Il 21 febbraio a Baiano si terrà la prima riunione post-maio per discutere appunto dell’edizione 2015. Una lodevole iniziativa per fare il punto sull’ultima edizione della festa, caratterizzata quest’anno dal rigido controllo delle autorità. Come redazione abbiamo pensato di sentire l’opinione di Antonio Vecchione, storico fondatore e presidente dell’Associazione Maio di S. Stefano per lunghi anni, autore di numerosi libri di storia locale, fra i quali una pubblicazione sul Maio.
Una delle positive novità dell’ultima festa è stata certamente la presentazione della festa su Rai tre. Il programma è stato molto apprezzato, salvo qualche voce critica che si è levata, in particolare per evidenziare qualche aspetto apparso poco realistico. Qual è la tua opinione in merito? Il mio giudizio è altamente positivo. Il servizio, ben girato, con un buon ritmo, vivace e scorrevole, è stato eccellente sotto tutti gli aspetti. Il dott. Rino Genovese, che ha condotto la trasmissione, è stato bravissimo nel saper governare la tracimante anima popolare e ha saputo tirar fuori tutto quello che c’è di buono a Baiano, a partire ovviamente dalla festa del Maio, le cui immagini sono state straordinariamente belle, con interventi spontanei e genuini che hanno rappresentato l’incommensurabile valore della nostra festa. Anche le altre tipiche manifestazioni, come il carnevale, la sagra della nocciola, sono state messe in rilevo, con particolare attenzione alle ricette originali della nostra cucina. Il merito maggiore è, a mio avviso, non soltanto quello di aver evidenziato i nostri straordinari valori culturali e folcloristici, ma di aver aperto squarci di luce sulle enormi potenzialità di Baiano. A noi la capacità di saperle cogliere e concretizzare per il futuro.
La festa del Maio 2015 è stata caratterizzata dalla rigida applicazione della legge sul divieto di sparare e dal severo controllo dei carabinieri. Non tutti hanno apprezzato queste decisioni e molti lamentano una perdita di valore della festa. Personalmente ritengo sia stata una splendida giornata, gioiosamente vissuta dai baianesi in un’atmosfera serena, entusiastica, solare. La percezione della coralità della festa è emersa in tutta la sua pienezza. Trenta anni di tenace impegno e di appassionato lavoro di gruppo hanno dato un’impronta ormai definita al cerimoniale, che “funziona” automaticamente, con la straordinaria integrazione di generazioni e sensibilità diverse. Con questa base solida di persone generose e appassionate, con la partecipazione compatta, convinta e “devota” (sentimento da non trascurare) del popolo baianese, è garantita la continuità e il futuro.
Quindi nessun rimpianto o nostalgia per le calde e “fragorose” atmosfere del pomeriggio di Natale e del “fucarone”, caratterizzate dalle cosiddette “guerre” di spari? Lo sparo di fuochi illegali nel pomeriggio di Natale aveva toccato livelli di pericolosità insostenibili, causando molti danni, a persone e cose. L’intervento delle autorità è stato opportuno e doveroso nel rispetto della legge. Qualcuno si azzarda a dire: “Non è più il nostro fucarone”, ma è una sciocchezza, determinata dal falso concetto che la festa coincida con gli spari. Il divieto di sparare il pomeriggio di Natale non ha assolutamente svilito il “fucarone”, anzi, ha contribuito a rilanciarlo, in linea con il progetto di recupero di questa emozionante tradizione che va avanti dagli anni novanta. Il richiamo devozionale di questo semplice rito è di nuovo vivo. La comunità partecipa compatta e si ritrova sul sagrato della Chiesa per riscaldarsi al sacro fuoco di S. Stefano. Vale la pena spendere qualche parola per chiarire meglio questa affermazione. La festa del Maio, fino a tutti gli anni cinquanta, era vissuta in modo diverso. Il cerimoniale del mattino, che oggi vede un’estesa partecipazione, era caratterizzato dall’impegno di un gruppo ristretto di persone, che riversavano nella Festa non soltanto la loro fede, ma anche il loro “mestiere”. Boscaioli, contadini, carpentieri, muratori, musicanti, carrettieri (trainieri) ne erano i protagonisti: gente comune, con ruoli ben definiti. Ma la festa vera del popolo di Baiano era per il “fucarone”. Il paese si animava, l’atmosfera diventava straordinaria e la partecipazione era un atto di fede. Ed ecco la frenetica e gioiosa attività di caricarsi sulle spalle una fascina, un pezzo di legno, una sedia vecchia, per portarla al Santo, come segno di rispetto e di devozione. Il parroco don Stefano Boccieri gioiva di questa particolare devozione per il “fucarone” e teneva a dimostrarlo con la sua presenza. Il pomeriggio di Natale scendeva in strada insieme al popolo in festa per raccogliere “sarcinelle”. Con grande umiltà, salutava, ringraziava, stringeva mani, faceva gli auguri di buon Natale: la gente comune si sentiva onorata della sua presenza e si univa al gruppo per formare un vero e proprio corteo, una processione, che, banda in testa, girava il paese, per tutto il pomeriggio fino al primo imbrunire, muovendosi tra i vari quartieri per il pieno di “sarcinelle”. Se questa atmosfera straordinaria, figlia di quei tempi, è venuta meno per i mutati costumi di vita, possiamo dire di averne riconquistato almeno lo spirito. Ed è una legittima soddisfazione della comunità. Gli spari, dunque, incidono ben poco sul suo valore.
Le mancate autorizzazioni a sparare le “carabine” hanno disorientato e amareggiato molti appassionati. Qualcuno ritiene che si poteva essere più larghi nelle concessioni. Qual è il tuo pensiero? Alcune persone hanno sofferto per questa forzata rinuncia a sparare per la Festa. Ne siamo consapevoli e rammaricati. Ma anche in questo caso è opportuno andare oltre il “piacere” personale e inquadrare i fatti nel suo contesto storico. Gli spari ad avancarica costituiscono uno degli aspetti folcloristici e si integrano perfettamente nel rito. I nostri antenati ebbero una idea semplice, come il loro modo d’essere: pensarono di partecipare alla festa sparando a salve con i loro fucili ad avancarica (all’epoca molto diffusi), creando in modo schietto ed economico un clima festoso e spettacolare. Si esibivano numerosi, con fantasia e abilità, nella curva della Nazionale, in attesa del Maio, senza strafare, con spari limitati di numero e di potenza, con un principio fondamentale: le loro esibizioni per il piacere popolare e al servizio della Festa (e non la Festa al servizio di chi spara). Poi, dal dopoguerra in poi, il numero dei partecipanti diminuì di anno in anno, per le rinunce che si susseguivano, sia per limiti di età che per il cedimento degli storici fucili. Alla fine degli anni settanta si fece concreto il rischio di perdere questa affascinante tradizione e se ancora oggi possiamo goderne, lo si deve ad alcune felici intuizioni di qualche decennio fa. Nel 1981, nella Biblioteca comunale, riunimmo gli ultimi protagonisti attivi, una diecina, per festeggiarli e incoraggiarli. Fu una bellissima cerimonia, emozionante, con pergamena e medaglia celebrativa consegnata a ciascuno di questi appassionati, che ne furono orgogliosi. La premiazione fu efficace per riportare al centro dell’attenzione la necessità di reperire altre armi ad avancarica per rinforzare il numero dei partecipanti. Fu trovata una importante fabbrica disposta a produrli. Una ventina di persone prenotarono i fucili che furono consegnati a dicembre del 1982. Da quel Natale si invertì la tendenza: lo spettacolo, da quell’anno, è rifiorito per la gioia dei baianesi. Ma l’anno fondamentale è il 1987. Fu un brutto momento. Il questore di Avellino, deciso a vietare ogni tipo di sparo in pubblico, si convinse del grande valore della festa del Maio, che da clandestina, fu ufficialmente riconosciuta. Tutte le armi, detenute senza autorizzazione, furono dichiarate e registrate (una cinquantina, in due tempi). Per la prima volta, l’Associazione Maio chiese e ottenne le autorizzazioni a sparare in pubblico, ovviamente nel rispetto di condizioni dettate dalla legge. Il successo fu straordinario e l’entusiasmo alle stelle. Poi, è storia recente, il fascino dello sparo ha conquistato i giovani e il numero dei partecipanti è salito oltre ogni limite. Gli spari si sono moltiplicati, per numero e per potenza di fuoco e le regole di sicurezza scarsamente osservate. Oggi tutti possiedono un’arma di grossa potenza e l’antico e originale costume di spari, limitato nel numero e nella potenza, si è trasformato in un incessante, ininterrotta sequenza di “botti”, lontano dal folclore di un tempo. L’intervento preventivo dei carabinieri per calmierare, a norma di legge, deve essere accettato come una doverosa necessità. Io penso che sia l’occasione, dopo tutti gli sforzi fatti per mantenere in vita questa tradizione, per ripensare a modalità di spettacolo in linea con il significato profondo del rito: onorare Santo Stefano attraverso la partecipazione allo spettacolo di spari, simbolo non di “maschia” potenza, ma di devozione e di festa.
Negli ultimi tempi si percepisce una grande voglia di “esserci”, di distinguersi, di impegnarsi, ciascuno con le proprie idee, talvolta con tracimante vigore. In conclusione, quali potrebbero essere le prospettive future di questa festa? La nostra festa costituisce un prezioso patrimonio di valori e di storia, testimonianza della ormai scomparsa civiltà contadina, di antichi costumi di vita, di rapporti e organizzazione sociale ormai consegnati alla memoria. Sono pochissime le comunità che possono vantare una tale “ricchezza”, un così profondo retaggio culturale; averla saputo conservare, di generazione in generazione, è un grandissimo merito di noi baianesi e ne siamo orgogliosi. Ma possiamo accontentarci di questo sentimento di “fierezza” e continuare ad auto – celebrarci per quanto siamo stati bravi? Io direi di no. Abbiamo il dovere di volare più in alto. Ed ecco l’idea – progetto. Mettiamo in campo questa nostra originale festa per proiettarci in una dimensione più ampia, in grado di offrire prospettive nuove, crescita sociale e, perché no, economica, anche nella considerazione che Baiano (come tutto il sud) non ha molto da offrire ai suoi giovani. I tempi sono maturi. Proviamo ad approfondire e ragionare. Le semplici considerazioni iniziali fanno comprendere l’enorme importanza di questo annuale “ritorno alle origini”. In questo mondo globalizzato, nel quale tutto è appiattito, in cui la diversità è annullata ed il senso delle “radici” inesistente, queste manifestazioni caratterizzate da una commovente ed entusiasta partecipazione popolare, da una celebrazione di antichi costumi di vita contadini e boscaioli, da pregevoli valori folcloristici e antropologici, sono garanzia di successo. La schiettezza e l’autenticità della Festa del Maio la rendono unica, diversa dai tanti eventi, artefatti e finti, “imposti” dai media. Abbiamo, in sintesi, un valore enorme da spendere sul piano della promozione della nostra comunità, non soltanto culturale, ma anche economica. Per far questo, occorre un progetto lungimirante e ambizioso, che vada oltre i nostri angusti confini: sfruttare la forza attrattiva dei valori autentici che è in grado di esprimere per far diventare Baiano un polo turistico per tutto il mese di dicembre. L’obiettivo è trasformare il “Natale a Baiano” in un evento conosciuto, apprezzato e inserito, come meta da visitare, nei programmi turistici. La festa che io immagino ha inizio il 13 dicembre (o addirittura dall’Immacolata), con l’allestimento di una Fiera in piazza (per fortuna abbiamo gli spazi adatti), con mercatini natalizi: deve essere una Festa Vera e i nostri ospiti devono ritrovarsi immersi in una magica atmosfera di luci, colori, musica, profumi, sapori. La Fiera non sarà soltanto “Natalizia” e “commerciale”, ma anche accompagnata da una “Rassegna Etnica”, con una serie di eventi che animeranno i giorni, in particolare i fine settimana. Gli eventi saranno collegati alle nostre tradizioni, ma allargati ad esperienze e culture diverse. Eccone alcuni esempi:
– sfilate ed esibizioni di spari a salve delle nostre associazioni avancarica, con possibilità di invitare per un spettacolare raduno nazionale le numerose associazioni italiane, organizzate con divise storiche e armi ad avancarica;
– corteo e rassegna di antichi carretti, a cominciare dal nostro simbolico “traino”, e/o di altri mezzi sempre a trazione animale o a mano;
– manifestazione legate alla cultura della raccolta di legno nel bosco e nei campi: sfilate di “sarcinielli”;
– visita ad Arciano ai luoghi del maio, con passeggiate guidate da esperti, intrattenimento e pranzo nel casone di arciano; festival teatralizzato di “Fiabe per bambini” all’interno del bosco;
– spettacoli musicali bandistici, nel solco della nostra storia legata alla musica in Chiesa e in piazza;
– concerti per coro (abbiamo la fortuna di godere dell’opera di una brava e appassionata musicista, Gina Conte) con le nostre canzoni ed altro, con eventuale rassegna di canti legati a feste popolari e musica etnica in genere;
– mostre d’arte, tipo “Schegge di Maio”, con altre manifestazioni sempre sul tema dell’albero, con proiezioni visive provenienti da tutto il mondo;
– manifestazioni teatrali, concorsi di poesia e racconti sempre sugli stessi temi.
Oltre agli eventi culturali, ci sarà la presentazione di prodotti del nostro territorio: pane (dovremo “brevettare”, con l’aiuto dei panificatori, vari tipi di pane “speciale”, da legare all’immagine antica della comunità, da promuovere e vendere); dolci e menù alle nocciole e alle noci; prodotti agricoli particolari, tipo alcune varietà di fagioli (una volta eravamo famosi per questo); formaggi avellani; salami mugnanesi e baianesi (Schettino); cesti artigianali ed altri eventuali prodotti fatti a mano. Infine, allargando al territorio, giri turistici ad Avella e religiosi a Mugnano. Ovviamente si può continuare, in funzione dei contributi di idee che ciascuno potrà dare. Un aiuto prezioso ci può venire dalle scuole, con inviti ad altre istituzioni scolastiche per visite e scambi di esperienze (ad esempio con le comunità interessate ai riti arborei). Con la Carta del Maio approvata dall’amministrazione comunale è stata posta una solida base per procedere in questa direzione: è stato un felice iniziativa, ma non sufficiente. Costituire una Fondazione ben strutturata e con una solida base economica è il passo successivo per gestire e promuovere la festa. Indugiare senza assumere coraggiose decisioni, significa fare un passo indietro. Io sono fiducioso. Per realizzare un progetto del genere, è necessaria la collaborazione della comunità intera. Ogni contributo, piccolo o grande che sia, risulterà prezioso. Il riconoscimento UNESCO come Rito Arboreo di interesse Universale è poi il “sogno” proibito, di non facile realizzazione, poiché necessita di studi, conoscenze, esperienze specifiche, non semplici da trovare: ma questo è un altro discorso.