Il mese di Dicembre è alle porte e Baiano sente la tradizione del Maio in modo molto profondo dentro sè. Lasciamo l’aspetto organizzativo dell’evento Maio al direttivo con la certezza che ormai non si verifichino più episodi così tristi simili a quelli del Natale 2013 e diamo voce ad una nostra lettrice Angela Colucci, la quale in serata ci ha onorati delle sue parole esprimendo ciò che la tradizione del Maio provoca in sè e nei suoi compaesani.
“Sono giorni e giorni che ci penso ed è così parlare, scrivere del Majo di Santo Stefano è il modo più immediato, più vero per parlare di me, del cittadino Baianese! La festa ti pullula dentro, si manifesta, così, all’improvviso, senza preavviso…è un pensiero a cui la parte inconscia di noi va spesso! Si manifesta con estrema facilità e narra di un luogo del Sud, di un’entroterra che non può definirsi nè napoletano, nè irpino, ma ha un’identità propria. Identità che duramente protegge, restando allo stesso tempo ricettivo a quegli impulsi che il mondo intorno gli invia. Il Majo è quell’incontro con il trascorrere del tempo, è un momento atteso, desiderato, talvolta temuto: è il bilancio di un anno, di un lavoro ed è il momento di nuovi propositi… È il momento culminane di un’ex cultura contadina, che oggi si ritrova a vivere nei nuovi canoni moderni. Poi arriva quel momento…quel nostro guardare quell’albero, e quel santo! quei nostri sguardi speranzosi, felici, compiaciuti di essere lì, di prendere parte a quel prodigio. È il nostro modo, forse, di farci sentire, di urlare alla vita, alla natura, alla nostra fede: noi siamo qui. Perché proprio come quel grande albero che, anche se minacciato dalle “ malattie”, sottoposto alle intemperie, aggredito dalla furia della natura o dell’uomo, non muore mai. Anzi miracolosamente e con certosina pazienza continua ad alimentarsi attraverso le proprie radici; si rigenera così da rinascere per conservare il proprio spirito vitale e generare germogli cui affidare questa eredità inestimabile…questo è il Majo di Santo Stefano! In un modo o nell’altro ci sentiamo tutti coinvolti: è come una rappresentazione teatrale in cui ognuno interpreta se stesso. L’”incantesimo” che attendiamo, il ripetersi del brusio che si rincorre nel paese, sotto ‘e pipparelle, nei bar, nei luoghi istituzionali, nelle case…ovunque se ne parla, anche a volte peccando di sufficienza e superbia, ma se ne parla perché, in fondo, il Maio, è lì, tra le righe della nostra vita, nella parte più profonda di ogni baianese e con prepotenza viene fuori….è naturale.
È mirabile osservare che proprio quando il ciclo naturale delle stagioni impone il riposo e gli uomini riprendono ritmi più “ordinati” e “abitudinari”, ecco che Baiano ha quell’estremo impulso di vitalità, quell’estremo segno di Primavera: è come se rifiorisse la gioia di rivivere tutto e spunta quel profondo orgoglio di attaccamento alla propria Terra. Il Maio di Santo Stefano è la storia del mio Popolo, della mia Terra…e tutti, anche involontariamente, abbiamo un ricordo, un’emozione, legato a quel Majo, al Majo di quell’anno… Ora è l’attesa di indossare gli scarponcinie foular, di stringere quelle funi, di intonare “Da luntano so’ turnato…”e di unirmi alla mia gente per diventare un tutt’uno!
Non è solo la cultura accademica dei testi, delle ricostruzioni storiche, delle ricerche antropologiche, il Majo è sentire! È appartenere a ciò che ci rimane dell’essere comunità in questo tempo troppo veloce, troppo superficiale che poca importanza dà ai gesti puri! Il majo ci invita a fermarci, è un punto…è la nostra radice, è la nostra fede!”