Alla presentazione dell’importante presidio, il vescovo di Nola, Beniamino Depalma , ha dettato riflessioni sulla centralità della famiglia, primario presidio sociale, educativo e religioso per la civile convivenza e sulle ragioni del cambiamento culturale che susciti e alimenti la rete della solidarietà, con cui si promuovono e si intensificano le relazioni umane, abbattendo steccati e divisioni. Il significato dell’iniziativa nelle parole di don Arcangelo Iovino, direttore della Caritas diocesana. La funzione del Welfare generativo -promotore di relazioni- nell’analisi di Raffaele Cerciello , presidente della Fondazione Sicar.
E’ una concreta realtà, Il Centro di ascolto della famiglia al servizio delle comunità del territorio dell’ Unione intercomunale del Baianese e dell’Alto Clanis . Ed è operativo nel Palazzo municipale in alcuni ambienti del dismesso Distretto sanitario dell’Asl Avellino, localizzato da qualche anno nella struttura di via Nicola Litto ; ambienti, messi a disposizione dalla civica amministrazione, guidata dal sindaco Enrico Montanaro, e interessati da un adeguato intervento di restyling , che li ha resi confortevoli e ben accoglienti, recuperandone, per di più, funzione e animazione.
E’ un servizio di volontariato civico, che si colloca nell’ambito delle attività della Caritas della Diocesi di Nola, per un progetto di ampio respiro, i cui tasselli gradualmente si sono venuti componendo e connettendo nel corso di oltre anno di incontri e approfondimenti, per calibrare in modo congruo il valore e le finalità da conferire al Centro, facendolo “nascere” su basi solide e certe per l’impegno da profondere. Un percorso compiuto con il coinvolgimento diretto e spontaneo di vari nuclei familiari, alla luce delle loro esperienze di vita sia interpersonali che nel vissuto della realtà locale, in ragione di una scelta comune e condivisa, determinata dal “basso”, per dir così, anziché essere calata dall’ ”alto ”; un tracciato di metodo, correlato con la delicatezza e della complessità degli obiettivi del progetto mirato sulla capacità d’iniziativa a sostegno delle famiglie, specie se attraversate da problematiche e difficoltà che sono proprie del nostro tempo, ma soprattutto sulla promozione delle relazioni interpersonali e interfamiliari, in virtù delle quali il senso della comunità si alimenta e si eleva.
E proprio le modalità, con cui il Centro è stato immaginato e realizzato, sono state il nucleo delle riflessioni, dettate da don Arcangelo Iovino, direttore della Caritas diocesana; modalità che costituiscono il buon viatico per la sua operatività. Una prospettiva, quella disegnata da don Arcangelo Iovino, su cui erano innestati gli interventi di Giuseppe e Rosa Iazzetta nell’illustrare i percorsi della Pastorale familiare nel contesto delle realtà sociali del territorio diocesano, e di Gioacchino e Ines Miro nel focalizzare i principi ideali e l’essenza della famiglia solidale, mentre Salvatore e Pina Masucci, referenti del progetto nella realtà cittadina, ne evidenziavano le specifiche finalità, che si collocano nelle risposte da dare alle dinamiche di trasformazione della società e che investono la famiglia. E sulla gamma delle risposte istituzionali e degli specifici servizi per il contrasto al disagio socio-familiare, si soffermava la dott.ssa Maria Tarantino, responsabile del Piano sociale di zona A-6, a cui afferiscono- nell’ambito delle politiche assistenziali della Regione-Campania- le tredici municipalità dell’ Unione dei Comuni dell’Alto Clanis e dell’ Unione dell’Antico Clanis; un cammino alla cui funzione di servizio e utilità sociale, concorre il progetto del neo-costituito Centro.
La tematica del Welfare generativo, a cui si rapporta l’iniziativa che ha appena preso l’abbrivio, era sviluppata da Raffaele Cerciello, presidente della Fondazione Sicar e vice-direttore della Caritas diocesana. Un modello d’azione, per il quale “ partendo dagli ultimi ” nella scala economica e di relazioni nella società, è possibile costruire quella rete di solidarietà, che rigenera e rinnova la società stessa, rendendola a dimensione umana; rete nella quale le famiglie si aiutano a vicenda, rifuggendo da interessati particolarismi, moltiplicando, invece, le rispettive positività d’interazione. Un moltiplicatore che s’innesca se c’è la rete di solidarietà, fatta di ascolto, comprensione e aiuto vicendevole; un moltiplicatore che non richiede investimenti di natura economica, bensì di natura umana, diretta e consapevole.
Ai valori del bello e del buono, con cui si connota la famiglia, “primario soggetto sociale, educativo, formativo e religioso”, si richiamava il vescovo Beniamino Depalma – a suggello della presentazione del progetto della Caritas– evidenziandone e marcandone la centralità civile ed etica rispetto alle emergenze da cui è attraversata la società contemporanea; ” emergenze che sono di ordine culturale”, inteso quale scenario dell’agire e dei comportamenti, con cui si caratterizzano in larga misura gli uomini della contemporaneità; scenario di confusione e di diffusi egoismi, in cui le diseguaglianze crescono a velocità esponenziale. Una realtà, che può essere arginata e ribaltata da un profondo processo di mutamento nella cultura dell’agire degli uomini; processo che di necessità è incardinato nella solidarietà e soprattutto in quello spirito di comunità, che un tempo era proprio delle realtà sociali dei territori e che si viveva nelle “ corti ” dei caseggiati, in cui le famiglie condividevano anche il parco cibo. “ Uno spirito da ritrovare e rendere attuale secondo i tempi che viviamo, spiegava il presule. Ed in questo quadro le famiglie solidali sono in grado di accompagnare le famiglie in momentanea difficoltà, recuperando in pieno il significato e il valore di vita nella comunità. E’ il tracciato, al quale fa riferimento la Chiesa locale, concepita e vissuta come entità parrocchiale- concludeva Depalma– , che si “fa antenna di sensibilità” nel raccogliere e interpretare le istanze della comunità, per promuoverne l’identità e la normalità del civile convivere”.