, ma risalenti alla prima metà del decorso decennio- un miliardo di persone è in sovrappeso, mentre oltre trecento milioni di persone sono obese. Sono indicazioni statistiche, per le quali l’Oms oltre cinque anni fa ha lanciato un vero e proprio allarme, prospettando le dimensioni di quella che può considerarsi un’ epidemia globale, utilizzando l’espressione idiomatica di globesty. In Europa, restando sempre ai dati-Oms accennati, metà della popolazione adulta oscilla dalle condizioni di sovrappeso a quelle di obesità, mentre in vari Paesi del Vecchio continente il 30% della popolazione è clinicamente obeso. E’ una spirale, che continua ad avvolgersi su se stessa, assumendo sempre di più i profili dell’irreversibilità, per l’approdo terminale alla diabesità.
Sono- questi- alcuni aspetti di fondo, emersi dalla conversazione sulla tematiche dell’obesità e delle attività motorie; conversazione, svoltasi nella sede del Circolo L’Incontro, con gli interventi del medico Stefano Masi, dell’Asl Salerno\1, specialista sia di Endocrinologia che per le malattie del metabolismo e della diabetologia, e della professoressa Angela Litto, docente di Educazione fisica nel Liceo polispecialistico “Girolamo Albertini” di Nola. Una conversazione, rivelatasi più che proficua per gli elementi d’informazione e conoscenza presentati e sviluppatasi con l’attiva partecipazione del pubblico presente.
Masi, con il supporto della proiezione di filmati e diapositive, ha prospettato i profili della diabesità, focalizzando in specifico l’incidenza sia del sovrappeso che dell’obesità, costituendo non solo un problema estetico, ma anche e soprattutto un problema sociale, che richiede risposte risolutive negli ambiti dei sistemi sanitari pubblici e, più ancora, sul versante dei comportamenti dei cittadini sul piano della prevenzione. E va evidenziato che il sovrappeso e l’obesità sono fattori determinanti nell’innescare l’ipertensione, le malattie cardiovascolari, il diabete mellito, l’aumento del colesterolo “negativo” e dei trigliceridi, l’insufficienza respiratoria con le apnee notturne, le infiammazioni, l’artrosi e le patologie tumorali, specie del fegato e del pancreas.
Uno scenario, di cui è necessario prendere atto, sottolineava Masi, nella consapevolezza del ruolo della prevenzione. Di qui scaturisce l’importanza della qualità dell’alimentazione, sorretta dalla specifica educazione, le cui agenzie basilari sono la famiglia e la scuola, in correlazione con i programmi di pubblica valenza, in capo ai Servizi sanitari nazionali. Cuore dell’educazione alimentare, è certamente la dieta, in grado di rispondere ai requisiti dell’equilibrio e del bilanciamento dei cibi sani. La dieta mediterranea, tipica delle regioni meridionali, segnatamente del contesto cilentano, ma anche di molte aree della Grecia risponde in pieno alla congruità d’azione preventiva del sovrappeso e dell’obesità. E’ un modello di comportamento alimentare di eccellenza assoluta, spiegava Masi, basata com’è sull’intera gamma degli alimenti di origine vegetale, pasta, pane, pesce, ortaggi, formaggi poco grassi, moderati consumi di alimenti animali, carni magre, come pollame e coniglio. Una dieta, quella mediterranea, la cui eccellenza nell’area cilentana in particolare, è stata avvalorata da studi mirati d’Istituzioni internazionali.
“Compagna” del sovrappeso e dell’obesità, non è soltanto la filiera delle patologie, di cui si è dato il prospetto, con incubazioni spesso prolungate nel tempo, ma è anche la sedentarietà, con cui retroagisce in rapporto di causa ed effetto. Come a dire che il contrasto della sedentarietà é complementare ed integra la funzione della dieta equilibrata e bilanciata, specie se mediterranea.
In questa prospettiva, sono le attività motorie a svolgere un ruolo determinante; ruolo, su cui si soffermava la professoressa Angela Litto. Le attività motorie di base, chiariva, un tempo erano spontanee e di “necessità”, corrispondendo agli stili di vita della generalità delle popolazioni, dall’età delle pre-adolescenza all’età adulta. Gli spazi pubblici e degli oratori, ad esempio, per giochi ed attività sportive di ragazzi e giovani erano molto frequentati. Un contesto, in cui i fenomeni del sovrappeso e dell’obesità erano sporadici e rari. Poi, il progresso tecnico e tecnologico, la motorizzazione di massa e via seguendo hanno trasformato stili e comportamenti, facendo scomparire le stesse attività motorie spontanee, che per un verso o per l‘altro tutti praticavano. Il punto, tuttavia, non è l’anti-storico e sterile rifiuto del progresso, ma è il recupero e la valorizzazione delle attività motorie per la loro rilevanza sociale a sostegno della qualità della vita. Un obiettivo, concludeva la professoressa Litto, che famiglie e scuola possono e devono realizzare, combinando per le nuove generazioni le esigenze dell’educazione alimentare corretta e le ragioni delle attività motorie.
I convegni sul rapporto Medicina e società nella sede de L’ Incontro, coordinati dal medico Stefano Masi, proseguiranno tra fine marzo ed aprile.