“La fine dei Vinti”, Giovanni D’Avanzo da Gendarme a Brignate, è il testo pubblicato da Fiore Marro, si tratta di una enunciazione della cronaca di un episodio, tutto sommato, ormai dimenticato che riapre il dibattito sugli avvenimenti, sulle ragioni, sulle reali motivazioni di un periodo che, a secondo come si voglia leggere, è tragico o esaltante. Fin dall’inizio del testo possiamo trovare una ben marcata contrapposizione tra i due aggettivi gendarme/brigante affibbiati al protagonista o co-protagonista Giovanni D’Avanzo. Il protagonista e anche io-narrante, l’avvocato giornalista Paolino Amato, si trova inizialmente nelle carceri poiché prese parte alle agitazioni borboniche. Fu lì che dopo quattro giorni di carcere e di violenza dai gendarmi, ritrovò il suo amico D’avanzo, il quale lo fece scarcerare e lo mandò a Roma per allontanarlo da ciò che stava accadendo nel nostro Sud. Quando Paolino Amato scopre che il suo amico Giovanni era stato implicato nel processo dei fratelli La Gala, decise di andare a Roma, quasi sentendosi in debito di riconoscenza con lui.
Nel libro vengono analizzate tutte le testimonianze dei vari testimoni, gli imputati vengono addirittura accusati di cannibalismo e sottolineo che alcuni fatti sono stati presi dagli atti processuali del tempo. L’autore Fiore Marro vuole sottolineare in modo molto sottile il legame tra la perdita della propria identità culturale di appartenenza con un ritorno alle barbarie.