La notizia degli arresti di nove giovani del Baianese per spaccio di droga, pubblicata con grande risalto nei giorni scorsi, ha profondamente addolorato noi cittadini attivi e responsabili. Scoprire che il nostro territorio è interessato a fenomeni di devianza così marcati costituisce indicibile sofferenza per tutti, in particolare per noi genitori e nonni. Come sia stato possibile che sotto i nostri occhi si tenesse questo “mercato” di droga senza un minimo tentativo di argine è argomento di profonda riflessione. Il disagio giovanile è grave fenomeno largamente diffuso a tutti i livelli: ne siamo consapevoli. Trovare soluzioni efficaci è, probabilmente, superiore alle nostre forze. Ma un’osservazione va fatta: una volta nelle piccole comunità, come la nostra, il “controllo” sociale, fatto di attenzione, solidarietà e aiuto reciproco, era parte integrante della cultura di vita. Oggi tutto questo è scomparso. Mettersi all’ascolto dei giovani, aprire un dialogo (eliminare la trincea che separa le generazioni), comprenderne le difficoltà, coinvolgerli e responsabilizzarli, sono le risposte che la classe dirigente di una comunità deve saper offrire. E per classe dirigente intendo non soltanto gli amministratori, ma i partiti, la scuola con i docenti, i responsabili delle associazioni culturali e sportive, il Forum giovanile, la Pro Loco, i professionisti e in genere le persone sensibili e “illuminate”. Invece registriamo una indifferenza che lascia increduli. La domanda che ciascuno di noi si dovrebbe porre è la seguente: come si è arrivati a tutto questo? Che cosa avremmo potuto (e dovuto) fare e non abbiamo fatto? La notizia degli arresti, invece, è stata archiviata senza alcuna reazione. Non una voce, non un appello, non un dibattito: nulla. La notizia sembra scomparsa non soltanto dai media, ma anche dai cuori e dalle menti dei cittadini.
Il mio intento nel sottoscrivere questa nota non è quello di criticare, ma di lanciare un appello alle coscienze, un accorato invito costruttivo alla comunità intera: parliamone con schiettezza, senza ipocrisie, invitiamo tutti a condividere il peso di questo “macigno” sociale, a esprimersi e partecipare, apriamo un dibattito su che cosa fare per il futuro, pronti a comprendere, aiutare e sostenere questi giovani, ma senza nascondere la cruda realtà dei fatti.
Antonio Vecchione